Camera di Consiglio

LA CASSAZIONE RITORNA SUL MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI – Con una recentissima sentenza, la Corte di Cassazione è tornata sul diritto al mantenimento del figlio maggiorenne. Da una parte, infatti, per i figli vi è il diritto di essere educati, mantenuti, istruiti dai genitori secondo le proprie aspirazioni e capacità; d’altra parte, il diritto all’essere mantenuti non può esistere “sempre e per sempre”.

Il problema resta quello di determinare quando un figlio possa definirsi economicamente autosufficiente. Secondo il Codice Civile, il figlio non autonomo “può” essere destinatario di un assegno periodico da parte del genitore. Tale decisone è rimessa al Giudice, che dovrà vagliare ogni caso concreto; tuttavia, non è tollerato dall’Ordinamento che i figli giungano ad una sorta di parassitismo nei confronti dei genitori, che saranno sempre più anziani.

Già nel 2020 la Suprema Corte aveva sancito che, a differenza del passato, il riferimento per ritenere il figlio autosufficiente dal punto di vista economico non poteva più rappresentare la sua capacità di provvedere a sé stesso con appropriata collocazione nel corpo sociale, alla luce del peggioramento della situazione del mercato del lavoro, sempre più precario. Pertanto, anche l’età avanzata del figlio avrebbe potuto divenire un criterio determinante. Ritenere che un figlio abbia diritto ad un impiego all’altezza della sua professionalità ed idoneo allo stesso tempo a garantire una appropriata collocazione nel contesto economico – sociale di riferimento, adeguato alle sue aspirazioni può valere in un mondo ideale. Inoltre, il diritto al mantenimento doveva essere contemperato con il principio di autoresponsabilità del figlio.

Con sentenza dei primi di ottobre, la Corte veniva chiamata a decidere circa la “sorte” della richiesta avanzata da un padre che aveva si era visto respingere in appello la richiesta di revocare la sentenza resa in seno alla modifica delle condizioni di divorzio, chiedendo la revoca la revoca dell’assegno di mantenimento in favore della figlia trentenne, la quale lavorava saltuariamente senza contratti veri e propri.

Ancora riprendendo il principio della autoresponsabilità, la Corte accoglieva il ricorso del padre, sostenendo che la precarietà della situazione lavorativa della figlia non potesse ancora ricadere integralmente sul padre, sul quale rimaneva, in ogni caso, un’obbligazione alimentare, non potendosi affermare, nel caso di specie, che la stessa fosse economicamente autosufficiente.

Secondo la Cassazione, infatti, il figlio di genitori divorziati, che abbia superato di molto la maggiore età e che, tuttavia, non sia riuscito a reperire un’occupazione lavorativa tale da garantirgli l’autosufficienza economica e, dunque, un’esistenza dignitosa, deve comunque cercare di far fronte alla propria situazione con l’ausilio di tutti i mezzi disponibili, anche con l’utilizzo di strumenti di dimensione sociale per porvi rimedio.

Ancora, dunque, il figlio deve cercare di essere responsabile, anche di fronte ad una posizione precaria.

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