
Cronache dai Palazzi
L’Articolo 5 al centro. La proposta italiana per la pace è estendere all’Ucraina un meccanismo simile a quello dell’Articolo 5 della Nato, senza il suo ingresso nell’Alleanza. Il Segretario generale Mark Rutte ha comunque precisato che l’Alleanza Atlantica non sarà coinvolta nell’elaborazione dei piani. Il fronte franco-britannico sottolinea a sua volta che occorre mettere in campo un contingente militare. Non mancano infine preoccupazioni politiche e finanziarie venute a galla nel summit dei capi militari. “La priorità rimane una pace, giusta, credibile e duratura. I nostri pensieri vanno ai coraggiosi fratelli e sorelle in armi. Lodiamo il loro coraggio instancabile nel difendere la loro patria”, ha affermato il presidente del Comitato militare della Nato, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. I capi di Stato maggiore Nato hanno dichiarato il loro “sostegno” ai Volenterosi, hanno condiviso il processo di pace messo in moto dal presidente Usa, ribadendo nel contempo la necessità di istituire delle garanzie certe per proteggere l’Ucraina. Occorre inoltre comprendere il ruolo del Consiglio di sicurezza dell’Onu, al quale partecipa anche la Cina, e non si esclude il coinvolgimento di nazioni extraeuropee che potrebbero vigilare sul cessate il fuoco.
Donald Trump è il regista dell’operazione ma ammette anche la difficoltà nel far incontrare Putin e Zelensky: è come mischiare “olio e aceto”, una missione quasi impossibile. Un ruolo importante è stato svolto anche dall’Europa, con i singoli Paesi sostenuti dalla Commissione, anche se l’Ue deve mettere a punto la propria unione dimostrando coerenza. Il Regno Unito rappresenta la spalla sulla quale poter contare mentre la Cina è la grande assente. La pace potrà esserci solo cedendo, in maniera più o meno formale, dei territori alla Russia, oltre la Crimea, ma l’Ucraina sembra non voler accettare nemmeno una delle proposte avanzate dal presidente Trump per conto della Russia.
Tre anni di guerra assolutamente estenuanti, costati molto sia ai russi sia agli ucraini e un eventuale accordo dovrà presupporre garanzie ferree per quanto riguarda la sicurezza dell’Ucraina. Gli Stati Uniti sono chiamati a contribuire a tali garanzie per lo meno con il supporto aereo, di intelligence e cybersecurity. In un contesto alquanto complesso Putin non riuscirà comunque a ridurre l’Ucraina ad uno Stato vassallo e il prezzo pagato fino ad ora dovrebbe scoraggiare ulteriori mire espansionistiche dei russi verso il resto dell’Europa. A proposito di costi, materiali ed umani, a guerra finita gli ucraini avranno pagato la libertà a caro prezzo.
L’incontro è ancora lontano come conferma anche il ministro degli Esteri russo Lavrov, ribadendo che non ci sono le condizioni per un vertice di pace tra le due parti contrapposte. Avverte Lavrov: “Siamo pronti per qualsiasi formato, ma quando si tratta di incontri ad alto livello, è necessario prepararli con la massima attenzione in tutte le fasi precedenti, in modo che questo evento non comporti un peggioramento della situazione, ma metta davvero fine ai negoziati che siamo pronti a continuare”. Lavrov sottolinea inoltre che, durante l’ultimo incontro con il presidente americano, Putin “ha suggerito di valutare l’innalzamento del livello dei capi delegazione”.
Lavrov ha puntualizzato che gli sforzi dell’Unione europea per sviluppare con gli Stati Uniti intese simili all’Articolo 5 dello statuto Nato sono “una strada che porta al nulla”. Mosca richiede di disporre del diritto di veto a proposito di garanzie e sottolinea che oltre agli europei devono partecipare su base paritaria gli Usa e la Cina. “Occorre porre in primo piano la sicurezza collettiva in concerto con la Russia, la quale non esagera i propri interessi, ma propugnerà in modo duro e deciso i propri interessi legittimi”, ammonisce Lavrov.
