Rassegna stampa estera

Questa settimana tantissimo Renzi. I nostri quotidiani hanno riportato, quasi giornalmente, i titoli dei grandi giornali mondiali. Già lunedì mattina il Wall Street Journal analizzava le consultazioni al Colle e l’imminente incarico a Renzi, mentre The Telegraph metteva in evidenza il grande passo di Renzi: da Sindaco di Firenze ai palazzi di Roma. Ancora giovedì il Financial Times definiva “ambizioso programma di riforme” i progetti annunciati dal premier incaricato: legge elettorale, Pubblica Amministrazione e fisco, mentre il Frankfurter Allgemeine Zeitung gli augura “buona fortuna”, ma più che un augurio, un monito. Scrive il quotidiano tedesco “fortuna anche perché il modo con cui ha spintonato il suo predecessore Letta gli avrà procurato molti nemici nel partito. Fortuna gli dovrebbero augurare tutti gli europei che hanno osservato il fermento politico e la miseria economica dell’Italia con crescente preoccupazione.” Sono in molti ad usare toni non proprio lusinghieri nel descrivere la parabola Renzi. Aver bypassato le elezioni non è stata una mossa proprio indovinata, almeno agli occhi dei media internazionali ai quali molto sfugge del nostro “far politica”. Ma non c’è solo Renzi. Da segnalare un articolo scritto da Adrien Pécout su Le Monde, che prende spunto dalle nostre vittorie a Sochi per analizzare la sempre più grande lontananza che c’è tra l’Italia e il Sud Tirolo. Sanremo è un must, soprattutto se dipinto con il “francesissimo” sarcasmo di Philippe Ridet.

L’editoriale di The Economist del 22 Febbraio è abbastanza eloquente su come la pensano gli anglosassoni sull’approdo di Renzi a Palazzo Chigi. “Se Matteo Renzi è quello che può ripulire il pasticcio Italia, ha bisogno di indire elezioni”, scrive l’Economist. “La settimana scorsa abbiamo messo in primo piano l’Argentina, mostrando come un Paese possa annullare la sua ricchezza per via delle debolezza delle sue istituzioni politiche. L’Italia è in pericolo di subire la stessa sorte”. Spiega il quotidiano che l’arrivo di Renzi ha suscitato molti entusiasmi per la sua giovane età. Per la sua brillantezza, per la sua energia, ma prosegue “Renzi si è dimostrato spietato nello spintonare il suo collega di Partito, Enrico Letta, che era stato designato come Primo Ministro dopo le elezioni inconcludenti dello scorso anno. Ma lui sarà a capo di una coalizione di sinsitra-destra simile a quella di Letta e al gruppo bipartisan che ha sostenuto il suo predecessore, il tecnico Mario Monti (…) Ma Renzi è vulnerabile, prosegue l’articolo, non solo perché si trova davanti allo stesso Parlamento, ma anche perché è il terzo uomo di seguito che viene nominato Primo Ministro senza presentarsi dagli elettori come candidato. “Renzi potrebbe essere l’uomo giusto per affrontare i problemi economici cronici dell’Italia, ma ha bisogno di un mandato adeguato a cambiare il suo Paese.” ( The Economist, A man needs a mandate, 22 Febbraio 2014)

Di “piani audaci” parla anche Darrell Delamaide sul Market Watch (gruppo The Wall Street Journal), che titola il suo articolo Renzi’s bold palns to reform Italy are too ambitious.  Scrive Delamaide: “Il Primo Ministro designato, Matteo Renzi, si è messo in una posizione insostenibile.  Deve effettuare una cambio di rotta muovendosi in un economia ostacolata dal debito e dalle restrizioni della zona euro senza il beneficio di un mandato politico o la possibilità di svalutare la moneta. Il Sindaco di Firenze è arrivato al potere non attraverso elezioni nazionali, ma attraverso una lotta interna al suo Partito. Renzi dopo aver vinto le primarie a Dicembre per diventare leader del Partito Democratico, la scorsa settimana ha costretto alle dimissioni il Primo Ministro Enrico Letta, anche lui membro del PD, che, pur non avendo neanche lui vinto una elezione era stato nominato dal Presidente della Repubblica (…) Renzi ha ambizioso, promettendo un piano di riforma elettorale entro la fine di questo mese, le misure per le riforme di mercato del lavoro entro il mese prossimo, la ristrutturazione della PA nel mese di Aprile e la riforma fiscale a Maggio. Tuttavia, poiché i dettagli del suo ‘Jobs Act’ devono ancora comparire, sembra poco probabile che possa produrre tutte queste misure nei tempi previsti.” (Darrell Delamaide, Market Watch, 19 Febbraio 2014)

