Via la Forestale, l’Europa non ce lo chiede

Far fuori il Corpo Forestale dello Stato, che alla fine della fiera sarebbe l’unico risultato certo dell’ ‘accorpamento’ del CFS ad altra Polizia proposto dal Governo Renzi, vorrebbe dire rinunciare al controllo professionale e a costo zero dei ventitré Parchi Nazionali, e alla gestione di centotrenta aree protette; e indebolirebbe fortemente la lotta agli incendi boschivi, all’inquinamento, al traffico illecito di rifiuti, all’abusivismo edilizio, all’agromafia e all’agropirateria. Significherebbe rinunciare all’unico presidio dello Stato sul territorio in molte aree impervie del Paese. Anziché costituire un risparmio, si tradurrebbe in un costo per il ricollocamento degli 8.000 uomini del CFS in un altro Corpo. E non costituirebbe nemmeno un’attuazione di quello che, come sempre si invoca impropriamente in casi come questo, ‘ci chiede l’Europa’.

Comprensibile quindi tanto il coro di no alla soppressione, del quale Futuro Europa ha già dato notizia, quanto la valanga di emendamenti bipartisan destinati all’Aula del Senato, dove il ddl del Governo è in discussione: firmati da Ap, M5S, Fi, Ln, Gal, Sel, gruppo Misto e Pd. Mentre, visti i fronti aperti, e se accorpamenti si vogliono fare, non si capisce perché non si sia pensato di irrobustire il presidio dello Stato su ambiente e territorio creando, come proposto da più parti, un Corpo Nazionale di Tutela Ambientale: formato dal Corpo Forestale dello Stato insieme a quelli regionali di Sicilia, Sardegna, Friuli e Val d’Aosta e quelli delle province di Trento e Bolzano, oltreché alle Polizie Provinciali.

L’accorpamento della Forestale, inviso al Paese, è diventato da subito buono giusto per un tweet: sui social, dove l’informazione non è sempre affidabile sono fiorite le bufale, come quella dei ’10.400 Forestali in Calabria’. Ma non sono 8.000 in tutta Italia? Facile: chi l’ha scritto deve aver messo nel conto gli ‘operai forestali’, stagionali, che Forestali non sono. E contandoli in chissà quale stagione. O l’improprio confronto numerico col Canada, dove il problema sulle foreste è monitorare la fauna, e non contrastare metro per metro l’epidemia di piromani e inquinatori che c’è da noi. Per non parlare della bufala ‘Gnomi e Fate’, una ‘indagine’ della Forestale che in realtà non esiste, come non esiste un ‘fascicolo’ ma solo una ‘cartella’ dove una serie di segnalazioni, data l’esistenza di folli e le follie varie anche ai danni dell’ambiente, è stata doverosamente raccolta. Insomma, è dove l’informazione non è reale che un fronte anti-Forestale ha tentato, proprio nei giorni di lavori in Senato, di farsi spazio. Peraltro rimbeccato dai cinguettii di chi la Forestale la apprezza e la vuole. Il punto è che bisogna fare riferimento con numeri e dati certi al Paese reale, alle sue risorse particolari e straordinarie da tutelare, ai rischi che queste corrono e alle irriuniciabili competenze di tutela su di esse del Corpo Forestale, per comprendere come l’ ‘accorpamento’ appaia come una operazione impraticabile, e ragionare se proporlo o no. Insomma, un semplice ragionamento di geografia, fisica, politica ed economica. L’Italia, a differenza di quasi tutti i Paesi europei, possiede un ambiente naturale ricchissimo: abbiamo più specie, faunistiche e vegetali, di qualsiasi altro Paese del Vecchio Continente. Per i ricercatori europei e non solo, siamo la ‘banca della biodiversità’, ovvero un autentico e irriproducibile tesoro non solo per la vita ma anche per l’industria, da quella agroalimentare a quella chimica e farmaceutica. Ma questo tesoro è distribuito su un territorio complesso e accidentato, che solo per questo richiede tanto una polizia che lo tuteli in via esclusiva quanto la sua presenza puntuale ovunque: quello che fino ad oggi la Forestale è riuscita a garantire con 8.000 uomini in organico, in pratica solo uno per ciascuno degli 8.047 Comuni del Paese. Si può far fuori la Forestale?