Il negoziato di Istanbul del 2022 è per la Russia un punto di riferimento e “bisogna concentrarsi sugli sviluppi raggiunti a quel tavolo”, come sottolinea il ministro degli Esteri del Cremlino. Kiev, a sua volta, non potrà mai accettare un diritto di veto del Cremlino sulla propria sorte.
Lavrov ha comunque ribadito la volontà della Russia a lavorare in varie forme, “a patto però che il lavoro sia onesto e non si riduca, come fanno i dirigenti europei, a tentativi di coinvolgere gli Usa nella loro campagna bellicosa e aggressiva per rafforzare l’Ucraina come strumento di deterrenza della Russia”. Per i russi “i leader dei Paesi europei stanno cercando in ogni modo possibile di impedire i negoziati di pace e il ripristino delle relazioni russo-americane”. In definitiva per i vertici russi la vera partita è contro i leader europei.
“Abbiamo bisogno di costruttori di comunità. Costruttori di convivenza, di pace, di partecipazione, di solidarietà. Costruttori di una società capace di governare i mutamenti restando umana nelle fondamenta e nella civiltà”, afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso in occasione della quarantaseiesima edizione del Meeting di Rimini. E soprattutto “Non possiamo dare per scontate le conquiste che le precedenti generazioni ci hanno trasmesso. Libertà, democrazia, pace, modello sociale, vanno continuamente rigenerati nella fedeltà ai loro presupposti valoriali. Rigenerati e condivisi”.
Dal palco di Comunione e Liberazione l’ex premier Mario Draghi ha a sua volta sottolineato la necessità per l’Unione europea di recuperare un ruolo anche nel processo di costruzione della pace. “L’Unione europea, nonostante abbia dato il maggior contributo finanziario alla guerra in Ucraina, e abbia il maggiore interesse in una pace giusta, ha avuto finora un ruolo abbastanza marginale nei negoziati per la pace”, ha ammonito Draghi denunciando la posizione “marginale e spettatrice” dell’Ue dall’Ucraina a Gaza. “Nel frattempo la Cina ha apertamente sostenuto lo sforzo bellico della Russia” e “le proteste europee hanno avuto poco effetto: la Cina ha chiarito che non considera l’Europa come un partner alla pari e usa il suo controllo nel campo delle terre rare per rendere la nostra dipendenza sempre più vincolante”.
Draghi traccia un bilancio decisamente duro sottolineando che “Il 2025 sarà ricordato come l’anno in cui è evaporata l’illusione dell’Unione europea di avere potere geopolitico e nelle relazioni commerciali”. Il ruolo internazionale dell’Europa è in bilico e “lo scetticismo ha raggiunto nuovi picchi”, non per quanto riguarda i suoi valori ma per quanto riguarda “la capacità dell’Unione di difenderli”.
In sostanza l’Europa deve “cambiare” soprattutto per quanto riguarda lungaggini e “riti”. Il principio della “sovranità nazionale” non deve inoltre “distruggere l’integrazione europea” esponendo il Vecchio continente “ancor di più al volere delle grandi potenze”. L’Ue deve “trasformarsi da comprimario a attore protagonista e mutare la sua organizzazione politica”, dotandosi in primo luogo di “forme di debito comune” per poter realizzare “progetti di grande ampiezza” come, ad esempio, nel campo della difesa e dell’energia.
L’elezione di Trump è stata “una sveglia brutale” per l’Europa e nemmeno la Cina considera l’Ue un “partner alla pari”, sottolinea Mario Draghi. In questo contesto il compito dei Ventisette è individuare il modo di “andare d’accordo”. L’Europa e l’Ue devono evolversi superando l’idea che sia sufficiente la dimensione economica per avere “potere geopolitico”. Di fronte “a quello che succede”, in un mondo dove non c’è più “il rispetto delle regole”, e impera l’uso della “forza militare e della potenza economica per proteggere gli interessi nazionali”, la prima cosa che “viene in mente – sottolinea con una certa convinzione Draghi – è che forse la prima cosa da fare è: stringiamoci tutti insieme”.
