Prometeia, Rapporto sul futuro dell’economia

E’ stato presentato il Rapporto di Previsione Prometeia dicembre 2022 a cura di Lorenzo Forni, Stefania Tomasini e Lorena Vincenti, con gli insight di Pierpaolo Benigno (University of Bern) e Marco Leonardi (Università degli Studi di Milano).

Le misure espansive messe in atto nel 2020-2021 hanno accresciuto i depositi delle famiglie vantando un moltiplicatore dei consumi molto basso andando più in risparmio che in spese. Nel 2022, con la fine dell’emergenza pandemica, sono calati i depositi e sono ripresi i consumi, parte dei risparmi sono andati in spese energetiche, ma per il 2023 si attende ancora una inflazione alta proseguendo il trend del 2022. I salari saranno erosi dall’inflazione, non temperata da pari aumenti contrattuali, mentre i tassi di interesse continueranno a salire. Non siamo di fronte allo scenario 2008, il sistema bancario è decisamente più solido e la disponibilità di liquidità rimane alta. Se lo spread non ha dato particolari problemi, il termine dei due principali programmi di acquisto titoli da parte della BCE porrà il problema di sostituire le sottoscrizioni della Banca Centrale con altri investitori.

Riguardo le fonti energetiche, si rileva che nel 2022 i consumi sono rimasti allineati al 2021, ma non è calato l’uso di gas, mentre è scesa la produzione di energia da fonti rinnovabili, la siccità ha fatto scendere l’idroelettrico comportando un maggiore acquisto di gas, carbone e petrolio. Gli investimenti sulle rinnovabili non hanno visto incrementi apprezzabili, ma le temperature mediamente più alte e le indicazioni europee sul risparmio energetico hanno inciso sulla domanda. Il PNRR stanzia molto poco per l’eolico, appena € 0,7 mld, in misura maggiore per il fotovoltaico arrivando a € 4,6 mld, ma l’investimento totale resta modesto in assoluto.

L’inflazione tende a stabilizzarsi e scendere negli Stati Uniti, ma resta alta in Europa, mentre la ripresa vede un pil in crescita sostenuta negli Stati Uniti e Cina, e meno contratto del previsto nella UE. Anche il costo dei trasporti internazionali è rientrato nella normalità con il baltic dry index tornato ai livelli pre-pandemici. Non sono tutte rose, la produzione industriale è ferma nei trimestri centrali del 2022, mentre il commercio mondiale ha subito una forte contrazione in tutte le aree nel 4° trimestre. Tornando all’inflazione statunitense, la discesa dei prezzi legati alle abitazioni non si è ancora riflessa pienamente nel paniere dei beni al consumo, scontando una vischiosità nella traslazione attorno ai 20 mesi. Si prevede quindi un’inflazione negli Stati Uniti ancora alta e che scenderà solo verso la fine del 2023, inizio 2024. Negli Stati Uniti persiste un disequilibrio nel mercato del lavoro, con una prevalenza della domanda rispetto all’offerta pari a 4.000.000 di posti di lavoro, malgrado la disoccupazione strutturale e quella dovuta alle professionalità, ma questo ha portato a un aumento dei salari del 5-6% a vantaggio delle fasce di lavoratori a basso livello di scolarizzazione. Pur sei i mercati prevedono una discesa dei tassi FED già nel 2023, Prometeia ha questa previsione solo nei primi mesi del 2024. L’allentamento delle norme covid in Cina potrebbe fare ripartire l’economia cinese con il rischio di aumentare la domanda di materie prime e interrompere quindi l’aggiustamento dei prezzi verso il basso attualmente in corso.

Per quanto riguarda l’Italia viene sottolineato come si sia in presenza di un’inflazione particolare che va a colpire i quintili di reddito più bassi delle famiglie, che destinano una quota maggiore di reddito ai consumi, arrivando al 18,4% per il quintile a reddito più basso contro un 9,9% per quello più alto. Questo fenomeno si riflette anche sulla ricchezza finanziaria, colpendo con un calo del -9,2% le famiglie meno abbienti, limitandosi a un -6,8% per le più ricche. La reazione attesa è che le famiglie a reddito più basso riducano i consumi non essenziali; quella della classe media riallochino il proprio paniere di spesa utilizzando meno energia e rivolgendosi a canali distributivi con prezzi inferiori; le famiglie agiate ridurranno la loro propensione al risparmio. D’altra parte, la forma asimmetrica della crisi attuale fa intravedere più una stagnazione, che una recessione vera e propria. Non secondario è notare come la curva di partecipazione al lavoro italiano è inferiore a quella di Germania, Francia e Spagna, a parte la minore, cronica, partecipazione femminile, è calato il bacino 18-65 anni, ovvero la curva demografica sta già innescando fenomeni negativi sull’offerta di lavoro.

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