Cronache dai Palazzi

“Il Fondo Monetario internazionale è prudente e storicamente ha sempre sottostimato le previsioni sull’Italia”. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dichiara di non essere preoccupato per la revisione delle previsioni di crescita 2024 del nostro Paese dall’1,1 allo 0,7%. “Con due guerre in corso, abbiamo rivisto le previsioni di crescita al ribasso. Come hanno fatto anche tutti gli altri Paesi”.

Il Fondo Monetario Internazionale continua, comunque, a chiedere al nostro Paese un ulteriore sforzo per correggere il debito pubblico eccessivo. Nonostante il monito del FMI non si arresta la tendenza all’acquisto dei titoli di Stato. Il debito pubblico italiano resta però troppo alto e preoccupa il Fondo Monetario che avverte: “È necessario un aggiustamento verso il basso”, ha affermato Victor Gaspardetto, responsabile del Fiscal Monitor del FMI. “L’Italia è un’economia avanzata con un debito elevato, è un Paese dove c’è per tradizione una preoccupazione per il mercato dei bond e per lo spread. La nostra raccomandazione è che sarebbe importante un credibile aggiustamento di bilancio per mettere il debito su una traiettoria di calo sostenibile”, ha sottolineato Gaspardetto. Il debito italiano diminuito di recente nel 2024 è tornato infatti a salire e sembra destinato ad aumentare. “Negli anni recenti l’Italia è cresciuta, ma andando avanti la dinamica non è favorevole: la crescita è prevista frenare e i costi di finanziamento del debito saliranno”, ha ammonito Gaspardetto mettendo in risalto le pressioni per la spesa. Le emissioni di debito pubblico sui mercati si susseguono a getto continuo e sia gli operatori (nazionali e internazionali) sia i consumatori italiani con l’acquisto dei BTp ne sono consapevoli.

Per l’FMI ora l’obiettivo deve essere ridurre gradualmente il rapporto debito/PIL nel lungo termine, dirigendo il debito pubblico su una traiettoria sostenibile verso il basso. Un alto tasso di debito pubblico può mettere a repentaglio la situazione economica del Paese e rendere più gravoso il costo del finanziamento, tantoché nel 2024 l’Italia dovrebbe spendere ben oltre 100 miliardi per finanziare gli interessi del debito pubblico contro i 57 del 2020. Tutto ciò comporterebbe un depotenziamento della fiducia degli investitori limitando la capacità del governo di fronteggiare eventuali crisi future. Crescita economica quindi, ma anche contenimento del deficit; occorre investire sullo sviluppo ma anche ridurre il debito, tenendo sempre sotto controllo il livello dello spread per il quale l’Italia detiene il primato nell’area del Mediterraneo se confrontata a Spagna, Portogallo e Grecia. La situazione nazionale risente ovviamente della situazione mondiale in cui conflitti cruenti minacciano democrazia ed economia, diritti e libertà. In sostanza “non è l’Italia che rallenta: rallenta il mondo”, come ha affermato il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta; in tale contesto aumenta il prezzo delle materie prime e le tensioni sui prezzi dell’energia sono sempre più acute. Tutto sommato “tenendo conto degli shock, l’andamento economico dell’Italia è stato soddisfacente”, ha affermato Panetta.

Nel frattempo l’ex premier Enrico Letta ha presentato il suo rapporto sul futuro del Mercato unico ai leader europei, dopo aver ricevuto l’incarico nel giugno scorso. I temi cardine del rapporto di Letta sono anche quelli che sono stati affrontati nel corso dell’ultimo Consiglio europeo. Dai tempi del Next Generation Eu nel 2020 i leader Ue non si confrontavano su temi economici che intaccano la sovranità degli Stati membri. Un Consiglio europeo definito “difficile” dal presidente Charles Michel che ha affermato: “È la prima volta che abbiamo una discussione così approfondita sulla competitività e gli investimenti, ma che anche abbiamo preso decisioni sostanziali”. Il punto cruciale è fronteggiare la concorrenza di Stati Uniti e Cina.

