Europee, PPE in testa nelle valutazioni

751 è il numero magico che corrisponde ai Rappresentanti che verranno eletti al Parlamento Europeo il 25 maggio. Cosa aspettarsi? Chiusi nel nostro provincialismo abbiamo ridotto un evento di portata continentale ad un bisticcio da cortile fra discoli. Tutto il dibattito verte su cosa succederà entro i confini nazionali in caso di vittoria di una o dell’altra parte. Persino nei paesi più euroscettici come la Gran Bretagna del rampante UKIP di Nigel Farage, il mirino è puntato sull’Europa.

Nessuno ha messo in evidenza, per quanto ancora valutazioni, il sorpasso del PPE (Partito Popolare Europeo) su S&D (Socialisti e Democratici europei). Terza forza e forse futuro ago della bilancia, l’ALDE (Liberali, Democratici e Riformisti), guidata dal belga Guy Verhofstadt, si è tenuta le mani libera rimandando la decisione con chi allearsi a risultato elettorale acquisito. Abbiamo poi nell’ordine Sinistra Europea di Alexis Tsipras, i Verdi e il gruppo dei Conservatori e Riformisti. Infine la “galassia” euroscettica, con il Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia ed una costellazione di formazioni “indipendenti”, che la proiezione di PollWatch pone abbondantemente oltre il centinaio.

Curiosamente il primato del PPE accomuna i paesi più virtuosi, Germania e Francia,  con la Spagna e l’euroscettica Ungheria di Viktor Orban. I Socialisti europei emergono invece in Italia e in Gran Bretagna, dove il Labour ha superato lo UKIP.

Quali sono i “manifesti” dei due principali competitors? Jean-Claude Juncker (PPE), malgrado il vantaggio nei sondaggi non dorme sonni tranquilli, la sua Presidenza dell’Eurogruppo non lo ha favorito mediaticamente. Martin Schulz (S&D) gode di maggior notorietà, aiutato anche dagli sconsiderati attacchi di Silvio Berlusconi, e perfino Alexis Tsipras, gode di una visibilità inversamente proporzionale al numero di seggi cui viene accreditato.

Juncker, candidato PPE alla Presidenza della Commissione UE, oltre a rivendicare il ruolo di Presidenza della Commissione nel caso che i sondaggi si rivelino azzeccati, ha articolato il suo programma su cinque punti. Al primo posto pone un forte incremento dell’Agenda Digitale (da un maggior obbligo delle regole sul copyright alla data-security passando per le frequenze radiotelevisive9 e conta di ottenere una crescita, nel mandato, di 500 miliardi di euro. A seguire la perseveranza nel solco della stabilizzazione finanziaria dell’eurozona, rivendicando il primato della politica nella governance dell’eurozona, non lasciandolo più nelle mani della BCE. Il terzo punto pone l’accento sulla ancor maggiore applicazione dei vincoli di bilancio, quindi una maggior attenzione al Sociale (i termini sfumati su questo punto non paiono in sintonia con le aspettative di Francia ed Italia). Infine, quello che appare assumere sempre maggiore importanza – soprattutto alla luce degli ultimi eventi nei rapporti Ucraina-Russia – la questione energetica e l’accordo commerciale con gli Stati Uniti.

“Non credo che la prossima Commissione dovrebbe essere guidata dal principio ‘c’è un angolo d’Europa in cui non abbiamo interferito’, ma dovrebbe introdurre una nuova filosofia”, questa frase di Schulz, candidato per S&D (Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici che riunisce l’ex PSE con altre forze progressiste come il nostro PD), rende l’idea del programma stilato dall’attuale Presidente del Parlamento Europeo. Tre sono le direttrici del suo programma, favorire una maggiore integrazione politica della Ue, senza cancellare le identità nazionali, ridefinizione dei compiti dei Commissari europei ed infine offrire all’Europa gli strumenti per mettere in campo una politica di crescita economica. A suo discapito incide il fatto della nazionalità tedesca, nazione accusata di vivere a spese degli altri Stati membri, il relativo vantaggio di appartenere alla SPD  risulta inficiato dall’entrata nella Grosse Koalition e quindi dalla condivisione dell’austerity imposta dalla cancelliera Angela Merkel.

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