Le bugie di Putin

La visita di Biden a Kiev è naturalmente l’evento centrale di questi giorni, ma il viaggio di Giorgia Meloni in Polonia e Ucraina è un fatto politicamente importante, innanzitutto per l’Italia. Viene dopo i deliri di Berlusconi e i tentennamenti di Salvini e conferma che la Presidente del Consiglio è una persona seria e risoluta. Le cose che ha detto a Varsavia, qualificando la Polonia come confine ultimo del mondo libero, e ancora di più quelle che ha detto a Kiev e Irpin, la sua netta definizione di Putin come aggressore, la sua commozione per un popolo che “lotta per la sua libertà”. Che lezione per certi nostri squallidi politicanti!

Nobile e alto anche il discorso di Biden a Varsavia, anche se non ha detto nulla di nuovo rispetto all’impegno scontato (e vitale) per la libertà dell’Europa.

Per contrasto, il tanto atteso discorso di Putin è stato il solito tessuto di propaganda e menzogne che “The Guardian” ha giustamente definito orwelliane. È evidente che, ordinando l’invasione dell’Ucraina un anno fa, Putin ha commesso uno spaventoso errore di calcolo e oggi il suo problema è mantenere dalla sua parte l’opinione pubblica russa e giustificare la perdita di migliaia di uomini e di enormi quantità di mezzi, mentre gli uraniani – giudicati deboli – continuano a combattere e l’Occidente, che si immaginava diviso, è sostanzialmente compatto nella NATO, che anzi ha avuto dall’aggressione all’Ucraina una ragione per rivivere.

Per riuscire a ingannare il suo popolo, Putin ha dovuto ricorrere alle solite bugie: la guerra (parola che peraltro non è permesso usare in Russia) l’ha voluta e provocata l’Occidente, che vuole distruggere in permanenza la Russia e schiavizzare l’Ucraina! Nel romanzo 1984 di George Orwell ci sono vari esempi di controverità. Il più celebre è che “la libertà è schiavitù”. Non sono mancati neppure i soliti attacchi alla decadenza morale che starebbe portando l’Occidente al disastro; un richiamo sempre utile per corteggiare i favori dei dinosauri della Chiesa ortodossa (e non solo). Anche l’annuncio della sospensione dell’Accordo START III fa parte dell’arsenale propagandistico del Cremlino, diretto a impaurire il mondo con la prospettiva di uno scontro nucleare che, Putin è il primo a saperlo, distruggerebbe anche la Russia.

Gli accordi START – che riguardano la riduzione delle testate nucleari e dei vettori balistici – sono iniziati al tempo di Bush senior e Gorbachev. START III è stato firmato da Obama e Medvedev (cioè Putin) nel 2009 e prevede una riduzione delle testate nucleari a 1550 per ciascuno ed era in scadenza. Già Trump lo aveva messo in pericolo, esigendo la partecipazione della Cina, che si rifiutava, ma l’Amministrazione Biden, prima dell’aggressione all’Ucraina, aveva avviato negoziati con Mosca per la riconferma.

Uscire dal Trattato è una mossa stupida, perché ridare piena libertà di riarmo nucleari non può certamente spaventare gli Stati Uniti che sono grandi il doppio, e ricchi almeno cinque volte di più della Russia. Se è così che Mosca pensa di vincere la non-guerra e di intimidire Washington, penso sta compiendo un altro fatale errore.

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