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L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER IL FIGLIO MAGGIORENNE CON PROBLEMI PSICHICI – Il caso in esame trae origine da un ricorso proposto da un padre finalizzato ad ottenere la cessazione dell’obbligo di corrispondere al figlio maggiorenne l’assegno di mantenimento. In I grado, l’assegno veniva ridotto ad Euro 800,00 mensili e l’uomo spiegava reclamo avanti alla Corte d’Appello competente.

La Corte respingeva il reclamo, poiché il figlio, maggiorenne ma inoccupato, era stato seguito dal 2016 per un “disturbo schizoaffettivo, che aveva determinato anche crisi pantoclastiche, aggressività fisica ed ideazione persecutoria, tanto da imporre il suo ricovero in regime di trattamento sanitario obbligatorio e da rendere poi opportuno un percorso presso una casa di cura, tenuto conto del concorrente e rilevante abuso di sostanze alcoliche”. Ciò posto, non poteva essere imputato a colpa del figlio il mancato inserimento nel mondo del lavoro, a causa della situazione clinica. La Corte, inoltre, rappresentava che il quantum dell’assegno fosse del tutto adeguato alle risorse economiche del padre e delle concrete ed attuali esigenze del figlio.

Il padre proponeva ricorso per Cassazione, lamentando che erroneamente la Corte d’Appello aveva equiparato la condizione di figlio maggiorenne non autosufficiente a quella di figlio portatore di handicap grave o, comunque, di persona totalmente inabile al lavoro: non era stato accertato, a suo dire, se la malattia impedisse effettivamente al figlio di reperire un’attività lavorativa che potesse garantirgli un minimo guadagno, anche alla luce della terapia farmacologica che compensava la malattia di cui era afflitto.

La Suprema Corte riteneva il ricorso inammissibile: secondo giurisprudenza costante, “in materia di mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l’esclusione del relativo diritto, oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda di esclusione, sono integrati: dall’età del figlio […], dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica […] e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro”. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva accertato con motivazione congrua che la condizione di mancanza di autosufficienza economica del figlio maggiorenne era dipesa da specifiche ragioni di salute, emergenti dalla documentazione medica, che avevano impedito al ragazzo di reperire una attività lavorativa in via “diretta ed in modo incolpevole”.

Orbene, atteso lo stato di salute del ragazzo, la mancanza di una occupazione lavorativa non può imputarsi ad una sua mancanza di volontà ed impegno, ma ad una condizione clinica che oggettivamente non lo permette al momento della decisione, situazione che può essere valutata in futuro in caso di cambiamenti.

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