Venezuela, otto milioni di firme contro Obama

La televisione del regime chavista, Telesur, ben vedibile nel nostro paese, non si è concessa nemmeno una pausa pasquale nel mostrare i successi di Maduro nella sua campagna contro il decreto di Obama. Lunedì 10 marzo il Presidente degli Stati Uniti ha firmato un decreto che dichiarava il Venezuela un pericolo per la sicurezza nazionale. Inoltre, a sette alti funzionari dei servizi segreti e della polizia venezuelana veniva vietata la concessione del visto USA, venivano sequestrati i beni e vietato a tutti i cittadini nordamericani di fare affari con loro. Il decreto era in qualche modo una risposta ai repubblicani che da tempo lo accusavano di non fare nulla contro il Venezuela, sempre più autoritario e al centro di molti traffici illeciti.

Vi sono stati non pochi osservatori che hanno affermato che, contro la sua volontà, Obama ha dato una boccata di ossigeno al morente Maduro. Infatti il presidente del Venezuela non si è lasciato scappare l’occasione per lanciare una vasta campagna nazionale e mondiale per chiedere che “Obama cambi il decreto subito!”. Mentre il paese soffre una crisi economica senza precedenti, gli oppositori Lopez e Ledezma continuano ad essere detenuti nelle carceri militari, i cittadini venezuelani sono costretti a fare file di ore, essendo anche obbligati a dare le proprie impronte digitali, per comprare beni primari. Migliaia di attivisti del PSVUV e funzionari del governo di ogni tipo sono impegnati a raccogliere firme sul documento che chiede: “Obama cambi il decreto subito!”. Manifestazioni, incontri, attivisti nelle strade, una atmosfera che a molti ricorda le “democrazie popolari socialiste” del passato, raccolgono le firme, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere i 10 milioni, a Pasqua erano già otto milioni.

Ma Maduro non si è limitato ad una gigantesca campagna di mobilitazione, ha anche impartito un ordine di esercitazioni civili e militari per due settimane. Così in due settimane si sono tenute 256 “esercitazioni militari difensive”, come le chiama il Ministro della Difesa, con la partecipazione di 80.000 soldati e 20.000 membri delle milizie bolivariane. Infatti l’obiettivo del decreto Obama, secondo Maduro, è addirittura di preparare una invasione terrestre, visto che l’opposizione interna non è capace di farlo cadere. Naturalmente le varie organizzazioni sudamericane, CELAC, UNAS, ALBA, insieme al movimento dei paesi non allineati e ai 77+ Cina, hanno tuonato all’unisono contro l’attacco degli USA alla sovranità venezuelana. Maduro non ha mancato l’occasione per farsi concedere dal Parlamento “eccezionali poteri anti imperialisti”. Ambienti vicini a Maduro parlano già di “silenciare” Twitter, una delle ultime voci libere, in un paese dove la libertà di opinione trova spazi sempre più ristretti. Maduro ha ben presente il suo basso indice di gradimento e ha l’incubo delle prossime elezioni parlamentari.

Se il Sudamerica quasi tace sulle violazioni dei diritti civili, da altre parti del mondo ci si muove. L’ex Presidente del Consiglio spagnolo, Felipe Gonzales, ha detto di voler partecipare alla difesa di Lopez e Ledezma, a lui si è aggiunto l’ex presidente del Brasile, Cardoso. Il governo minaccia di non farli entrare nel paese perché “non hanno il permesso di lavoro”. I bassi indici di gradimento animano l’opposizione. Torrealba, segretario del MUD, il tavolo unitario delle opposizioni, dichiara: “abbiamo la migliore opportunità in 16 anni per produrre il cambiamento”. Purtroppo in un documentato articolo dal titolo preoccupante, “In Venezuela votano troppi morti”, il giornalista Oppenheimer solleva fondati dubbi sulla regolarità delle elezioni venezuelane.

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