Anche Christian Makarlan, su l’Express non ha parole proprio lusinghiere per la gestione dell’affaire Renzi. “Matteo Renzi, il nuovo Presidente del Consiglio arriva dopo una rivoluzione di Palazzo e si ritrova sulle spalle l’obbligo di portare a casa un risultato. Dall’Italia arrivano due cattive notizie. La prima è che interessi della classe politica hanno ancora avuto la meglio su di un Presidente del Consiglio, la seconda che il profilo del risanatore dell’economia abbia apparentemente un avvenire molto effimero al vertice del potere (…) Aspettando di arrivarci (alle riforme e alla rottamazione della classe politica), Renzi diventa il quarto Presidente del Consiglio a non essere designato attraverso il verdetto delle urne, magnifica incarnazione del sistema che continua a minare l’Italia.” (C. Makarlan, Matteo Rezni: transitino à l’Italienne, L’Express, 18 Febbraio 2014)

Adrien Pécout comincia il suo articolo sui nostri atleti presenti a Sochi in questo modo: “Indovinello: per qual Paese Christoph Innerhofer (sci) e Armin Zoggeler (slittino) hanno vinto rispettivamente una medaglia d’argento e un bronzo ai Giochi Olimpici del 2014? Né alla Germania, né alla Svizzera, né all’Austria e neanche al Lichtenstein. Questi sportivi germanofili hanno appena regalato all’Italia due dei suoi otto podii. Su 113 italiani presenti a Sochi, soni in 46 ad essere cresciuti in Sud Tirolo, regione situata alla frontiera tra Svizzera e Austria.” Da qui il giornalista parte per una disquisizione sulle gaffes dei nostri sportivi al Quirinale che hanno risposto al Presidente in tedesco o alla risposta di Dominik Paris che disse candidamente ad un giornalista ai Giochi Olimpici del 2006 di “non conoscere quella canzone” riferendosi all’inno di Mameli.  Il giornalista arriva alla campagna di italianizzazione portata avanti da Mussolini, volta a “ridurre ai minimi termini le specificità culturali del Sud Tirolo” fino a citare Eva Klotz, “la deputata che spera che la sua Regione, una delle più ricche d’Italia e di Europa, torni al più presto austriaca”. Affiancare lo sport a questi problemi intimamente italiani ci è sembrato gratuito.

Per concludere un cenno al Blog di Philipp Ridet. “Chi darà per primo il suo verdetto? Matteo Renzi, incaricato da Sabato scorso di formare il 61° Governo dalla nascita della Repubblica nel 1946, bloccato a Montecitorio dove riceve le delegazioni di tutti i Partiti per costruire la sua maggioranza? O la giuria del 64° festival della canzone di Sanremo, che è cominciato lunedì sera e andrà avanti fino a Sabato? L’avvicinamento è meno stravagante di quanto possa sembrare. Dalla sua nascita, nel 1951 come casinò, il festival, che gli italiani considerano come un campionato del Mondo della canzone, è la valvola di sfogo delle passioni transalpine. Riflette come uno specchio i dibattiti politici e sociali, i loro passi in avanti, i passi in dietro. E’ d’altra parte l’unica spiegazione al suo successo, visto che no presenta più, come un tempo, dei ritornelli capaci di marcare un decennio o più.” (…) (P. Ridet, A Sanremo tout est politque, Le Monde, 19 Febbraio 2014)

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