Balcani: giustizia e sicurezza, le nuove sfide UE

Secondo un report dell’US Foreign Affairs Magazine datato 2012 il Montenegro è classificato come uno “stato mafioso”. Vuol dire che altissimi funzionari governativi in realtà, da arbitri, diventano giocatori in campo e, a volte, addirittura “leader di imprese criminali”.

Gli uomini dello Stato, sostiene la rivista, stanno sfruttando la loro influenza politica e le connessioni globali delle organizzazioni criminali per espandere il proprio potere. La Commissione europea ha sottolineato, nella sua relazione ad hoc dell’ottobre 2014, che in Montenegro la corruzione e lo Stato di diritto sono due nodi irrisolti, e al momento sono un masso capace di far deragliare i negoziati per l’adesione del Montenegro all’UE, così come osservato anche dal commissario europeo per l’allargamento Stephan Fule.

Ma se da un lato è vero che la crisi economica globale è stata una manna per i crimini transnazionali, dall’altro la stessa Europa dovrebbe fare di più alla voce giustizia e sicurezza. Il caso dell’azienda cipriota Ceac è lì a dimostrarlo: nel 2005 la società di alluminio con sede a Cipro ha acquisito una partecipazione di controllo nella fonderia di alluminio Kap, la più grande realtà industriale in Montenegro. Centinaia di milioni di euro, per dare corpo a un piano per trasformare Kap in un importante fornitore di alluminio destinato alle aree dell’Europa centrale e orientale. Ma l’interferenza del governo ha di fatto spogliato la Ceac della sua proprietà del Kap (senza alcun compenso) che è stata ceduta ad una società locale vicina al premier Djukanovic (un passato di contrabbando di sigarette con indagini dell procure di Napoli e Bari) per soli 28 milioni di euro.

Ceac ha citato in giudizio lo Stato del Montenegro per 600 mln di euro, così come fatto dall’olandese Mnss, che dopo aver acquisito una partecipazione di controllo nell’impianto metallurgico montenegrino Zhelezara ha subìto la stessa sorte. Ad oggi il totale dei crediti vantati da investitori stranieri contro lo Stato montenegrino ammontano a circa un miliardo, quasi un terzo del Pil del paese.

Ora il comitato degli affari esteri del Parlamento europeo (AFET) ha adottato una risoluzione sul caso che chiede esplicitamente al governo del Montenegro di “risolvere le dispute commerciali con gli investitori stranieri che sono fondamentali per l’economia del Montenegro”. Esprime la sua grave preoccupazione per “il ritardo nella risoluzione della procedura di fallimento del più grande produttore industriale del Montenegro, l’impianto d’alluminio KAP”, e richiede una soluzione sostenibile alla disputa “basata sulla trasparenza e lo stato di diritto”. In particolare il Comitato “si rammarica che il Montenegro abbia ignorato l’ingiunzione del tribunale cipriota per quanto riguarda la vendita di Kap e invita il Montenegro a riconoscere pienamente le decisioni pertinenti delle autorità giudiziarie degli Stati membri dell’Unione europea”.

Inoltre il procuratore del governo degli Stati Uniti ha invitato il Montenegro ad esaminare i documenti che testimonierebbero il possibile coinvolgimento delle sorelle del premier  Djukanovic in tangenti durante il processo di privatizzazione della società di telecomunicazioni locale.

Ma, nonostante la seppur tardiva reazione europea, il governo di Djukanovic ignora direttive e risoluzioni. Il macro dato fa ancora una volta riferimento alle deboli economie, che favoriscono  organizzazioni criminali ricche di liquidità in grado di acquisire le aziende finanziariamente in difficoltà, ma a prezzi stracciati. E l’austerità fiscale sta costringendo i governi in tutto il mondo a tagliare i bilanci delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario. Milioni di persone sono state licenziate e sono quindi più facilmente tentate di infrangere la legge, conclude amaramente l’US Foreign Affairs Magazine in quel report. E il caso balcanico è lì a dimostrarlo.

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