Club 27: il complesso musicale che ci manca

Avrebbe compiuto 55 anni proprio oggi Kurt Cobain, chitarrista e frontman del gruppo grunge Nirvana; invece, il 5 aprile 1994 (data stabilita dall’autopsia), l’artista statunitense morì suicida andando ad aggiungersi al cosiddetto Club 27, artisti deceduti a questa ancora giovanissima età per le più svariate cause anche se alcool e droga sembrano quelle dominanti.

Questo particolare “Club” comprende un numero non certo irrisorio di appartenenti se consideriamo che sulla pagina Wikipedia in inglese (fonte che per questa tipologia di argomenti possiamo considerare affidabile) troviamo 63 nomi contro i 23 della versione in italiano (ciò a dimostrazione dell’inaffidabilità della “Enciclopedia Collaborativa” come fonte di informazione). Ad inaugurare la lista, nella versione inglese, Alexandre Levy, pianista e compositore brasiliano mentre nella pagina in italiano il primo è il cantante blues Robert Leroy Johnson di cui possiamo trovare anche in internet la sua “Me and the devil blues”, canzone che, secondo l’immancabile teoria del complotto, sarebbe la prova di come questi artisti avrebbero stretto un patto con il diavolo per avere successo. Sembra lo stesso Johnson abbia contribuito a tenere viva la leggenda.

Quando morì, Cobain era già in buona compagnia e, così quando muore un calciatore si parla di “nazionale del Cielo”, è andato ad esibirsi raggiungendo altri grandi artisti su un palco che vede alla chitarra Brian Jones, uno dei membri originali dei Rolling Stones e Jimy Hendrix (1970), ritenuto il migliore di sempre con questo strumento. Le cause ufficiali della morte di entrambi sembrerebbero all’apparenza quasi “ordinarie”: affogato in piscina Jones e un’asfissia per Hendrix, ma alla base di entrambi i decessi troviamo l’abuso di droghe e alcool. La morte di Jones nel luglio del 1969, pochi giorni prima del concerto di Woodstock, giunge alla fine di un decennio musicalmente irripetibile.

Il 1970 vede l’ingresso nella band della prima voce femminile: Janis Joplin muore nell’ottobre di quell’anno per overdose di droga, verosimilmente eroina, dopo aver stupito il mondo con delle performance strepitose come quella del concerto di Monterey dove era ad ammirarla, mescolata nel pubblico, Mama Cass, membro dei Mamas and Papas, un gruppo che era in quegli anni all’apice del successo. L’espressione della cantante che ammirava Janis Joplin è forse una delle più belle immagini della storia del rock e il dovuto riconoscimento ad una grandissima artista. Nel 1971 la band trova la sua voce maschile: il cantante dei Doors Jim Morrison muore ufficialmente per arresto cardiaco e il mondo perde una delle voci inserite dalla rivista specializzata Rollin Stone tra le cento migliori di sempre.

Alla Joplin si è aggiunta molti anni dopo, a sempre troppo presto per noi, un’altra grandissima voce, quella di Amy Winehouse nel 2011. Anche per lei i ventisette anni sono stati fatali quando, ufficialmente, una dose massiccia di alcool la stroncò dopo che aveva già combattuto con la dipendenza parlandone anche in uno dei suoi brani più celebri, “Rehab”.

Quelli qui elencati fino ad ora sono solo alcuni dei nomi di questi cantanti che hanno visto le loro carriere, brevi e di successo, distrutte da una vita a dir poco sregolata ben oltre quella spericolata del nostrano Vasco Rossi. L’ultimo in ordine di tempo ad aggiungersi al gruppo nel 1990 è stato Benjamin Keough, nipote di Elvis Presley e, anche lui come il nonno musicista anche se non ha avuto il successo del nonno.

La leggenda del Club 27 è stata probabilmente creata grazie alla stampa che si torvò di fronte alla morte di quattro cantanti sulla breccia tra il 1969 ed il 1971. Il fenomeno è stato anche oggetto di studi e ben due prestigiose testate hanno pubblicato i risultati. Il British Medical Journal nel 2011 ha rilevato come non vi sia aumento nel rischio di morte per gli artisti di 27 anni mentre il quotidiano The Independent nel 2015 ha fornito prove statistiche che non aumentano le probabilità di morire a 27 anni per i cantanti più popolari.

In tutto ciò, oltre alla tristezza per avere perso dei protagonisti della musica, viene da chiedersi che cosa sarebbe potuto accadere e che cosa avrebbero prodotto se le loro carriere si fossero protratte.

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