Andiamo a quel paese (Film, 2014)

Ficarra & Picone sono noti grazie alla televisione (Zelig, Striscia la notizia…), ma non sono soltanto comici televisivi, perché portano i loro sketch anche in teatro e hanno già interpretato cinque film. Niente a che vedere con Checco Zalone e Paolo Ruffini, per intenderci, ché Ficarra & Picone fanno cinema vero, ispirato alla lezione della commedia all’italiana.

Andiamo a quel paese prende di mira il problema dei quarantenni precari che per andare avanti devono contare sulle pensioni dei parenti anziani. Ficarra & Picone sono due amici per la pelle (Salvo e Valentino) con le caratteristiche di sempre: il primo è l’elemento trainante della coppia, persino eccessivo, il secondo più remissivo, un soggetto succube, che subisce in silenzio.  Decide tutto Salvo, sia il piano di trasferirsi da Palermo al paese di Valentino (l’inesistente Monteforte) che le conseguenze legate allo sfruttamento degli anziani e il successivo matrimonio tra l’amico e la vecchia zia. Tra i temi interessanti affrontati in chiave comica non dimentichiamo il problema del celibato dei preti, leitmotiv della parte finale della storia e chiave di volta per la conclusione imprevedibile. Uno sguardo speciale viene riservato alla corruzione e al malgoverno dei politici, ma anche a una povera provincia sicula troppo lontana dal pulsare della vita.

Il cinema di Ficarra & Picone non è inquadrabile in un genere ben definito, come sempre è stato per le pellicole che vedono protagonisti comici di forte personalità. In questo caso sono persino registi (per la quarta volta), quindi costruiscono una storia che sfrutta al massimo le loro potenzialità.

Commedia grottesca, che racconta con realismo le difficoltà del quotidiano quando parla dalla crisi e dalla difficoltà di trovare lavoro per un giovane. Farsa surreale quando la soluzione al problema sembrerebbe il matrimonio tra Valentino e una vecchia zia, per assicurarsi la pensione. Ficarra & Picone non dispongono di una sceneggiatura esaltante, perché il ritmo è fiacco e le sequenze prevedibili, ma in compenso sono molto bravi e dotati di grandi tempi comici. Il punto di forza del film sono i dialoghi strampalati, i finti litigi che ricordano i loro esordi a Zelig, con il tormentone: “Sto parlando con te?”. Con il passare del tempo il duo siculo ricorda sempre più la comicità genuina di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, con ruoli diversi e meno stereotipi, aggiornando le situazioni comiche al passare dei tempi.

Fotografia siciliana intensa e dalle tonalità ocra, per un film ambientato tra Palermo, Rosolini, Paternò, Gela e Siracusa. Movimenti di macchina – purtroppo – molto televisivi e degni di una fiction senza pretese. Musica suggestiva, soprattutto le canzoni tradizionali siciliane e napoletane e il brano di Alberto Sordi (Te c’hanno mai mandato a quel paese…) che scorre sui titoli di coda. Si ride, in fondo è quel che conta, e dopo aver visto Paolo Ruffini con Ficarra & Picone sembra di gustare il cinema di Scola. Ma se ci fermiamo un attimo a pensare ci rendiamo conto di non aver visto una commedia, ma una farsa in salsa sicula che mette alla berlina corruzione, difficoltà lavorative per i giovani e persino una provincia pettegola. Per il momento, visto il difficile momento del cinema comico italiano, non resta che accontentarsi.

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Regia: Salvatore Ficarra, Valentino Picone. Soggetto e Sceneggiatura: Ficarra & Picone, Fabrizio Testini, Edoardo De Angelis, Devor De Pascalis. Montaggio: Claudio Di Mauro. Fotografia: Roberto Forza. Scenografie: Paola Bizzarri. Fonico: Mario Iaquone. Musiche: Carlo Crivelli. Canzoni: Cocciu d’amuri, Dicitencello vuje, Te c’hanno mai mannato a quel paese… (Sordi – Mattone, canta Sordi). Produttore: Attilio De Razza. Produzione: Tramp Limited, Colorado Film, Mediaset Premium. Distribuzione: Medusa. Interpreti: Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Tiziana Lodato Lily Trinnanzi, Fatima Trotta, Ludovico Caldarera, Mariano Rigillo, Francesco Paolantoni, Nino Frassica, Maria Vittoria Martorelli.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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