Italia delle Regioni

Le regioni si esprimono sulla riforma del Senato come Assemblea delle Autonomie e sulle nuove competenze legislative tra organismi costituzionali  statali e  territoriali che tale riforma comporterà.   Il 20 marzo scorso  il  presidente   della Conferenza delle regioni italiane, Vasco Errani, ha consegnato ed illustrato al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, durante l’incontro con il Governo a palazzo Chigi, le valutazioni e le proposte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sulla bozza di Disegno di Legge Costituzionale del 12 marzo 2014.

Nelle premesse al documento delle Regioni italiane formulano osservazioni e proposte sull’intervento di riforma costituzionale, di cui è stata diffusa una prima redazione del 12 marzo.     E’ indubbiamente positiva la scelta di trattare in un unico contesto di riforma e in un unico testo normativo la trasformazione del Senato e la riscrittura del Titolo V, come chiesto in più occasioni dalla Conferenza delle Regioni.

In questo spirito, i Presidenti delle Regioni considerano decisivo il buon esito di una riforma che ha grande rilievo per il Paese ed intendono ribadire aspetti essenziali per le Regioni e avanzare, in uno spirito di leale collaborazione, anche proposte e ulteriori spunti di riflessione, che possono contribuire a definire una posizione unitaria di tutto il sistema istituzionale. In particolare da parte delle regioni italiane è da cogliere con favore il superamento del bicameralismo paritario e il fatto che l’ “Assemblea delle autonomie”, pur rimanendo fuori del circuito della fiducia al Governo, conservi poteri di iniziativa legislativa e importanti funzioni di partecipazione al procedimento legislativo statale.

Va però tenuto in considerazione il fatto, che dall’insieme dei poteri che sono assegnati all’Assemblea, in particolare  dal loro effettivo esercizio, dipende in gran parte il superamento della conflittualità che attualmente caratterizza i rapporti tra lo Stato e le Regioni nell’esercizio della rispettiva funzione legislativa. Sotto questo profilo, le decisioni attinenti alla composizione, al funzionamento e alle funzioni della seconda Camera devono essere riviste, per il buon funzionamento di un sistema nel quale Stato, Regioni e Comuni possano operare in una dimensione costituzionale equilibrata e trasparente. La complessità e la delicatezza degli equilibri istituzionali dell’intervento di revisione costituzionali si manifesta chiaramente in relazione ai poteri  del Senato come Camera delle Autonomie, regionali e comunali.

La Riforma prevede il mantenimento del “procedimento bicamerale paritario” esclusivamente per le leggi costituzionali e di revisione costituzionale.  Si riconosce all’Assemblea delle Autonomie il potere di esprimersi su qualsiasi disegno di legge in discussione alla Camera; per un ristretto nucleo di materie il voto  contrario dell’Assemblea delle autonomie è superabile solo a maggioranza assoluta della Camera. E’ evidente, che in tal modo, l’equilibrio tra i due rami del Parlamento non appare salvaguardato, e che deve invece affermarsi il principio che, a fronte del voto negativo dell’Assemblea, sia sempre necessario un voto a maggioranza assoluta della Camera. Nel documento delle Regioni  ogni altra soluzione – tenendo conto che l’Assemblea non ha competenze legislative riservate – sembra essere incompatibile con l’idea di due Camere che – come la nuova versione dell’articolo 70, primo comma recita – esercitano “collettivamente” la funzione legislativa.

Il capitolo delle “Modalità di voto” costituisce  un ulteriore  punto  tra i più delicati  della Riforma:  il tema delle modalità di espressione del voto nell’Assemblea. La giusta rilevanza, già presente nel testo proposto, dell’elezione a livello regionale  -sia della componente regionale in senso stretto sia della componente comunale, in quanto rappresentative di istituzioni che costituiscono insieme il sistema regionale delle autonomie – dovrebbe valorizzare la formazione di una volontà “a base regionale”, qualora la composizione mista dell’Assemblea non renda agevole la costruzione di questa volontà. In altri ordinamenti che hanno una seconda Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali, l’unitarietà del voto in Assemblea è assicurata a monte dal vincolo di mandato. Nella composizione qui prevista bisognerebbe prevedere meccanismi di formazione della volontà della singola delegazione.

Sulle “Modifiche al riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni” le Regioni sono convinte dell’opportunità di non rinunciare a un elenco espresso di materie concorrenti, che contribuiscono a chiarire l’ambito di intervento della legislazione regionale, sia pure nel rispetto dei principi statali. Le stesse Regioni, peraltro, ritengono opportuno un “alleggerimento” dell’elenco delle materie concorrenti, e un corrispondente rafforzamento delle competenze statali esclusive.

Le Regioni Italiane sono d’accordo a rafforzare la competenza statale in materia di energia, grandi infrastrutture, reti di trasporto – come  proposto nel testo presentato da Governo.   E’ evidente che in tal caso il passaggio di determinate materie e funzioni dalla legislazione concorrente a quella esclusiva dello Stato non può che essere circoscritta alle limitate materie e funzioni generalmente riconosciute di esclusivo intesse nazionale. Sul nuovo assetto costituzionale e sulla rappresentatività delle Autonomie locali nel nuovo disegno riformatore torneremo seguendo gli sviluppi dell’iter parlamentare.

©Futuro Europa®

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