Il ragazzo che vuole pulire gli Oceani

Olanda – Il diciannovenne Boyan Slat, tre anni fa si è messo in testa di sbarazzare il Pacifico dai suoi rifiuti. Uno studio di fattibilità, pubblicato da poco, gli ha dato ragione. Più di tre milioni è, in chilometri quadrati, la quantità allarmante di rifiuti che galleggia nel Nord del Pacifico, al largo delle coste americane. Gli scienziati parlano di un “settimo continente”, dove la plastica è sei volte più presente del plancton. La cosa  peggiore è che esistono altre quattro zone di questo genere. Vengono chiamate “gironi oceanici”, una sorta di vortici giganteschi che favoriscono l’ammasso della spazzatura. Se sono state organizzate già diverse spedizioni  per osservare e quantificare il fenomeno dalla sua scoperta nel 1997 da parte dell’oceanografo Charles Moore, nessuna soluzione efficace è stata ancora trovata. Nessuna? Forse non esattamente. Oggi, un centinaio di esperti si attivano intorno ad un progetto dalle ambizioni rivoluzionarie. Quello di Boyan Slat, un genio olandese di appena 19 anni. Tre anni fa ha lasciato i suoi studi di ingegneria aerospaziale per dedicarsi esclusivamente alla sua fondazione, “The Ocean Cleanup”. Obbiettivo: vuotare la grande “pattumiera del Pacifico” della metà dei suoi rifiuti (ossia 70000 tonnellate) in dieci anni.

La scintilla è scattata quando Boyan aveva 16 anni. “Ero in vacanza in Grecia per fare immersioni – racconta – e in acqua, mi sono disperato nel trovare più resti di plastica che pesci”. Ossessionato dalla sua triste scoperta, torna a casa con l’idea di “salvare gli oceani”. Un obbiettivo poco ambizioso… Al liceo, un progetto da attuare in scienze gli permette di esporre una prima volta la sua idea, inedita. “I metodi tradizionali utilizzano le reti, cha provocano danni alla vita sottomarina. La mia idea, è quella di sfruttare le correnti per catturare e raccogliere i rifiuti in seno ad una piattaforma alimentata ad energia solare. Mi piace la termine rivoluzione, perché qui vi si può trovare un doppio significato: oltre a non essere mai stato sperimentato, il sistema utilizza le correnti e la loro forza di rotazione.”Il dispositivo, composto da tubi e galleggianti collegati a pannelli profondi 3 metri, permetterebbe un estrazione 7900 volte più rapida e 33 volte meno cara dei metodi convenzionali. Almeno, questo è quanto affermano Boyan e la sua squadra, composta da un centinaio di esperti, scienziati e ricercatori. All’inizio da solo, il giovane si dedica esclusivamente al suo progetto e alla sua Fondazione nata nel 2012. “All’inizio ho avuto dei dubbi, così anche la mia famiglia, ammette. Tutto è andato molto lentamente, forse troppo per i miei gusti. Poi, un giorno, i media hanno cominciato ad interessarsi a me. Da allora ho ricevuto centinaia di e-mail al giorno e non ho avuto nessuna difficoltà a mettere in piedi una squadra per andare oltre la semplice riflessione.

”Inutile dire che da bambino Boyan preferiva Discovery Channel ai cartoni animati. Oggi, colui che vive ancora dai genitori dedica più di 90 ore a settimana allo sviluppo della sua idea. Uno studio di fattibilità di più di 500 pagine, pubblicato sul suo sito, è da poco servito a confermare i suoi sforzi. “E’ stato un grande sollievo, confessa. E’ una vera garanzia di credibilità”. Ma non è ancora riuscito a sciogliere molte riserve e dubbi nei suoi confronti. Qualche scienziato considera ancora il suo lavoro come troppo ambizioso, rischioso e incompleto. “Non posso risolvere tutti i problemi, risponde. Ma questa soluzione è valida dal punto di vista della salute, dell’economia e dell’ambiante. Quello di cui ci sarebbe bisogno prima di tutto, è impedire che la plastica finisca nell’oceano.”

Per vedere il congegno in funzione bisognerà aspettare ancora qualche anno. Almeno fino al 2020. Nell’attesa, Boyan Slat intensifica il suo impegno e prepara un dispositivo pilota, che dovrebbe essere installato tra tre, massimo quattro anni. In questa ottica è stata lanciata sul Web una campagna di raccolta fondi. Obbiettivo: raccogliere due milioni di dollari in cento giorni. Smisurato? Non poi così tanto. In venti giorni ha già raggiunto la metà del suo obbiettivo. “Sono molto fiducioso, afferma. Non dobbiamo dimostrare più niente. Grazie allo studio di fattibilità, il Mondo intero sa che questo progetto è realizzabile.” In bocca al lupo Boyan, non abbiamo che un Mondo, e siamo tutti molto poco sensibili al suo futuro.

©Futuro Europa®

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