Festival, voto 6-

È finito il Festival di Sanremo. O almeno è finita la gara. Da oggi in poi fino a sfinimento ci saranno intere trasmissioni su di lui e i suoi protagonisti. Talk show dove gente informata dei fatti, a me del tutto sconosciuta (confesso), sciorinerà gossip e analisi sui partecipanti tralasciando in ultimo sempre lei, la canzone. Brutta, questo giro la musica; testi incomprensibili senza minimamente poesia e urla di qua e urla di là. Nemmeno i vestiti hanno creato scompiglio; forse la ragazzina milanese è stata la più trasgressiva. Gli altri erano brutti, inutili e banali tranne forse uno o due.

Insomma, un Festival da voto appena sufficiente. C’è stata pure la parentesi omo così siamo in pari; un cantante che bacia un altro cantante dello stesso sesso. Sai che novità. Vabbè tralascio il cretino che ha rotto l’allestimento perché penso si possa proprio dimenticarlo e sperare che ritorni a scuola e almeno diventi – che so? – ragioniere.

La città strapiena; bar e ristoranti a pieno ritmo e strade affollatissime dove addirittura avevano messo sensi di marcia obbligatori. Poi, stuoli di giovani ad aspettare sotto gli alberghi che si palesassero i Vip. Un indotto per la città di Sanremo davvero straordinario. Bei soldoni. E Sanremo la merita tutta questa fama. All’estero la conoscono tutti. Mi è capitato di parlare di Genova per spiegare a volte la Liguria a stranieri e nessuno capiva di cosa si parlasse. Poi dicevi Sanremo e tutti si illuminavano. Oh yes, Sanremo e magari cominciavano a cantare. Un posto bellissimo con un grandissimo gap. Arrivarci è il viaggio della speranza. Volare su Genova significa fare poi 150 km di un’autostrada che non si sa mai se è libera, non libera con lavori etc. Oppure su Nizza più comodo ma più caro. Ma la chicca è il treno. Trenitalia si dovrebbe vergognare delle sue Frecce bianche dove un bagno su tre è rotto e dove il distributore di bevande si rompe ogni 5 minuti. Ma il meglio poi è la tratta su binario unico dove davvero ti ritornano in mente ancestrali bestemmie all’annuncio siamo fermi in attesa che passi un treno perché il binario è “prego passo io, no prego passi lei”.

Uno sfacelo una vergogna. Un posto come Sanremo conosciuto al mondo abbandonato dalle ferrovie. Ma questi non si vergognano? Invece di potenziare le Frecce rosse e farci andare a Milano in sempre meno tempo potrebbero davvero migliorare un servizio che è rimasto agli anni Sessanta.

E comunque, per tornare al Festival, secondo me hanno vinto gli outfit di Gianni Morandi e qualche giacca di Amadeus. E poi lui, il re dell’ironia, Fiorello. Senza di lui calma piatta, battute antiche e risate di circostanza. Il festival è morto, viva il festival.

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