“Il divario con gli Usa e con la Cina è tale che siamo di fronte all’ultima opportunità per agire e occorre sfruttarla”, ha a sua volta ammonito Enrico Letta intervenendo al Consiglio europeo per presentare il suo Rapporto dal titolo: “Molto più di un mercato. Velocità, sicurezza, solidarietà”, ispirato a Jacques Delors e il cui obiettivo di fondo è cercare di comprendere l’impatto del Mercato unico sulla vita dei cittadini. “L’inerzia significa declino”, è il pensiero di Letta.

In particolare, le tensioni geopolitiche e l’aumento del protezionismo europeo minacciano la sicurezza economica dell’Europa. Il Mercato unico viene definito di fatto incompleto in quanto non comprende tre settori fondamentali: energia, finanza e telecomunicazioni. Va dunque integrato e perfezionato. “Serve una quinta libertà dell’innovazione e della ricerca”, ha affermato Enrico Letta. In pratica l’Unione europea dovrebbe essere in grado di trovare i finanziamenti per la doppia transizione come è stato fatto dagli Stati Uniti con l’Inflation Reduction Act (Ira), ma anche per il sistema della Difesa. Nello specifico l’Ira statunitense, varata dagli Usa nel 2022, comprende un’ampia serie di misure volte principalmente a incentivare gli investimenti sulle energie rinnovabili per finanziare le quali sono stati stanziati 740 miliardi di dollari. Tra gli obiettivi previsti: la realizzazione di tecnologie per ridurre le emissioni, incentivi per veicoli elettrici e il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici.

Per quanto riguarda l’Europa “abbiamo uno scopo essenziale ed è il cuore del report – ha spiegato Letta -: come fare in modo che l’integrazione del Mercato unico possa diventare un game changer all’interno di un tema maggiore che è come mobilitare i risparmi degli europei, perché possiamo arrivare a un soggetto enorme e fare in modo che la transizione avvenga bene e con i finanziamenti necessari”.

Enrico Letta suggerisce un cambio di prospettiva ipotizzando una Unione dei risparmi e degli investimenti con l’obiettivo di trattenere in Europa il risparmio privato, “300 miliardi all’anno vanno negli Stati Uniti”, e di attirare risorse aggiuntive dall’estero. Uno dei principali nodi da sciogliere riguarda le sovranità nazionali e, nella pratica, la messa a terra di una supervisione europea anche a scapito delle autorità nazionali. Letta suggerisce comunque un modello di supervisione bancaria in cui le autorità nazionali ed europea possano convivere. In sostanza l’Unione del mercato dei capitali potrebbe essere “la nostra Ira” e l’ex premier propone un meccanismo di contribuzione agli aiuti di Stato tale per cui venga richiesto ai Paesi Ue di destinare una parte dei propri fondi nazionali al finanziamento di iniziative e investimenti paneuropei. Un’ipotesi per ora lontana dalle intenzioni di alcuni Stati membri. Per quanto riguarda la Difesa, infine, per Letta l’Unione europea dovrebbe mettere a frutto le economie di scala: “Se non ci riusciamo – ha spiegato Letta – continueremo con questa vergogna del 78% delle forniture militari dell’Ue che proviene da fuori Ue”.

Nello specifico sulla competitività è stato incaricato anche l’ex premier Mario Draghi che nei giorni scorsi ha anticipato gli elementi essenziali del suo report che sarà presentato a fine giugno. Anche per il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo studio sulla competitività è fondamentale per il futuro dell’Europa, che deve compiere “scelte importanti” per diventare “sempre più coesa” e “protagonista”. L’ex premier Draghi è a sua volta convinto della necessità di imprimere all’Europa un “cambiamento radicale”, è questo il fulcro attorno al quale ruotano le sue tesi sulla competitività contenute nel rapporto che gli è stato commissionato da Ursula von der Leyen e che presenterà alle istituzioni europee per l’appunto a giugno. Nel contempo, più che sulle analisi dell’ex premier la politica italiana sembra concentrarsi sulla possibilità che Draghi diventi o no presidente della Commissione Ue. L’ex premier italiano, e già presidente della Bce, liquida a sua volta la questione con un freddo “non sono interessato”.

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