UE, l’Area Schengen si estende

La zona Schengen, cioè quella in cui si può viaggiare senza passaporto, comprende oggi 27 stati; stabilendo l’Area Schengen, nel 1995, i paesi che partecipano hanno abolito anche i controlli nelle frontiere interne dell’Unione. Tutti i cittadini europei possono restare come turisti fino a tre mesi in un altro paese europeo con un documento di identità valido (carta di identità o passaporto) del paese d’origine. Possono anche risiedere e lavorare in un altro paese UE con tutti i diritti dei cittadini del paese ospite. Gli imprenditori beneficiano della libertà di scegliere dove stabilire la propria impresa e gli studenti di scegliere dove studiare. La zona Schengen comprende quasi tutti i paesi membri dell’UE, ogni anno all’interno dell’Area Schengen vengono effettuati più di 1,25 miliardi di viaggi. All’interno dell’Area Schengen I controlli alle frontiere interne sono stati aboliti, ma gli Stati hanno mantenuto il diritto di ripristinarli temporaneamente in caso di gravi minacce all’ordine pubblico o alla sicurezza interna. L’Irlanda ha optato per restarne fuori e per mantenere la propria area di libera circolazione con il Regno Unito; anche quattro stati non membri dell’Unione fanno parte dell’Area Schengen: Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein.

L’Area Schengen è stata sottoposta a stress nell’ultimo decennio a causa delle successive crisi, secondo le norme Schengen, la reintroduzione dei controlli alle frontiere interne dovrebbe essere una misura temporanea ed eccezionale. Dal 2015, a seguito della crisi migratoria e dell’intensificarsi di minacce terroristiche, alcuni Stati hanno deciso di reintrodurre tali controlli in alcuni casi estendendoli; a maggio 2018, nella relazione sul funzionamento dell’area di libera circolazione, gli eurodeputati hanno lanciato un’allerta sullo stato del sistema Schengen, sottoposto a una “enorme pressione”. Nel 2020 anche la pandemia del coronavirus ha spinto molti Stati membri dell’UE, nel tentativo di contenere la propagazione del virus a limitare la libera circolazione. Nel dicembre 2021, la Commissione europea ha proposto una revisione delle regole sull’Area Schengen, miranti a garantire l’impiego dei controlli alle frontiere come ultima risorsa e a promuovere misure alternative come controlli mirati e maggiore cooperazione fra gli organi di polizia. A seguito dell’esame di tale proposta il Parlamento europeo ha approvato la propria posizione negoziale il 20 settembre 2023, decidendo di avviare i negoziati con il Consiglio. Gli eurodeputati si sono ripetutamente opposti alla reintroduzione dei controlli, che ostacolano la libera circolazione delle persone nell’UE.

I controlli alle frontiere ostacolano la libera circolazione di persone, merci e servizi in tutta l’UE e hanno un impatto negativo principalmente sul settore del trasporto transfrontaliero di merci e del turismo e sui lavoratori: sono infatti 1,7 milioni i lavoratori europei che tutti i giorni attraversano una frontiera per andare al lavoro. Il mantenimento dei controlli comporta per il settore pubblico dei costi amministrativi e relativi alle infrastrutture. Su un periodo di due anni il costo è stimato a 25-50 miliardi di euro di costi di attuazione e a due miliardi all’anno di costi operativi. Attualmente, per Cipro è in corso un processo di valutazione al fine di determinare la sua idoneità all’adesione all’Area Schengen. Il 10 novembre 2022, il Parlamento ha approvato l’adesione della Croazia all’area di libera circolazione. Il 1° gennaio 2023 la Croazia è entrata a far parte dell’Area Schengen. Il 30 dicembre 2023, i paesi dell’Unione Europea hanno deciso all’unanimità di dare il via libera alla rimozione dei controlli alle frontiere con la Bulgaria e la Romania alle frontiere interne dell’UE a partire dal 31 marzo 2024. I colloqui sulla soppressione dei controlli alle frontiere terrestri sono previsti per continuare nel corso del 2024.

I paesi compresi all’interno della zona Schengen devono prendersi la responsabilità di controllare le frontiere esterne dell’UE; devono applicare le regole comuni di Schengen, come il controllo dello spazio aereo, terrestre e marittimo e rilasciare visti secondo un sistema uniforme al fine di garantire un elevato livello di sicurezza all’interno dell’Area Schengen, le forze di polizia e di frontiera degli Stati membri facenti parte dell’Area devono cooperare e devono connettersi e utilizzare il Sistema d’informazione Schengen (SIS). La creazione dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera mira a rafforzare ulteriormente la sorveglianza sulle frontiere esterne dell’Unione europea mentre l’ampliamento dei poteri dell’Europol offre più armi alla lotta al terrorismo.

Carlos Coelho, deputato portoghese del Partito popolare europeo ha dichiarato: “I governi nazionali hanno fatto di Schengen il capro espiatorio dei fallimenti delle politiche di sicurezza e della debolezza del sistema europeo comune di asilo. Eppure, Schengen non è il problema ma la soluzione. Fare della facile retorica contro la libera circolazione potrebbe distruggere il sistema Schengen, unico nel suo genere. Se Schengen muore, l’Europa dei cittadini che abbiamo oggi svanirà“. Il deputato romeno dei Socialisti e Democratici Emilian Pavel ha dichiarato che “Prolungare questa situazione di incertezza dà un’immagine negativa dell’Unione europea, perché veniamo trattati come cittadini di serie B”. Il collega bulgaro, Emil Radev, del Partito popolare europeo ha aggiunto: “La Commissione europea ha detto ripetutamente che Romania e Bulgaria hanno rispettato tutti i criteri tecnici. Ma visto che alcuni paesi si oppongono, non siamo membri. È triste lasciare che la politica prevalga sulle regole.”. Il compatriota e collega di partito Asim Ademov ha parlato di “Mancanza di solidarietà e di doppi standard”.

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