Cronache dai Palazzi

“Il più abominevole dei crimini, per gravità e per dimensione – il genocidio di milioni di persone innocenti – commesso a metà dello scorso secolo nel cuore della civile Europa, dove già da molto tempo gli ideali di libertà, di rispetto dei diritti dell’uomo, di tolleranza, di fratellanza, di democrazia si erano diffusi, e venivano proclamati e largamente praticati”. Parole dure con le quali il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha definito lo sterminio degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria.

Un fenomeno che ha segnato la storia dell’umanità intera e che la strage del 7 ottobre nella striscia di Gaza ha tristemente riportato alla luce. “Assistiamo, nel mondo a un ritorno di antisemitismo che ha assunto, recentemente, la forma dell’indicibile”, ha ricordato il presidente Mattarella. Una “feroce strage antisemita di innocenti nell’aggressione di terrorismo che, in quella pagina di vergogna per l’umanità, avvenuta il 7 ottobre, non ha risparmiato nemmeno ragazzi, bambini, persino neonati. Immagine di una raccapricciante replica degli orrori della Shoah”.

In quella parte del mondo, e non solo, la pace sembra molto lontana, tanto quanto il rispetto reciproco, a partire dal riconoscimento delle rispettive religioni. “In alcune zone del mondo, in un’epoca così travagliata come la nostra, sembra divenuta impossibile non soltanto la convivenza, ma persino la vicinanza”, ha ammonito il Capo dello Stato sottolineando che, in ogni modo, “rimane l’orizzonte di un riscatto di questa parte del mondo, e non soltanto di questa”.

“Siamo uomini apparteniamo alla stessa famiglia umana a cui appartennero i nostri carnefici”, affermava Primo Levi, dimostrando “per tutti i secoli a venire quali insospettate riserve di ferocia e di pazzia giacciano latenti nell’uomo dopo millenni di vita civile”.

Celebrando il Giorno della Memoria il Presidente della Repubblica ha inoltre sottolineato: “Non c’è torto maggiore che si possa commettere nei confronti della memoria delle vittime che annegare in un calderone indistinto le responsabilità o compiere superficiali operazioni di negazione o di riduzione delle colpe, personali o collettive”. Per quanto riguarda Israele, “Paese a noi vicino e pienamente amico”, in primo luogo “per condivisione di storia e di valori”, l’Italia è impegnata per garantirne la sicurezza. “Anzitutto per l’’irrinunziabile rispetto dei diritti umani di ciascuno, ovunque. E anche perché una reazione con così drammatiche conseguenze sui civili, rischia di far sorgere nuove leve di risentimenti e di odio”.

Il principio è che “non si può negare a un altro popolo il diritto a uno Stato”. Nonostante tutto occorre “rimanere fiduciosi nel futuro dell’umanità”, ha sottolineato Mattarella. “Nella convinzione profonda che un futuro intriso di intolleranza, di guerra e di violenza, non sia il desiderio iscritto nelle coscienze delle donne e degli uomini”. In definitiva “le conquiste della pace e delle libertà democratiche sono esaltanti e vanno salvaguardate di fronte a risorgenti tentazioni di risolvere le controversie attraverso il ricorso alla guerra, alla violenza, alla sopraffazione”.

Occorre necessariamente fronteggiare “simboli e tradizioni di ideologie nefaste e minacciose” che hanno generato e continuano a generare “dolore, distruzione, morte”. Infatti “parole d’ordine, gesti di odio e di terrore sembrano di nuovo affascinare e attrarre, nel nostro Continente ma anche altrove”.

In questo contesto risultano decisive l’istruzione e la cultura, che unisce e mai divide. “Se la cultura è sapere, creatività, emozione, passione, sentimento, ebbene, è il presupposto delle nostre libertà, inclusa quella di stare insieme”, ha affermato il presidente Mattarella da Pesaro sabato 20 gennaio, in occasione della cerimonia di inaugurazione di Pesaro Capitale italiana della Cultura 2024.

“La cultura è un lievito che può rigenerare la pace. E con essa i valori umani che le guerre tendono a cancellare, annegandoli nell’odio, nel rancore, nella vendetta, indotti dagli estremismi nazionalistici”.

“La cultura è beneficamente contagiosa e permette di riflettere sulla storia per non ricadere negli errori del passato”. In particolare “la cultura è conoscenza. Ma anche coscienza”, ha sottolineato il presidente Mattarella ribadendo, nel contempo, “l’irriducibilità” della cultura “a pretesi stereotipi”. La cultura è “libera da ogni ideologia, mai separata dalla vita quotidiana e dall’insieme dei diritti e dei doveri scanditi dalla Costituzione. Diritti e doveri che ci rendono e ci fanno sentire partecipi della comunità nazionale; cui conferiamo vita con le nostre diversità”.

Nella società odierna, invece, sembrano affermarsi idee e atteggiamenti predatori che ostacolano la pace e il dialogo. “Il fanatismo, religioso o nazionalista, mosso da antistoriche e disumane motivazioni, non tollera non soltanto il diritto ma neppure la presenza dell’altro, del diverso, ritiene di poter imporre la sua visione con la forza, la guerra e la violenza, violando i principi fondamentali del diritto internazionale e della civiltà umana”.

La cultura, che oltre che essere “conoscenza” e anche “coscienza”, che favorisce il progresso e il divenire, “è fatta di rapporti con i Paesi vicini, con gli altri popoli”.

