Le nuove Tigri Asiatiche

In principio ci furono Taiwan, Corea del Sud, Singapore e Hong Kong. Negli anni 90′ le loro economie correvano così tanto da conquistarsi l’appellativo di “tigri asiatiche”. Nonostante questi ultimi anni di grave crisi,questi paesi hanno saputo mettere a segno tassi di crescita inarrivabili per le economie sviluppate, conquistandosi di diritto un posto nell’affollato recinto della competizione internazionale. A questi si sono aggiunti anche il Vietnam, Bangladesh, Malesia, Filippine e Thailandia, mercati fino a poco tempo fa considerati arretrati, ma capaci nel breve periodo di far volare i consumi interni e presentarsi all’estero con un modello di sviluppo vincente.

Nonostante la zavorra della crisi economica internazionale e la difficoltà a costruire un modello di sviluppo sostenibile intorno a società povere e un mercato del lavoro ancora arretrato, le nuove “tigri asiatiche” hanno intrapreso il loro cammino per entrare nel ristretto club delle economie più sviluppate al mondo. Lo hanno fatto attirando investimenti, riducendo le tasse sulla produzione, aprendo le porte alla finanza. I risultati non si sono fatti aspettare. Vi è una presenza sempre più massiccia degli istituti di credito internazionali su questi mercati, conferma di quanto sia aumentato negli ultimi anni il loro grado di attrattività. Il colosso svizzero Credit Suisse ha definito il Vietnam “da mercato di frontiera ad economia in pieno boom”.

Aggressivi sul piano della concorrenza a livello mondiale, capaci di competere con i giganti dell’economia, i Paesi del Sud-est asiatico spesso sono stati indicati come il maggior pericolo commerciale dal quale difendersi nel prossimo futuro. Hanno il merito di aver fatto accendere il faro del dibattito internazionale sull’Asia. La Cina, ad esempio, in pochi anni è diventata la fabbrica del mondo facendo leva su un intreccio inedito tra socialismo di stato ed economia di mercato.

Ci si attende che le due economie asiatiche più forti, Cina e Giappone continuino a mostrare segni di ulteriore espansione nell’immediato futuro. La Cina è già ora la seconda economia mondiale e con un incremento della propria crescita stimato intorno oppure maggiore dell’8 per cento sia nel 2014 sia nel 2015, continuerà ad essere il mercato a maggior crescita e di riferimento per tutta l’area dell’Asia-Pacifico. Allo stesso tempo, l’impatto della cosiddetta “Abenomics” (la strategia economica del Governo Abe) ha incentivato l’economia giapponese alla crescita, il che si prevede continuerà ad accadere nel breve termine con una crescita del PIL intorno all’1.8 per cento per il 2014, contribuendo anche in questo caso, allo sviluppo economico di tutta l’area. In Malesia l’economia ha raggiunto un livello di “finanziarizzazione” pari solo ad alcuni Paesi come gli Stati Uniti o l’Inghilterra.

Infine vi è il Singapore: con un Pil pro-capite di 56,694$, Singapore si colloca in terza posizione. Nota per essere il centro nevralgico di attività finanziarie in oriente e per essere un paradiso fiscale, l’isola è una meta per i super-ricchi di tutto il mondo: qui c’è la più alta concentrazione di milionari proprietari di case e il numero più alto di supercar pro-capite (studio di Boston Consulting).

Il protagonismo economico delle economie asiatiche è   confermato anche dagli headhunter, i cacciatori di teste, cui viene richiesto il reclutamento dei manager. “Sono ormai tantissime le multinazionali straniere che hanno aperto stabilimenti in queste aree – commenta Cristina Spagna, managing director del Headhunting Kilpatrick – mercati di recente sviluppo, ma dotati di una manodopera competente. Alla base di queste scelte c’è stato sicuramente un calcolo economico, per disporre di una manodopera a basso costo, ma anche ragioni di opportunismo industriale, visto che questi Paesi stanno crescendo a ritmi elevati”.

Sul medio-lungo periodo, si stima che la regione Asia-Pacifico continuerà ad essere un’area a sviluppo economico più veloce che nel resto del Mondo, mentre, come è emerso dal recente incontro di Pechino tra i 21 paesi dell’APEC (Asia Pacific Economic Cohoperation) sullo sfondo la Cina appare impegnata in una strategia di lungo periodo, volta alla realizzazione di una gigantesca area di libero scambio tra le due sponde del Pacifico.

©Futuro Europa®

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