Province, il nuovo assetto

Nel più assordante silenzio che una democrazia possa prevedere, nelle settimane scorse si sono svolte su tutto il territorio nazionale le Elezioni Provinciali. Come è ben noto la forma giuridica delle nuove province ha previsto che elettori ed eletti fossero solo ed esclusivamente amministratori locali, sindaci e consiglieri. Essendo il nuovo consiglio provinciale eletto con voto ponderato basato sulla grandezza di ogni singolo comune, poche e quasi nulle sono state le sorprese nei risultati. Di fatto, con questo sistema era chiaro fin da subito quale sarebbe stata la composizione.

Considerata la quantità di comuni guidate dal centrosinistra, il risultato è stato una totale spennellata di rosso in tutta Italia, al di là di pochissime eccezioni in cui il centrodestra è riuscito a prevalere. Non poche sono state le liste uniche (cdx/csx) o accordi filogovernativi (PD/NCD). Insomma la legge Del Rio ha di fatto consegnato nelle mani del PD la quasi totalità delle province italiane. Poco male a dir la verità. Ad oggi questi enti ancora non sanno accora di cosa dovranno occuparsi. La ripartizione delle competenze tra nuovo ente e regione è tutta da definire, così come la dotazione economica.

Insieme alle province sono nate (dopo ben 13 anni dalla loro apparizione in Costituzione) le Città metropolitane che, a differenza della provincia, prevede automaticamente come presidente il sindaco del capoluogo. Insomma un ginepraio politico istituzionale che ha buttato nel caos le amministrazioni locali, acceso dibattiti sulla moralità di un ente eletto non a suffragio universale, ma soprattutto spalanca enormi dubbi  sull’effettivo risparmio annunciato.

Di certo alla sinistra è riuscita la mirabolante magia di accaparrarsi la stragrande maggioranza degli enti (che contrariamente cinque anni fa videro un forte exploit del centrodestra) senza doversi misurare in una competizione elettorale che, nonostante gli ottimi sondaggi del PD, non avrebbero di certo garantito un simile cappotto.

Tralasciando l’aspetto politico che, come già detto, ha sicuramente falsato quello che la storia politica degli ultimi anni ha raccontato (la provincia di Varese, per esempio, è caduta nelle mani del centrosinistra dopo decenni di amministrazione di centrodestra), allarma Regioni e Comuni che cosa concretamente potranno fare i nuovi enti. Benché le principali funzioni finora assolte potrebbero rimanere, le Regioni, in virtù di tale decisioni, chiedono forti rassicurazioni sugli effettivi trasferimenti di risorse, fondamentali per garantire la continuità nei servizi erogati.

Sicuramente la Legge di stabilità che taglierà oltre quattro miliardi di euro alle Regioni, non va in questa direzione. Ora dopo la creazione dello Statuto provinciale aspettiamo di capire se le nuove Province saranno all’altezza delle responsabilità finora sopportate.

©Futuro Europa®

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