E’ una grande ricchezza del ‘saper fare’ italiano, quella che per prima nasce e si esprime sul territorio, il settore agroalimentare. L’Italia, su questo settore ci sta puntando con decisione crescente almeno dal 2000, e tutti i ministri dell’Agricoltura succedutisi negli ultimi quindici anni si sono spesi con grande impegno, nel Paese, in Europa e nel mondo, per far crescere questo settore che è la punta di diamante del Made in Italy: l’unico che sta reagendo alla crisi con numeri ‘veri’ in termini di fatturato e posti di lavoro. Ma quella sulla tutela dell’agroalimentare italiano è una vera e propria guerra, contro interessi internazionali giganteschi e mafie di tutti i generi: una guerra che l’Italia più di ogni altro Paese al mondo è costretta a combattere, sia per la ricchezza di prodotti di qualità che per l’alta incidenza criminale rispetto a quasi tutti i Paesi del mondo; una guerra nella quale il Corpo Forestale dello Stato è specializzato e impegnato con successo e costituisce oggi una certezza sulla quale Ministri e Governi hanno potuto contare da sempre. Si può farla fuori, la Forestale?

Gli incendi: una piaga italiana. Che nasce da interessi, ma anche da tradizioni obsolete, follie individuali ed errori umani. La questione non è solo spegnerli, gli incendi: la questione è anche prevenirli, controllando aree e comportamenti e se necessario indagando, con la dedizione esclusiva che questo comporta. Cosa che fa la Forestale. Si può farla fuori?

Abusivismo edilizio, cave abusive, inquinamento, traffico rifiuti: facile, facilissimo occultare comportamenti illeciti come questi tra le pieghe di un territorio complesso come quello italiano. Necessario, necessarissimo controllarlo, il territorio, metro per metro. E indagare. Come fa la Forestale; ed ha fatto, con successo, nella Terra dei Fuochi… farla fuori è la risposta che vogliamo dare, come Paese, anche a questo grande risultato della Forestale?

Ultima nota, ma non meno dolorosa: se a gestirli non fosse più la Forestale, a chi sarebbero affidati Parchi e aree protette? E, di grazia, con quale spesa a fronte del costo zero della gestione della Forestale?

Ma questo ‘accorpamento’, poi, cosa dovrebbe essere? Stando alle risposte dei Ministri in audizione, in pratica non si sa. Quindi rischia di essere nient’altro che un trasferimento di uomini e mezzi ad un altro Corpo di Polizia, peraltro facilmente immaginabile data la carenza di organico proprio della Polizia di Stato. Un cambio di casacche, insomma: casacche che costerebbero, però, 12 – 13 milioni di euro. Più adeguamento della colorazione dei mezzi e della flotta aerea, più corsi di formazione: uguale 25 milioni di spesa. Ma questo sarebbe il costo minore: quello maggiore si esprimerebbe in termini di confusione di competenze. Esempio: in un Comune come ce ne sono tantissimi, dove oggi esiste un presidio dei Carabinieri ed uno della Forestale, i primi oggi si occupano di ordine pubblico ed i secondi si dedicano esclusivamente al territorio e all’ambiente. Se la Forestale venisse accorpata alla Polizia, le sue competenze in quei Comuni sarebbero invece sull’ordine pubblico, in sovrapposizione ai Carabinieri e lasciando invece scoperto il fronte ambientale. Con effetti prevedibili: tra una rapina ed un incendio, lo stesso Comando su cosa sarebbe portato ad intervenire con priorità? Non rischieremmo di avere un proliferare di coincidenze tra rapine ed incendi? E vogliamo far fuori la Forestale?

Se ‘accorpare’ la Forestale ad altro Corpo di Polizia, come prevede l’articolo 7 del ddl 1577, non produrrebbe risparmi ma costi per il Paese, che cosa spiegherebbe, allora, questa iniziativa? Il mero ridurre le Forze di Polizia da cinque a quattro, un taglia-e-incolla per dare un contentino all’Europa e buono per un tweet, ma poco spendibile in termini di credibilità. E dunque alla fin fine sarebbe proprio come tagliare, tanto per farlo, un dito su cinque: e con gli stessi effetti sulla efficienza della mano che protegge l’Italia, il suo paesaggio e la sua gente.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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