DAT, il Testamento biologico

La legge 219 del 2017, ha introdotto nel nostro linguaggio un nuovo acronimo: DAT, ossia Disposizioni Anticipate di Trattamento, quello che, più comunemente è definito testamento biologico. Una legge fortemente voluta da più parti e spinta da numerose associazioni a seguito anche di casi eclatanti quale quello di Piergiorgio Welby e Eluana Englaro e, ultimo in ordine di tempo, quello di DJ Fabo che ha portato ad un processo nei confronti di Marco Cappato.

La disciplina finalmente introdotta sull’argomento si basa espressamente sul rispetto degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, cioè i diritti fondamentali dell’uomo, in particolare, quello alla salute. nonché gli articoli 1,2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, vale a dire la dignità umana, il diritto alla vita e quello dell’integrità della persona. L’uomo, la vita e l’autodeterminazione emergono fondamentali da questa legge. Tuttavia, e non certo a caso, il primo articolo è dedicato al Consenso informato, e viene operato un chiaro richiamo al ruolo del medico di cui vengono fatte sempre salve l’autonomia professionale e la responsabilità.

È del resto logico e intuitivo che un individuo non possa esprimere il proprio consenso in una materia così sensibile e che riguarda la propria vita senza la dovuta conoscenza delle implicazioni che derivano dalla sua scelta. La norma sembrerebbe addirittura prolissa sul punto ma, in un contesto nel quale molti individui si ritengono sufficientemente informati dopo una ricerca spesso limitata a Google, appare decisamente opportuna la scelta del legislatore di essere preciso sul punto fino a prevedere il divieto per il paziente di non poter esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge e alle riconosciute pratiche clinico-assistenziali. Si pensi, ad esempio, a chi sostiene di poter guarire da qualsiasi malattia con terapie verbali, empatia o, addirittura dal cancro con clisteri di caffè.

Dopo aver poi disciplinato il consenso per i minori (che deve essere dato dagli esercenti la potestà genitoriale) e degli incapaci, tramite l’amministratore di sostegno, finalmente la L. 219/17 indica le modalità per la redazione delle Disposizioni anticipate di trattamento in maniera sufficientemente dettagliata. Non basta infatti scrivere su un normale pezzo di carta le proprie volontà, ma è necessario un atto pubblico, debitamente redatto da un notaio, o una scrittura privata autenticata.

Viene quindi previsto per chiunque voglia disporre sul proprio futuro in caso di gravi patologie invalidanti, incidenti che determinino condizioni da cui risultasse inverosimile un miglioramento o malattie degenerative, non solo la dimostrazione di una conoscenza delle possibilità della medicina di poterlo salvare, ma anche delle conseguenze dei trattamenti cui potrebbe essere sottoposto. Interessante passaggio della legge è quello in cui parla di aggiornamento dell’informazione del consenso. Premesso che le disposizioni del DAT possono sempre essere revocate o cambiate, viene posto a carico dei medici il preciso dovere di tenere costantemente aggiornati i loro pazienti in ordine a eventuali nuove scoperte scientifiche o terapie. Ciò assume particolare importanza nei casi, ad esempio, di Testimoni di Geova.

Inoltre per poter esprimere la propria volontà, la legge impone modalità abbastanza rigorose che poi dovranno essere portate a conoscenza degli organi competenti per l’eventuale applicazione, vale a dire in un apposito registro o presso le strutture sanitarie. Viene infine prevista la figura del fiduciario, cioè la possibilità di indicare una persona incaricata di far rispettare le volontà espresse nel testamento biologico.

Un’ultima notazione deve essere rivolta ai notai cui, non troppo indirettamente, viene posto a carico l’onere di accertare, oltre alla volontà del testatore, anche le sue capacità di intendere e volere, nonché se si possa essere in presenza di un consenso informato come richiesto dalla nuova legge.

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