Geoeconomia vs Geopolitica

L’11 settembre 2001 ha cambiato di molto lo scenario internazionale, soprattutto nel rapporto tra geopolitica e geoeconomia. Prima di quell’avvenimento l’influenza economica nei rapporti di politica internazionale aveva sicuramente un peso diverso. Sostanzialmente la caduta dell’URSS ha consegnato un decennio di stallo nelle influenze geoeconomiche di USA e Russia.

Ora, l’analisi delle guerre che da quel momento si succedono tra Medioriente e  Nord Africa vedono contrapporsi le “oscure teorie” del mondo informativo complottista, ma gli eventi che nel tempo si sono succeduti ne fanno perdere decisamente ogni fondamento. A contrapporsi sono sempre Usa e Russia, con la capacità di poter esercitare la propria influenza in quelle aree considerate altamente instabili ma di forte interesse economico. Potremmo dire che in Afghanistan e Iraq, i principali interventi che hanno direttamente interessato gli Stati uniti, gli interventi siano stati mirati il primo a stabilizzare lo Stato per permettere la costruzione di oleodotti, e il secondo, uno dei principali produttori mondiali di petrolio, per la conquista dell’oro nero.

Considerato lo stato attuale della situazione politica dei paesi e le enormi difficoltà nel realizzare stabilità in questi paesi si capisce come mai la strategia americana abbia decisamente cambiato rotta.  Così gli USA hanno optato per sviluppi tecnologici nel campo dell’autonomia energetica. Le nuove tecniche di trivellazione porteranno lo stato Nordamericano a  non dover più dipendere da paesi terzi per il proprio approvvigionamento energetico, riducendo drasticamente la dipendenza della propria economia dalle oscillazioni dovute all’instabilità mediorientale. Osservando invece i dati sulla produzione industriale americana, negli anni dei conflitti risulta subire un’accelerazione non indifferente, forse spinta proprio dalla florida industria militare del paese.

Diversa è oggi la situazione che interessa le vicende tra Ucraina,Siria e Russia. A muovere l’azione di Putin è la necessità di mantenere avamposti nel mediterraneo per poter sostenere non solo la propria presenza militare, ma anche e soprattutto per esercitare la propria influenza economica. Ed è così che il porto di Taurus in Siria diventa di estremo valore per i russi che, dopo la caduta del regime di Gheddafi, si sono visti perdere il proprio porto libico.

Inoltre, l’indebolimento e l’assoggettamento di Kiev ha una valenza di non poco conto. Il gas che dalla Russia viaggia verso l’Europa meridionale passa proprio dall’Ucraina, che in passato ha spesso creato problemi per la fornitura di metano. Così la Crimea e l’egemonia sul Mar Nero, servirebbero per garantire la costruzione del condotto Southstream per ridurre l’ingerenza ucraina.

Insomma oggi sembra che la realizzazione di aree d’influenza abbiano un risvolto di carattere economico molto più rilevante di quanto finora abbia avuto, certo, la geopolitica svolge ancora un ruolo di grande importanza negli equilibri mondiali e le ultime azioni russe ( blocco dell’importazione dall’Europa) mostrano chiaramente che politica ed economia internazionale viaggino di pari passo.

Però la svolta oggi è evidente. Il neocolonialismo, così come ad alcuni piace definirlo, passa soprattutto dalla geoeconomia, capace di alterare fortemente gli equilibri economici che legano l’intero pianeta. A differenza di quello che è successo in passato, è probabile non assistere più ad invasioni militari, ma a vere e proprie guerre economiche.

©Futuro Europa®

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