Stefano Loparco, Jacopetti “desnudo”

Stefano Loparco ha scritto una biografia che si legge come un romanzo su Gualtiero Jacopetti (Gualtiero Jacopetti. Graffi sul mondo, Edizioni Il Foglio), uno dei personaggi più controvertersi del cinema e del giornalismo italiano. Ne abbiamo parlato con l’autore, Stefano Loparco.

Cosa ti ha spinto a scrivere un libro su un autore così controverso come Gualtiero Jacopetti?

Con una boutade potrei dire perché non l’aveva fatto ancora nessuno. Ma c’è dell’altro. Jacopetti rappresenta, nel bene o nel male, un pezzo importante della cultura del paese e di un secolo, il Novecento, che ha attraversato quasi per intero. Giornalista, regista, tombeur de femmes, giramondo: qualsiasi cosa abbia fatto, Jacopetti ha fatto parlare di sé. Avviato al giornalismo da Indro Montanelli, a trentacinque anni è direttore di Cronache (una nuova iniziativa editoriale di stampo liberale nella cui redazione si formeranno alcune delle penne più brillanti del giornalismo italiano, da Carlo Gregoretti a Sergio Piovene, da Furio Monicelli ad Antonio Gambino). A poco più di quarant’anni – dopo una fortunata esperienza in qualità di autore di cinegiornali – è il regista di pellicole dal successo mondiale quali Mondo cane (1962) e Africa addio (1966). Avversato dalla critica cinematografica dell’epoca ma amato da grandi vecchi del mestiere quali Luigi Barzini Jr, Angelo Rizzoli, Vittorio De Sica. Con gli anni Sessanta – come ha scritto Barbara Palombelli – Via veneto è ai suoi piedi. Sempre circondato da belle donne, alla morte – avvenuta nell’estate del 2011 – ha scelto di riposare accanto alla sua preferita:  Belinda Lee, bella e sfortunata attrice inglese che proprio accanto al regista aveva perso la vita nel 1961 in un tragico incidente automobilistico.  Insomma, comunque la si veda, Gualtiero Jacopetti è stato un personaggio straordinario.  

Ma del tutto dimenticato, mi pare.

Vero. Su di lui esiste e persiste una vera e propria damnatio memoriae che il mio libro prova, almeno in parte, a rimuovere.  Alla sua morte (avvenuta nel 2011 a novantuno anni) sono stati in pochi a ricordarlo, tranne in alcuni ambienti vicini alla destra, area nella quale ha sempre gravitato Jacopetti. Non gli si è perdonato alcuni eccessi della sua cinematografia e l’incursione politica di pellicole come Africa addio, considerata al tempo reazionaria e vetero-fascista. Ancora oggi in certi ambienti della critica, il nome di Jacopetti fa storcere il naso e la sua filmografia viene trattata con disprezzo. Senza ricordare, però, che a produrre quel cinema acchiappa-incassi è la Cineriz di Angelo Rizzoli – che negli stessi anni finanziava i capolavori di Fellini e Antonioni – e, sempre con quel cinema, si è imposto al mondo il nome di Riz Ortolani, assieme a Nino Oliviero, compositore della colonna sonora di Mondo cane. Fuori dall’Italia, però, è un’altra musica. Jacopetti, assieme a Prosperi e Cavara, è considerato un maestro, l’iniziatore del genere cinematografico mondo-movie, colui che ha impresso nell’immaginario cinematografico internazionale la parola italiana MONDO. Lo hanno tributato gli U2, il cantante americano Mike Patton, l’attore Samuel Jackson, solo per citarne alcuni.

Forse non gli si è perdonata neppure una vita non propriamente specchiata.

Può essere. A causa della sua vita avventurosa e della sua indole ribelle, Jacopetti è sempre stato al centro delle cronache mondane e giudiziarie, come quando, nel ’54 è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale su una ragazza minorenne o come quando, nel ’60, è stato arrestato a Hong Kong per un reato analogo. Va detto: Jacopetti non è una figura semplice da studiare, né tantomeno da spiegare. Per questo ho deciso di raccontare la sua vita attraverso documenti inediti, la stampa dell’epoca ma soprattutto il racconto di chi meglio lo ha conosciuto. E sono: Franco Prosperi, Giampaolo Lomi, Riz Ortolani, Katyna Ranieri, Carlo Gregoretti, Pietro Cavara, Nino Oliviero e Umberto Jacopetti, un lontano parente del regista. Il mio Jacopetti è, inevitabilmente, legato ai loro racconti.

Con Graffi sul mondo, hai raccontato al grande pubblico le avventure e disavventure di un giornalista e cineasta del nostro tempo.  Ma chi è stato, per te, Gualtiero Jacopetti?

Un borghese, un conservatore moralista e antimoderno. Un provocatore. Un nichilista, un uomo coraggioso, un uomo furbo. Un peccatore. Un uomo controcorrente, sempre dall’altra parte della massa. Ma soprattutto, un uomo libero.   

Il libro uscirà in questi giorni nelle librerie. Hai già in programma delle presentazioni in giro per l’Italia?

A giugno il libro sarà presentato al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, inoltre sono stato recentemente contattato dal critico cinematografico Tatti Sanguineti per alcuni importanti progetti; ma è ancora presto per parlarne. Per ora rimango con i piedi per terra e continuo a fare promozione al mio libro.

©Futuro Europa®

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