Asia Forum 2014

Kuala Lumpur – La crisi che nel 1997 ha investito la regione pare essere un lontano ricordo da questi parti. Infatti, nel 2014, la Malesia occupa il primo posto nella classifica della Banca Mondiale dei paesi dove è più facile far business (the World Bank’s Ease of Doing Business ranking). Mentre il centro di gravità economico sembra lentamente ma inesorabilmente spostarsi dall’emisfero ovest a quello est, con la Cina pronta a diventare il nuovo leader economico mondiale, c’è chi come i paesi dell’ASEAN, schiacciati tra due giganti economici come il dragone rosso e l’India si preparano ad affrontare le sfide economiche del nuovo millennio con un rinnovato progetto di cooperazione regionale.

Per riuscire a competere in un mondo orfano della sua tradizionale leadership economica (gli USA) e dove la governance globale sembra aver smarrito la bussola entrando in un periodo di profondo stallo politico non resta che aggrapparsi ai “vicini di casa”: si spiega cosi il crescente sviluppo di blocchi regionali nel mondo. Certamente questo sembra essere il caso dell’ASEAN, dove grazie ad una maggiore cooperazione tra i governi della regione si è tornati a sognare in grande dopo il grande spavento delle crisi (1997 e 2008). Almeno questo è quanto emerso dal Forum economico asiatico organizzato dalla “London School of Economics” a Kuala Lumpur (il 6° del genere in Asia dopo le passate edizioni a Bangkok, Hong Kong, Nuova Delhi, Singapore e Pechino).

Alla conferenza tenutasi allo Shangri-La Hotel (e alla quale era presente come testata accreditata anche “Futuro Europa”), hanno partecipato speaker di spessore internazionale del mondo accademico e della finanza mondiale del calibro di Christopher Pissarides (Premio Nobel per l’economia nel 2010 e professore emerito della LSE), Andrew Sheng (consigliere speciale della China Banking Regulatory Commision), Rajat Nag (Direttore Generale uscente dell’Asian Development Bank), Azman Mokhtar (amministratore delegato del fondo sovrano malese Khazanah Nasional Berhad), e Munir Majid (ex presidente della Malaysia Airlines e attuale chairman della Bank Muamalat Malaysia). Inoltre, all’evento era anche prevista la presenza del PM malese Najib Razak cancellata all’ultimo istante a causa degli impegni istituzionali del capo del governo relativi alla ricerca dell’aereo della Malaysia Airlines scomparso da settimane (il PM ha comunque inviato il suo messaggio che è stato letto dal ministro dello sviluppo economico malese Dato Sri Abdul Wahid Omar).

Ovviamente durante la conferenza si è discusso principalmente del futuro economico dell’Asia ma non sono mancati i riferimenti all’Europa. Tra i più critici verso il vecchio continente, è stato indubbiamente Kishore Mahbubani (rettore della National University of Singapore), il quale ha definito “codarda” la strategia economica e di sicurezza di Bruxelles e dei paesi UE, suggerendo che l’Europa “non è ancora scesa dal bus guidato dagli Stati Uniti”. Per Rajat Nag, invece l’Europa ha compiuto importanti passi avanti affermando che “il peggio è passato” nonostante ci siano ancora “conflitti politici da risolvere”. A far però da vero portavoce dell’Europa ci ha pensato Pissarides, il quale ha ironicamente scherzato (ma in fondo detto la verità) dicendo che “il mondo veste ancora italiano e guida auto tedesche”. Il premio Nobel ha però criticato l’intervento della Troika in Grecia, sottolineando come la Malesia sia riuscita a uscire più rapidamente dalla crisi anche grazie al rifiuto del supporto del Fondo Monetario Internazionale. Dello stesso avviso anche Charles Goodhart (ex consigliere speciale della Banca d’Inghilterra e attuale professore emerito della LSE), il quale ha evidenziato la confusa gestione della crisi dell’euro, in particolare del collasso del sistema bancario cipriota.

Interessante anche il riferimento al progetto d’integrazione monetaria dell’ASEAN che però sembra essere ancora lontano da una possibile realizzazione prossima, date le profonde differenze politiche dei paesi dell’area, i quali si distinguono ancora per una profonda eterogeneità culturale che certo può risultare a volte un ostacolo per una pianificazione comune e rappresenta un nascondiglio insidioso per il crescente nazionalismo nell’area. Secondo Danny Quah (fresco direttore del Saw Swee Hock Southeast Asia Centre alla Lse) è fondamentale evitare pericolosi populismi e i paesi dell’Asean “non devono scivolare nella trappola tesa e dettata dagli interessi nazionali a breve termine”. Al contrario, enormi progressi sono stati invece fatti in materia di mercato unico comune e il progetto di consolidazione economica dovrebbe portare già nel 2015 alla nascita dell’Asean Economic Community. Lo stesso PM malese (nel suo messaggio) ha sottolineato la necessità di accelerare l’integrazione del mercato regionale per consentire uno sviluppo economico maggiore e far si “che nessuno rimanga indietro”.

Il filo conduttore della conferenza è stato, dunque, la necessità da parte dell’ASEAN di continuare sul cammino della cooperazione interna e di sviluppare un modello economico capace di fare da contrappeso (e chissà sostituire) a un modello economico e culturale occidentale che pare anch’esso destinato ad essere riformulato. Insomma, in attesa che l’Europa ritorni a crescere a livelli che più le si addicono, noi europei dovremmo tendere un occhio più attento alle best practice che ci suggerisce il Sud-Est asiatico.

©Futuro Europa®

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