In questo contesto Draghi ha rimarcato l’unità emersa nel corso dell’incontro alla Casa Bianca per quanto riguarda la questione dell’Ucraina, un incontro che vale “più di tante riunioni a Bruxelles”. I governi dei singoli Stati membri devono trasformare il proprio “scetticismo in azione” e l’Unione “dovrà muoversi come ha fatto nelle emergenze, ma in tempi ordinari”.
Sono tempi in cui lo scetticismo nei confronti dell’Europa ha per l’appunto raggiunto “nuovi picchi” con il rischio di minare l’Unione, pur non trattandosi di “uno scetticismo nei confronti dei valori su cui l’Unione europea era stata fondata: democrazia, pace, libertà, indipendenza, sovranità, prosperità, equità, protezione sociale”. Lo scetticismo riguarda soprattutto “la capacità dell’Ue di difendere questi valori”, e in un certo qual modo è “comprensibile”. Altra questione riguarda “i modelli di organizzazione politica”, in particolar modo i modelli “sopra-statuali” funzionali a “risolvere i problemi del loro tempo”. Di conseguenza nel momento in cui le situazioni e le criticità “cambiano tanto da rendere fragile e vulnerabile l’organizzazione preesistente, questa deve cambiare”, a sua volta.
Azione, cambiamento e trasformazione sono le chiavi necessarie per “ritrovare unità di azione”, ma i governi dovranno agire in tempo e non “quando le circostanze saranno divenute insostenibili”. Occorre agire “ora quando abbiamo ancora il potere di disegnare il nostro futuro” per poter “cambiare la traiettoria del nostro continente”, per poter competere nelle sfide globali, rimuovere le barriere, “mettersi d’accordo su come finanziare i giganteschi investimenti necessari” e “disegnare una politica commerciale” compatibile con l’era attuale. “Ritrovare unità di azione” nell’immediato, prima che “le circostanze” si dimostrino “insostenibili”, è doveroso.
“Le stagioni che cambiano richiedono forze, idee, energie nuove. Non è vero che così rischiano di disperdersi i valori: così i valori più profondi possono trasmettersi e dare nuovi frutti”, afferma il presidente Mattarella sottolineando che “nessuna società che voglia avere futuro può rinunciare all’apporto dei giovani e ai loro ‘mattoni nuovi’”.
“Trasformate il vostro scetticismo in azione, fate sentire la vostra voce”, ha aggiunto Mario Draghi rivolgendosi ai giovani del Meeting di Rimini sottolineando che l’Unione europea “è la nostra migliore opportunità per un futuro di pace, sicurezza, indipendenza: è una democrazia e siamo noi, voi, i suoi cittadini, gli europei che decidono le sue priorità”. In definitiva la non azione “è il peggior nemico dell’Europa”.
Le “straordinarie facoltà e opportunità” scientifiche e tecnologiche che la nostra epoca mette a disposizione “non bastano a garantire un sicuro e autentico progresso”, ammonisce il Capo dello Stato. È un tempo segnato “dagli orrori di guerre che pensavamo di aver cancellato dalla storia” e “da egoismi personali e di gruppo”. La società in cui siamo immersi è oppressa da “spinte omologanti”, oltre che da “discriminazioni, povertà, solitudini”.
Si tratta di un contesto alquanto complesso dato che i cambiamenti attraversano diversi ambiti e si sviluppano su più livelli. La chiave di volta è non farsi sopraffare dalle “complessità” e dalle “paure” ne, tantomeno, far prevalere “il “disimpegno e l’indifferenza” in grado di annichilire intere comunità. “Costruire è rimettersi in cammino nella storia”, afferma il presidente Mattarella. “Anche se questo richiede di attraversare territori difficili”.
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