Regioni, Ddl Autonomia differenziata

Il Disegno di Legge sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario è definita tecnicamente una legge puramente “procedurale” per attuare la riforma del Titolo V della Costituzione introdotta nel 2001. In undici articoli definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Si tratta di definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata nelle 23 materie indicate nel provvedimento.

Il 2 marzo del 2023 la Conferenza delle Regioni aveva approvato il progetto di legge per l’Autonomia differenziata proposto dal ministro Roberto Calderoli, con parere contrario di quattro regioni: Campania, Puglia, Emilia Romagna e Toscana. Dopo l’approvazione del Senato del 24 gennaio scorso, il ddl Calderoli si avvia alla lettura a Montecitorio con un testo modificato in commissione e in Aula i cui principali punti così riassunti dall‘Agenzia Giornalistica Ansa:

– Le richieste di Autonomia, vengono avviate su iniziativa delle stesse Regioni, sentiti gli Enti locali. 23 materie, tra queste anche la tutela della salute. Ci sono poi, tra le altre, Istruzione, Sport Ambiente, Energia, Trasporti, Cultura e Commercio Estero. Quattrodici sono le materie definite dai Lep (Livelli Essenziali di Prestazione).

– Determinazione Lep, la concessione di una o più “forme di autonomia” è subordinata alla determinazione dei Lep, ovvero i criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito – è specificato nel testo – in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e quindi dei Lep, avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio.

– Principi di trasferimento, l’articolo 4, modificato in Aula al Senato da un emendamento di FdI, stabilisce i princìpi per il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni, precisando che sarà concesso solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Dunque, senza Lep e il loro finanziamento, che dovrà essere esteso anche alle Regioni che non chiederanno la devoluzione, non ci sarà Autonomia.

– Cabina di regia, composta da tutti i ministri competenti, assistita da una segreteria tecnica, collocata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio. Dovrà provvedere a una ricognizione del quadro normativo in relazione a ciascuna funzione amministrativa statale e delle regioni ordinarie, e all’individuazione delle materie o ambiti di materie riferibili ai Lep sui diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale.

– Tempi: il Governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Sato e Regioni, una volta avviata, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi.

– Clausola di salvaguardia, l’undicesimo articolo, inserito in commissione, oltre a estendere la legge anche alle regioni a statuto speciale e le province autonome, reca la clausola di salvaguardia per l’esercizio del potere sostitutivo del governo. L’esecutivo, dunque, può sostituirsi agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni quando si riscontri che gli enti interessati si dimostrino inadempienti, rispetto a trattati internazionali, normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza pubblica e occorra tutelare l’unità giuridica o quella economica. In particolare, si cita la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali.

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