Crisi siriana, primo round alla diplomazia

Dopo tre giorni di colloqui, il Segretario di Stato americano John Kerry e il suo omologo russo Sergei Lavrov hanno trovato a Ginevra un accordo sullo smantellamento dell’arsenale chimico siriano. Chi, tra Russia e Stati Uniti, ha dovuto fare più concessioni?

La Diplomazia vince sull’opzione militare. Ma in questo braccio di ferro trasformato in negoziato, la Russia sembra esserne uscita meglio del suo sfidante. La “proposta russa” di mettere sotto controllo le armi chimiche del Regime di Damasco è sembrata, ai più, cadere dall’alto, ma era stata in effetti discussa durante il summit del G20. In quella occasione le grandi potenze avevano aperto la strada al negoziato, opponendosi alla logica della minaccia militare a Damasco. Ma dopo due giorni di discussioni a Ginevra, Washington ha fatto sapere venerdì che gli Statti Uniti non avrebbero insistito su quel punto. Espressione della volontà di trovare un terreno d’intesa, o meglio, della innata riluttanza del Presidente Obama ad intervenire nel conflitto. Dalla fine di Agosto, Vladimir Putin si è fermamente opposto a qualsiasi offensiva punitiva contro Damasco. Con questo accordo, la Russia è riuscita a fermare gli attacchi aerei e a dimostrare, ancora una volta, il suo peso politico sulla scena internazionale. L’accordo firmato tra Kerry e Lavrov richiama veramente il Capitolo VII della Carta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che permette un intervento armato? In margine all’accordo firmato, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU deve adottare una Risoluzione per rafforzare il piano dell’OIAC (Organizzazione per il Divieto delle Armi Chimiche). Il ruolo del Consiglio di Sicurezza sarà innanzitutto quello di seguire da vicino l’applicazione del piano. Ed è unicamente in caso di non-applicazione che “il Consiglio di Sicurezza dovrà imporre le misure previste dal Capitolo VII della Carta dell’ONU” precisa l’Accordo. Per Kerry, il Capitolo VII è menzionato chiaramente, per Lavrov le minacce sono evocate al condizionale. Rimane da capire se la Russia sarà favorevole alle misure che il Consiglio di Sicurezza potrebbe voler prendere, nel caso in cui la Siria non rispettasse i suoi impegni. Niente di più aleatorio, considerando il veto sistematico di Mosca su questo dossier. Questo punto rimane avvolto da un alone di ambiguità.

All’entusiasmo iniziale per questo importante primo passo, comincia a sollevarsi una vena di scetticismo sulla “sincerità” di alcuni attori. Ban Ki Moon accusa Assad di crimini contro l’umanità: il rapporto degli ispettori delle Nazioni Unite pubblicato a breve sarà agghiacciante, anche se non rientra nel mandato degli ispettori determinare chi sia responsabile dell’attacco. Da parte loro i “ribelli” mettono in guardia la Comunità Internazionale sul bluff di Assad che, dicono, abbia spostato il suo arsenale in Irak e libia. Ma nessuno ha mai detto che questa strada fosse la più semplice, sicuramente l’Accordo raggiunto è molto ambizioso ed ha aperto la strada ad intense trattative diplomatiche che dovranno arrivare ad una Risoluzione che, come abbiamo visto, non escluderebbe il ricorso alla forza. Ma è importante la sua approvazione da parte del Ministro degli Affari Esteri cinese, Wang Yi, per il quale “attenuerà le tensioni sula Siria”. La Cina in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza, come la Russia, blocca da due anni con il suo veto, qualsiasi iniziativa sulla crisi siriana. L’Accordo fissa delle scadenze precise: Damasco ha una settimana per presentare una lista delle sue armi chimiche, e queste dovranno essere smantellate e distrutte da qui alla fine del primo semestre del 2014. A New York, le Nazioni Unite hanno formalmente accettato la richiesta di adesione della Siria alla Convenzione del 1993 che vieta le armi chimiche. Ma se in molti si sono “rallegrati” per questa adesione, nel contempo la messa in guardia su Damasco non si abbassa. Il Presidente americano Barack Obama, nel salutare “una tappa importante”, ha espresso il speranza che Assad sia “all’altezza delle sue promesse”. Precisando che “gli Stati Uniti rimangono pronti ad agire” in caso di fallimento della Diplomazia. Due influenti senatori americani, John McCain e Lindsey Graham, hanno già bollato l’Accordo di Ginevra come “disastroso”. In un comunicato comune, questi senatori repubblicani, che reclamano da lungo tempo attacchi massicci contro Damasco, pensano che l’accordo sulle armi chimiche “non fa niente per risolvere il vero problema della Siria”, la guerra civile e le sue gravi conseguenze regionali.

L’Iran che sostiene il Presidente Assad, ha dichiarato da parte sua che gli Stati Uniti dopo l’Accordo di Ginevra non avevano più “pretesti” per attaccare la Siria. I ribelli dell’Esercito Sirano Libero hanno respinto l’iniziativa russo-americana. Al di là della questione delle armi chimiche, gli Stati Uniti e la Russia sperano che il processo innescato porterà ad un accordo politico che avrà come obbiettivo mettere fine ad una guerra civile che ha causato la morte di più di 110mila persone in due anni e mezzo. Lavrov e Kerry hanno previsto di rivedersi a New York intorno al 28 Settembre, in margine all’Assemblea Generale annuale dell’ONU, per definire la data per una Conferenza di Pace sulla Siria. Anche il secondo round andrà alla Diplomazia? La strada intrapresa è quella giusta, fondamentale non smarrirla attratti da una delle mille insidie che la disseminano.

©Futuro Europa®

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