Qais Al-Khonji: l’Oman ad una svolta nell’economia

Mascate – Tra i paesi più pesatamente colpiti dal calo dei prezzi del greggio c’è sicuramente l’Oman dove l’economia del Paese ha subito gravi ripercussioni e sta tentando di ripartire attraverso nuove misure economiche. Per ovviare alla dipendenza dalle esportazioni di oro nero, il governo omanita ha, infatti, avviato un processo di diversificazione dell’economia con l’ambizioso target di ridurne il peso a un 9% del PIL entro il 2020. Per capire meglio quali passi siano già stati fatti per raggiungere tale obiettivo, abbiamo intervistato Qais Al-Khonji, CEO di Genesis Projects & Investments LLC e membro YAL (Young Arab Leaders del World Economic Forum).

Che tipo d’impatto ha avuto la “crisi del petrolio” sul suo Paese? 

Il crollo dei prezzi del petrolio ha indubbiamente influenzato l’economia di qualsiasi paese che ne è interamente dipendente. L’Oman è certamente uno dei Paesi del Golfo maggiormente colpiti. Ad ogni modo, finche il prezzo resterà sopra i 50 dollari al barile, il governo potrà comunque permettersi di effettuare investimenti in altri settori e in nuove infrastrutture. Nel 2016 è prevista l’apertura del nuovo aeroporto, ed è già stato avviato il progetto per la costruzione di una rete ferroviaria che colleghi Buraimi e Sohar, quest’ultima vedrà anche l’espansione del proprio porto che diventerà il principale nel Paese. Inoltre, progetti per la creazione di nuovi distretti industriali come quello di Duqum sono già a buon punto.

Dunque si potrebbe dire che il percorso di diversificazione dell’economia intrapreso dal governo stia funzionando?

Assolutamente sì, nonostante stia ancora procedendo un po’ più a rilento del previsto. Il governo è, di fatto, il principale shareholder in diversi grandi progetti e sta rinvestendo i ricavi provenienti dal settore energetico in altri settori dell’economia.  Negli ultimi anni ha cambiato la propria strategia d’investimento, diversificando molto di più rispetto al passato, sicuramente un passo importante per la crescita e la stabilità del Paese.

Nonostante i recenti sforzi del governo, l’Oman è ancora in ritardo nell’attrarre investimenti esteri rispetto ai propri vicini di casa, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, da cosa è dovuto?

Non siamo più così indietro, ma in parte è vero, direi che è dovuto principalmente ad aspetti culturali e a una visione strategica diversa rispetto agli altri player della regione. Il governo preferisce aprirsi ai mercati gradualmente, seguendo la logica che accelerare eccessivamente significherebbe esporsi troppo ai rischi della crisi globale.  Detto ciò, il Paese è sul radar delle principali multinazionali, grazie anche a una politica più accomandante sulle restrizioni alla proprietà estera.

Indubbiamente una delle maggiori sfide che deve affrontare l’intera regione è quella di sfruttare al meglio l’enorme potenziale umano a propria disposizione. Come si sta muovendo il governo per formare le nuove “leve”?

È vero, il governo si è, infatti, mosso per favorire lo sviluppo delle competenze necessarie per operare nei settori strategici dell’economia, in particolare favorendo l’accesso ai corsi d’ingegneria, scienze fisiche e naturali. Gli sforzi sono diretti a creare un sistema innovativo e un’economia della conoscenza, indispensabili per competere non solo a livello regionale.

Una delle maggiori critiche dirette al Medio Oriente è rivolta al ruolo marginale delle donne, come si posiziona sulla questione l’Oman?     

Nei Paesi del Golfo il grado d’istruzione universitaria delle donne raggiunge il 60%, e in Oman abbiamo donne ministro e altre che già occupano o si affacciano a posti chiave nel settore privato, credo che tale tendenza crescerà ulteriormente in futuro.

©Futuro Europa®

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