Montanelli raccontato da chi non c’era

Proprio oggi ricorrono tredici anni dalla scomparsa di Indro Montanelli e lo scorso 15 luglio, in una gremita sala congressi dell’Università e-Campus di Roma, si è tenuto un omaggio al più grande e controverso giornalista della storia italiana. Solo il suo nome basta ad evocare ciò che lui ha rappresentato in Italia nel 900, un secolo ricco di eventi e contraddizioni, che lo ha visto protagonista della storia, quella da lui riportata senza fronzoli, che si stava delineando in Italia.

La presentazione del libro-omaggio del giornalista Paolo di Paolo, Tutte le speranze-Montanelli raccontato da chi non c’era edito da Rizzoli, giunge nel XIII anniversario della sua scomparsa. Un libro, come di Paolo stesso dice, che percorre a ritroso la vita di Montanelli per riportarla in modo fedele e senza pregiudizi, evitando con cura di dare valutazioni alle azioni di un uomo che ha portato avanti il suo lavoro di giornalista, sempre in opposizione, andando sempre contro tutti. Perché questo è quello che un bravo giornalista deve fare.

L’occasione è stata tale da permettere la presenza di altri giornalisti che hanno collaborato, o solo avuto occasionali incontri con Montanelli e che hanno voluto ricordarlo. La serata è stata inaugurata da Rita Neri, quale padrona di casa, e da Annamaria Barbato Ricci, responsabile della testata giornalistica L’Indro, che collabora nell’organizzazione degli eventi culturali dell’Università e-Campus di Roma.

A moderare gli interventi delle varie firme dei quotidiani italiani, durante la serata andata in onda su Radio Radicale, la giornalista del Giornale Annamaria Greco, il giornalista e direttore di Tm news Paolo Mazzanti, il direttore del quotidiano il Giorno Giancarlo Mazzucca, il giornalista e scrittore Marco Travaglio vicedirettore del Il Fatto Quotidiano, il giornalista Gabriele Paci, il giornalista e docente universitario Paolo Gambescia.

Ognuno di loro ha espresso un ricordo commosso e non privo di ammirazione per un giornalista che ha fatto scuola a tanti e che non si è mai piegato a nessuno se non al lettore, un uomo con le proprie idee e con le proprie ombre, che ha sempre difeso la libertà di espressione e di informazione senza le sfumature tipiche dei servi del potere. Una persona che è riuscita sempre a prevedere i tempi e a tirarsi fuori da ogni strumentalizzazione.

Rimane lo stupore di chi lo conosceva, per il numero elevato di giovani che si interessano a questa figura, forse perché si sente la mancanza di persone coerenti come lui. Coerenza, come sostiene Marco Travaglio, di esprimere una propria indipendenza interiore e che si applica alle circostanze sempre allo stesso modo. Restano i suoi articoli e i suoi consigli, come quello rivolto ai giovani: Combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincere. Quella che s’ingaggia ogni mattina davanti allo specchio.

Un uomo che ha lasciato un grande vuoto nel mondo del giornalismo e non solo, un vuoto più grande di quello che ha riempito come espresso da Paolo Mazzanti, ma che ha sempre cercato di evitare ogni forma di mitizzazione. La sua scomparsa arriva nel momento in cui la società stava prendendo un aspetto che lui temeva e che si riassume in questa sua frase: Come sempre avviene in simili crisi, quando una comunità perde il senso della propria missione e il controllo del proprio destino, gli egoismi d’individuo e di gruppo  si scatenano. Il vocabolario di Atene si arricchì di tre nuove parole: pleonexia, che significa smania del superfluo; crematistike, che vuol dire febbre dell’oro; neoplutoi, che corrisponde al nostro pescicani.

A marcare la personalità e le scelte di questo grande uomo, Paolo di Paolo ha volutamente scelto di far coincidere l’inizio del libro con un evento che lo ha molto colpito, la trasposizione giornalistica della morte di Carlo Giuliani durante le azioni dei no-global al G8, e la morte di Indro Montanelli il 22 luglio del 2001, testimonianza della fine di un’epoca, l’inizio del declino della società italiana.

Paolo di Paolo, a conclusione della serata, si augura che l’inevitabile e naturale scomparsa di maestri del novecento come Montanelli, che hanno conosciuto le speranze e i sogni dell’Italia, non sia una perdita ma uno spazio per le generazioni di mezzo per riprendere il loro esempio e completare la loro opera.

©Futuro Europa®

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