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Cronache dai Palazzi

La separazione delle carriere è al centro del dibattito. Sulla rivista dell’Associazione nazionale magistrati è stato pubblicato per l’appunto un documento risalente al 1994 contro la separazione delle carriere, un appello firmato da alcuni magistrati, tra cui vi era anche Carlo Nordio, sottoscritto da oltre 1.500 aderenti, nel quale documento erano messe in evidenza le motivazioni per cui la separazione delle carriere era considerata un pericolo per l’indipendenza della magistratura.

“Sulla separazione delle carriere Nordio dia retta a Nordio, questa legge distrugge legalità”, ironizzano i Cinquestelle riferendosi al nuovo ddl sulla Giustizia, mentre dall’interno della maggioranza FI rivendica la riforma che ora sarà esaminata dall’Aula di Montecitorio. “Non vogliamo chiudere le correnti, che possono essere anche una forma di confronto, ma vogliamo che finisca la stagione della politicizzazione delle correnti”, afferma Giovanni Donzelli per Fratelli d’Italia.

Con il Consiglio superiore della magistratura lo scontro è aperto dato che il Csm mette in evidenza “la gravità delle affermazioni” rese note dal ministro della Giustizia “per il loro potenziale impatto sulla fiducia dei cittadini nella funzione giudiziaria”. Il Csm “ritiene che esse siano idonee a condizionare il sereno e indipendente esercizio della giurisdizione e afferma, pertanto, la necessità, nell’ambito dei propri compiti costituzionali, di tutelare il prestigio dell’ordine giudiziario, rinnovando il richiamo al rispetto dei principi di autonomia, indipendenza e leale collaborazione tra i poteri dello Stato”.

La presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, si esprime duramente: “Assistiamo per la prima volta nella nostra storia repubblicana ad affermazioni altamente lesive della onorabilità, del prestigio e della credibilità che riguardano l’esercizio delle funzioni disciplinari del Csm preposto dalla Costituzione a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura”. Un “ennesimo strappo istituzionale” in quanto è “assolutamente incomprensibile che un ministro attacchi la sezione disciplinare del Csm, e attacchi una funzione cui egli stesso concorre”. Si tratta di un “inedito nella nostra storia repubblicana” per cui è apparso “doveroso” l’intervento del Csm.

“Era un maestro di scuola. Era stato in carcere accusato di finanziamento illegale alla Dc. Ne soffrì molto. E mesi dopo si suicidò. Fu quell’episodio che cominciò a farmi riflettere”, il Guardasigilli risponde con queste parole all’attacco dell’Associazione nazionale magistrati a proposito dell’incoerenza di aver firmato nel 1994 una lettera appello contro la separazione delle carriere rispetto all’attuale ddl costituzionale che rende concreta tale separazione. Carlo Nordio spiega quindi il suo garantismo, afferma che “molte cose” gli fecero cambiare idea, in un periodo in cui gli arresti erano “moltissimi”. “Ad un certo punto ti rendi conto che stavamo esagerando e che le nostre carcerazioni erano legittime, ma non erano sempre necessarie e anche opportune”, afferma il ministro Nordio riferendosi per l’appunto ai “moltissimi arresti” di quel periodo. In definitiva Nordio assicura di “non essere amareggiato”. “Me lo aspettavo: lo davo per scontato”, afferma. Alla fine ha comunque prevalso “il senso delle istituzioni che i togati molto spesso dimenticano”.

In sintesi, la riforma introduce la separazione delle carriere di magistrati requirenti e giudicanti, ognuno dei due corpi dovrebbe avere un proprio Csm. La riforma prevede inoltre un’Alta Corte disciplinare. Il ddl approvato martedì a Palazzo Madama con 106 voti favorevoli dovrà passare di nuovo attraverso i due rami del Parlamento. Per le leggi di modifica alla Costituzione le riletture previste sono quattro e qualora il testo venga approvato con meno dei due terzi dei voti, la riforma deve essere sottoposta a referendum confermativo.

Martedì a Montecitorio, in Commissione Affari costituzionali, si riaprirà la terza lettura del ddl di riforma. L’obiettivo è il voto finale in febbraio e il referendum eventualmente in primavera dato che dopo la seconda lettura il ddl Nordio non ha raggiunto il quorum dei due terzi previsto dall’iter di revisione costituzionale. Palazzo Chigi ha già iniziato il conto alla rovescia per la consultazione popolare.

“Difenderemo la Carta da questa riforma”, ammonisce Elly Schlein e aggiunge: “Questa non è una riforma della Giustizia, è il tentativo di delegittimare e assoggettare la magistratura al governo per indebolire la nostra democrazia”. Il referendum, considerati i diversi comitati e associazioni già in azione, potrebbe essere l’occasione per far prevalere il no.

La maggioranza non è, in ogni modo, disposta a cedere e anch’essa confida nella consultazione popolare. “Siamo tranquilli, il referendum è uno straordinario strumento di democrazia diretta”, afferma il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto. A proposito del caso Almastri, sul quale vige il segreto istruttorio di tutti gli atti, il ministro Nordio non esclude di riferire “più avanti” in primo luogo “per rispetto al Tribunale dei ministri, aspettiamo le sue decisioni e la pubblicazione degli atti dopodiché sarà nostro compito aprire un dibattito parlamentare, se sarà necessario”, puntualizza Nordio. A proposito del caso Almastri “dove io sono indagato e tenuto al segreto istruttorio di tutti gli atti”, sottolinea il ministro, “non capisco come possano essere a conoscenza gli organi di stampa e su questo dovremo fare un chiarimento”, ammonisce il Guardasigilli.

Nel frattempo, in Senato è arrivato il primo via libera all’unanimità per il reato di femminicidio: Palazzo Madama ha approvato il disegno di legge che istituisce il reato di femminicidio in Italia e lo punisce con l’ergastolo. Dopo aver ricomposto le divisioni con le opposizioni sono state messe a punto le modifiche. Tra le novità introdotte nel testo vi è l’addio al limite dei 45 giorni per le intercettazioni, il rafforzamento degli obblighi formativi per i magistrati, il braccialetto elettronico potenziato, maggiori tutele per i figli delle vittime. Il testo dovrà essere esaminato anche dalla Camera dei Deputati e, nel frattempo, sono diverse le voci bipartisan che chiedono di intervenire sulla prevenzione. Per la segretaria dem, Elly Schlein, il prossimo passo dovrà riguardare “l’educazione all’affettività e alle differenze da rendere obbligatoria nelle scuole” e nel contempo occorre dedicarsi alla “formazione specifica delle forze dell’ordine, autorità giudiziarie e pubbliche amministrazioni”. Per la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli (FI) “una legge da sola non basta a fermare la furia cieca di chi considera una donna una proprietà. Dobbiamo rafforzare i centri antiviolenza, le reti di ascolto e protezione ed educare i giovani, fin dalla scuola primaria, al rispetto”. Il disegno di legge che istituisce nel nostro Paese il reato di femminicidio punendolo con l’ergastolo attende ora il via libera da parte Montecitorio.

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