Menzogne e tiepidezza

Ci possono essere ragioni per criticare Giorgia Meloni e la sua azione di governo, ma farlo sulle chiacchiere è indegno di politici seri.

Esempi: gli attacchi per la tragedia di Cutro, in cui il Capo del Governo non c’entra proprio; o l’accusa sinistroide di un “flop” al Consiglio Europeo. Malafede, perché il Consiglio ha stabilito, in materia di politica economica e di migrazioni, principi da sempre invocati dalla sinistra, e solo chi ignora che le cose in Europa vanno avanti passo a passo, con la difficoltà insita nel mettere d’accordo Paesi distanti tra di loro e con interessi non sempre convergenti, può esigere svolte repentine che nessun governo italiano, fino a Draghi, era riuscito neppure ad avviare.

Ma la menzogna più clamorosa sta nell’attaccare la Meloni per la frase usata a proposito delle Fosse Ardeatine, quando ha detto che i poveri uccisi lo furono “perché italiani”. Apriti cielo! La solita, inguaribile sinistra ha proclamato che erano stati uccisi perché antifascisti, e persino un giornale autorevole come La Repubblica ha potuto intitolare: “Meloni riscrive la storia”.

E allora ricordiamoci la storia (io avevo nove anni all’epoca e la ricordo come oggi). Dei vigliacchi misero una bomba in un cassone della spazzatura al passaggio di un drappello tedesco in Via Rasella, a Roma. Dico vigliacchi, perché i veri partigiani combattevano l’invasore rischiando ogni giorno la pelle e molti furono trucidati dai nazisti. Ma quelli di via Rasella colpirono nell’ombra e mai si sono fatti avanti per dichiararsi colpevoli, anche quando la furia tedesca si era scatenata. Hitler ordinò una rappresaglia feroce contro gli italiani e un giovane ufficiale delle SS Priebke, fu incaricato di redigere la lista delle persone da fucilare. Ovviamente, cercò di scegliere gli oppositori del Regime e pescò soprattutto tra i reclusi politici, e poi andò oltre. Morirono anche professionisti che non facevano politica, ebrei e anche un sacerdote, scelto non perché antifascista, ma perché aveva dato rifugio nella canonica a ebrei e rifugiati politici. Quindi: è verissimo che furono massacrati soprattutto antifascisti, ma è vero anche che la rappresaglia fu ordinata e compiuta contro italiani in quanto tali. La Meloni non ha inventato nulla, al massimo ha presentato un lato della storia.

Altra spudorata menzogna l’ha detta Giuseppe Conte alla Camera, accusando la Meloni di “star portando l’Italia alla guerra” con la fornitura di armi a Kiev. Accusa del tutto ridicola: figurarsi se sono un po’ di mitragliatrici e sistemi antiaerei a portare la Russia in guerra contro di noi! Il governo sta facendo quello che fanno tutti i nostri alleati e partner (vedi i molti paragrafi dedicati dal Consiglio Europeo all’Ucraina). Ma non c’è da stupirsi: Conte è un opportunista voltagabbana, pronto a vendersi al migliore offerente pur di raccogliere qualche voto a qualche applauso. I russi continuano a massacrare innocenti e a radete al suolo città intere, Putin è accusato ufficialmente per la deportazione di bambini, gli ucraini combattono da veri eroi e Conte chi accusa? Giorgia Meloni!

Affine alle menzogne c’è, però, purtroppo, la tiepidezza, la finta equidistanza, che in realtà occulta un viscerale filo-puntinismo. È doloroso, per un cattolico, riconoscerla nel Papa, che dovrebbe essere sempre e in tutto la guida del retto pensiero. Pio XII, un grande Papa, fu accusato di simpatie per il Nazismo per non aver denunciato ad alta voce i crimini verso gli ebrei. Pio XII aveva almeno una ragione: non esporre alle rappresaglie nazista milioni di cattolici viventi nei Paesi occupati dai tedeschi. Ma Francesco, quali ragioni ha? Ascolto sempre con rispetto le sue udienze del mercoledì. Ogni volta piange sullo sventurato popolo ucraino e invoca la pace. Ma mai ha denunciato chiaramente l’aggressore, mai pronunciato il nome “Putin” o “Russia”.

Le sue parole non cambierebbero certo il corso della guerra ma sarebbero un luminoso faro per tanti cattolici che, in Italia e altrove, albergano dubbi. Non le ha dette e non le dirà. In una lunga intervista concessa alla corrispondente di un grande giornale argentino, che ritornava dall’Ucraina e testimoniava gli orrori che aveva visto, e chiedeva al Papa se non si potesse parlare di genocidio, Francesco ha risposto, pilatescamente “Il termine genocidio è un tecnicismo”. E, richiesto se pensasse di andare in visita a Kiev, ha risposto “Si, se posso andare anche a Mosca”, venendo meno al suo dovere evangelico, che non è di fare il diplomatico mediatore, ma di portare conforto a chi soffre. Del resto, parlando di Putin in una precedente intervista, aveva detto che il Presidente russo è “un uomo molto colto”, con cui si può parlare di tutto, anche di letteratura! Se non lo avessi letto con i miei occhi, non ci crederei!

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