Cronache britanniche

Londra – A poco più di un mese dalle elezioni europee di maggio la bagarre tra i partiti britannici si fa sempre più serrata e senza esclusione di colpi (spesso bassi). A farne le spese questa settimana è stato il leader dell’Ukip party Nigel Farage, il quale si è ritrovato al centro di una vera e propria battaglia mediatica. Infatti, The Times ha accusato il carismatico ed eclettico leader del partito nazionalista britannico e MEP (Membro del Parlamento Europeo), di far uso improprio dei rimborsi europei.

Celebre per i suoi taglienti attacchi all’elite europea (come dimenticare i ripetuti insulti verso Van Rompuy e Barroso), il leader dell’Ukip che si è spesso eretto a paladino della classe operaia e dichiaratamente anticasta (una specie di Grillo britannico), ora si ritrova improvvisamente dall’altra parte della barricata, e per effetto boomerang, si vede costretto a difendersi proprio dalle accuse lanciate spesso in prima linea verso i suoi avversari politici. Farage ha ovviamente rimbalzato le critiche, sostenendo di essere vittima di una “sporca” campagna orchestrata dal partito conservatore per indebolire colui che più di tutti sta sottraendo voti a Cameron, e descrivendo i giornalisti del Times come facenti parte di un’elite collegata al partito conservatore. Di fatto, uno dei maggiori pericoli che corre il PM è proprio quello di perdere voti sul terreno europeo, dove la rinomata e ferma posizione antieuropeista di Farage riscontra un maggior consenso elettorale.

Il tutto accade a pochi giorni di distanza da una decisione parallela del governo che, con una mossa criticata da molti, ha “zittito” Iain Mansfield, diplomatico britannico e vincitore del premio per il saggio sulla “Brexit” dell’Institute of Economic Affairs. Mansfield, in servizio presso l’ambasciata britannica a Manila, ha precisato che la sua roadmap per un’uscita del Regno Unito dall’Europa non è una policy studiata dal governo, ma che si tratti solamente di un “mero esercizio intellettuale”. Il funzionario inglese, formato a Cambridge, è stato però “invitato” dal governo a non rilasciare dichiarazioni alla stampa a causa si legge in una nota dello IEA del suo “delicato ruolo istituzionale”.

Apparentemente i due avvenimenti non hanno uno stretto collegamento politico, ma che si tratti invece di una mirata strategia mediatica del governo? Forse l’ala più moderata del partito di Cameron vuole proteggersi dall’euroscetticismo che potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio per i Tories. Una cosa è certa, il confine tra un atteggiamento prettamente riformatore nei confronti dell’Europa, come più volte sottolineato dallo stesso PM, e quello di anti-establiment verso Bruxelles comincia a essere al quanto fosco proprio ora che, in prossimità delle elezioni europee, dovrebbe farsi più nitido.

©Futuro Europa®

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