Occorre rimettere il valore persona al centro, favorendo “una civiltà fondata sull’umanesimo – alla base del Rinascimento che rappresenta un periodo glorioso della nostra Storia nazionale – che parla al mondo essendo riuscita a porre alle proprie fondamenta la dignità e la libertà della persona, l’uguaglianza dei diritti, la partecipazione solidale al bene comune”.

La cultura genera quindi civiltà e da ciò deriva un doveroso “appello alla responsabilità”, ha ammonito il capo dello Stato. “Responsabilità di capitalizzare il valore della libertà della cultura oggi e per l’avvenire, insieme alla consapevolezza che si tratta di un patrimonio indivisibile per tutta l’umanità”. Un patrimonio indivisibile come dovrebbe essere anche la libertà. Si tratta di una responsabilità che coinvolge ovviamente gli Stati ma anche le comunità e le singole persone.

Viviamo invece “una stagione difficile, per molti aspetti drammatica, in cui l’uomo sembra, ostinatamente, proteso a distruggere quel che ha costruito, a vilipendere la propria stessa dignità”. In questo contesto, la Storia per l’appunto insegna. Riflettere sugli errori del passato dovrebbe essere la base per vivere meglio il presente e per costruire un futuro migliore.

Responsabilità, impegno e un “concreto esercizio di realismo” sono gli elementi fondamentali per non dimenticare e per favorire la costruzione di una pace duratura che non significa meramente rimuovere le guerre, bensì costruire una “cultura della pace” che non vuol dire semplicemente “invocare la pace”. “Impegnarsi per la pace significa considerare queste guerre una eccezione da rimuovere; e non la regola per il prossimo futuro”, ha affermato il presidente Mattarella riferendosi anche alle guerre che deturpano il nostro presente. “Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità”.

La pace, però “occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti”. Nello stesso tempo “volere la pace non è neutralità o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade: sarebbe ingiusto, e anche piuttosto spregevole”, ammonisce Mattarella.

In sostanza “non è sufficiente far tacere le armi”. Bensì “perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati. Che mette a rischio le sorti dei rispettivi popoli. E mina alle basi una società fondata sul rispetto delle persone”.

È necessario “costruire” la pace” ed “educare alla pace” alimentando il sentimento delle nuove generazioni e delle comunità intere. La pace e la concordia devono rispecchiarsi nei gesti della vita di ogni giorno, Nel linguaggio che si adopera. Pace vuol dire “vivere bene insieme. Rispettandosi, riconoscendo le ragioni dell’altro. Consapevoli che la libertà degli altri completa la nostra libertà”. Si tratta in pratica di instaurare una nuova mentalità, che passa necessariamente attraverso una nuova o rinnovata consapevolezza del significato concreto della parola “pace”.

Il tema della pace sarà anche uno dei pilastri del prossimo G7 – del quale la premier Giorgia Meloni ha presentato l’agenda – insieme a guerre, migrazioni, Africa e intelligenza artificiale. Nello specifico per l’Ucraina, alle porte dell’Europa, la presidente del Consiglio ha sottolineato che si continuerà a “lavorare per la fine della guerra fino ad arrivare ad una pace giusta e duratura”. Senza perdere d’occhio il “conflitto in Medio Oriente” e le “altre crisi all’ordine del giorno”.

“Abbiamo davanti un anno estremamente impegnativo – ha sottolineato la premier Meloni nel suo videomessaggio in cui ha annunciato il G7 – nel quale l’Italia sarà al centro del mondo e gli occhi del mondo saranno su di noi. Abbiamo una grande responsabilità sulle nostre spalle e noi intendiamo onorarla al meglio delle nostre possibilità, dimostrando ancora una volta quanto l’Italia sia capace si tracciare la rotta”.

Per quanto riguarda l’Africa e le migrazioni “centrale” per la presidenza italiana sarà “il rapporto con le nazioni in via di sviluppo” e “con le economie emergenti”. L’obiettivo è “costruire un modello di cooperazione da pari a pari che rifiuta l’approccio predatorio e che sia capace di offrire benefici per tutti”. In questo contesto si inseriscono le questioni migratorie, climatiche, energetiche e della sicurezza alimentare, alle quali Roma conferirà “grande importanza”.

L’intelligenza artificiale, inoltre, “sia incentrata sull’uomo”. Si tratta di una “tecnologia che può generare grandi opportunità ma anche enormi rischi, oltre a incidere sugli equilibri globali”. L’impegno del nostro Paese “è sviluppare meccanismi di governance e fare in modo che l’intelligenza artificiale sia incentrata sull’uomo e controllata dall’uomo”.

L’appuntamento per il G7 – che riunirà i sette leader mondiali e in cui saranno affrontati “temi di importanza strategica per il nostro presente e il nostro futuro” – è dal 13 al 15 luglio in Puglia nella valle d’Itria, “terra avvolta dal Mediterraneo il mare di mezzo nel quale l’Italia ricopre storicamente e culturalmente una posizione centrale e che collega i due grandi spazi marittimi del globo l’Atlantico da una parte l’Indopacifico dall’altro”, ha affermato Meloni spiegando infine il significato del logo ideato per il prossimo G7: insieme al mare nostrum “un altro simbolo della nostra identità, l’ulivo secolare, con le sue radici solide ancorate nella tradizione e con le fronde rigogliose proiettate nel futuro. Tra le fronde ci sono 7 olive che rappresentano le 7 nazioni e la loro cooperazione sulle sfide globali”.

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