Corte dell’Aja, una decisione salomonica?

Fin dalle sentenze emesse contro i gerarchi nazisti a Norimberga per poi arrivare allo Statuto di Roma che ha istituito la Corte penale internazionale dell’Aja, si è andato consolidando il principio di diritto internazionale, che i responsabili dei Governi sovrani possono essere giudicati per i crimini più odiosi e in particolare per quello di genocidio, cioè che Presidenti, Ministri della difesa, vertici delle forze armate siano passibili di condanna da parte degli altri Stati.

Ma il tradizionale principio che gli Stati sono sovrani, salvo in presenza di impegni liberamente assunti, continua a resistere. Quindi non meraviglia che lo Statuto sia lontano dall’ottenere una adesione unanime. Almeno 60 Paesi, tra essi Stati Uniti, Cina, Russia, India e Israele non vi hanno aderito mantenendo le loro mani libere e quindi tutelando i loro vertici di governo dal giudizio altrui.

Ciò non Impedisce alla Corte di essere chiamata in causa laddove i crimini offendano aspetti connessi alla dignità essenziale dell’uomo configurandoli come crimini contrari all’ “umanità”. Da ciò emerge la richiesta di cattura che il procuratore Karim Khan ha chiesto questa settimana nei confronti dei massimi responsabili di Israele e Hamas.

Ciò non toglie che il Procuratore Capo della Corte Karim Khan si sia mosso in un campo metagiuridico; molto probabilmente mosso dalle pressioni delle opinioni pubbliche insorte di fronte alle decine di migliaia di vittime causate dagli attacchi israeliani a Gaza, ha voluto salomonicamente portare a giudizio I responsabili di entrambi gli schieramenti sollevando tuttavia dubbi su tempi e opportunità.

Le carneficine del 7 ottobre scorso, non solo sono lontane e avrebbero potuto già essere prese in considerazione per le evidenti prove autoaccusatorie diffuse da Hamas (che peraltro non è uno Stato mentre lo è l’Autorità Palestinese che ha aderito allo Statuto) ma sarà complicato anche costruire il castello accusatorio contro Israele incriminando i suoi vertici per un intento deliberato di sterminio di un popolo.

La crisi di Gaza non si risolverà a breve dato che le variabili militari sono complesse, perché vari Paesi della regione possono ancora svolgere un ruolo decisivo e perché le basi su cui poggia l’attuale Governo israeliano sono molto incerte. La mossa di Karim Khan sembra quindi non solo scarsamente fondata ma suscettibile di confondere il quadro generale distogliendo l’attenzione dall’obiettivo chiave (due Stati per due Popoli). L’augurio è che la Corte rapidamente rigetti le sue richieste di arresto.

©Futuro Europa® Riproduzione autorizzata citando la fonte. Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Condividi
precedente

Cento anni di «Allegria!»

successivo

Italia delle Regioni

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *