Cronache dai Palazzi

“Questo governo va avanti”, ne è convinto il premier Mario Draghi che respinge con fermezza le provocazioni di coloro che vorrebbero indagare sul futuro dell’esecutivo sia alla luce delle divisioni all’interno della maggioranza sia in vista delle elezioni per il Quirinale.

Green pass, obbligo vaccinale, terza dose, scuole da riaprire “in presenza e in sicurezza”, attacchi no vax contro operatori sanitari e operatori dell’informazione, il presidente del Consiglio difende a spada tratta l’operato del suo governo e sottolinea: “Quest’estate non abbiamo passeggiato”.

“Voglio esprimere solidarietà piena a tutti coloro che sono stati oggetto di violenza da parte dei no vax – ha affermato il premier Draghi – una violenza particolarmente odiosa e vigliacca quando fatta nei confronti di chi fa informazione e di chi è in prima linea a combattere la pandemia”. E per quanto riguarda l’obbligo vaccinale Draghi non lo esclude e passa la palla al ministro della Salute, Roberto Speranza, il quale ribadisce: “L’obbligo vaccinale è già disposto da una norma primaria per quanto riguarda il personale sanitario, quindi in realtà è già applicato ad un pezzo della nostra società”. L’estensione della certificazione verde è quindi un primo passo verso una campagna vaccinale che si prevede essere sempre più incisiva e determinata, con l’unico obiettivo di mettere in sicurezza il Paese. Nello specifico la prossima settimana una cabina di regia ad hoc dovrà decidere “esattamente quali sono i settori” ai quali verrà esteso il green pass, tra cui la Pubblica Amministrazione: il passaporto di immunità obbligatorio sembra sarà imposto con un nuovo decreto.

“Il punto non è il se ma il quando e per chi. Il ministro Speranza ed io ne stiamo discutendo – ha dichiarato il premier Draghi -, l’orientamento è che l’uso del green pass verrà esteso”. Confermando la tabella di marcia, Draghi ha aggiunto: “Faremo una cabina di regia come ha chiesto il senatore Salvini, ma la direzione di marcia è quella”. Tutto ciò nonostante il parere contrario della Lega per quanto riguarda un green pass obbligatorio. La certificazione dei lavoratori coinvolgerà il personale di ristoranti, palestre, sale per gli spettacoli, treni a lunga percorrenza, navi e aerei, per poi arrivare al settore pubblico e alle aziende private. Nello specifico l’obbligo di green pass per i dipendenti pubblici potrebbe essere inserito nel decreto legge green pass approvato in Consiglio dei ministri a inizio agosto e ora in commissione Affari sociali alla Camera. L’introduzione della certificazione verde e il rientro in ufficio prima della fine dello stato di emergenza (termine fissato al 31 dicembre) sono due priorità ribadite anche dal ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta.

Il percorso sembra essere definito anche se le date di entrata in vigore delle nuove misure potrebbero essere diverse per i diversi settori. La contrattazione dei sindacati rappresenta un tassello fondamentale e determinerà il risultato finale. I tempi non possono comunque essere molto lunghi, il governo mira infatti ad avere una bozza di testo almeno per metà settembre, per poterne poi discutere con le parti in causa e raggiungere magari un accordo entro metà ottobre.

A proposito di terza dose Speranza spiega: “Entro fine settembre o anche prima partiremo con le persone ultrafragili e gli immunodepressi, poi si passerà alle altre categorie”.

Un altro obiettivo fondamentale sono le scuole affinché i ragazzi rientrino in classe “in sicurezza”. Il premier si dichiara comunque soddisfatto in quanto “la campagna vaccinale è stata abbracciata con grande entusiasmo dai giovani” e anche perché “il 91,5 per cento degli insegnanti ha ricevuto almeno una dose di vaccino”. Il quadro generale appare tutto sommato positivo e sembra siano state valutate tutte le problematiche per “affrontare con una certa tranquillità e con minore incertezza dell’anno scorso l’apertura delle scuole. La scuola in presenza è sempre stata una priorità”, ha ribadito il premier.

Gli argomenti che il governo ha sul tavolo sono anche altri, “dalla concorrenza al fisco, sotto forma di legge delega”. Temi caldi ai quali si aggiunge ovviamente il problema del lavoro e quindi anche ammortizzatori sociali, pensioni e quota 100 e di fondamentale importanza sono le politiche attive del lavoro. Nella pratica “molti settori dovranno ristrutturarsi” e il governo dovrà assumere “una visione industriale che permetta di riaddestrare i lavoratori”. In generale il mercato del lavoro è in ripresa ma vi sono comunque determinate “situazioni riprovevoli” che occorre affrontare “caso per caso”, tra cui le delocalizzazioni sulle quali il premier assicura: “Ci stiamo lavorando parecchio anche in estate, è una norma complessa perché deve essere efficace e realistica”. Nel momento in cui si raggiungerà un accordo all’interno della maggioranza di governo, la norma verrà condivisa “con Confindustria e le parti sociali”. Nonostante un quadro in netto miglioramento – l’economia “continua a crescere, molto più delle aspettative” e si tratta di “cifre alte” che rappresentano un forte “incoraggiamento” – il presidente del Consiglio Draghi contiene l’entusiasmo sottolineando che “siamo caduti in maniera che non si vedeva da decenni nel 2020, è in parte un gran rimbalzo che sta accadendo in tutti i Paesi. La vera sfida sarà mantenere il tasso di crescita più elevato di quanto fosse prima della pandemia”.

Le prossime sfide abbracciano anche il settore internazionale ed europeo, in particolare a ridosso della crisi afghana. Dopo “la straordinaria opera di evacuazione” messa in atto anche grazie alle forze militari della Difesa italiana, occorre ora individuare e seguire un percorso speciale per supportare il popolo afghano.

Molto critico nei confronti dei 27 Paesi membri, il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, ha dichiarato: “Siamo rimasti molto delusi dalle conclusioni del Consiglio Affari interni. Abbiamo visto Paesi fuori dall’Ue farsi avanti per offrire accoglienza ai richiedenti asilo afghani, ma non abbiamo visto un solo Paese membro fare altrettanto”. Sulla stessa lunghezza d’onda il premier Draghi che ha sottolineato come non si possa rimanere indifferenti “davanti a una tragedia immane”.

L’intera Europa dovrebbe comunque assumere un atteggiamento più concreto e risolutivo in questo contesto, mentre si è rivelata “abbastanza assente”. Il dramma afghano rappresenta una sorta di cartina di tornasole che porta alla luce la “povertà” di azione dell’Unione europea per quanto riguarda i flussi di immigrazione, ciò che per il premier Draghi rappresenta “una spina nella stessa esistenza della Ue”. Alla luce delle suddette necessità, durante il meeting tra i ministri degli Esteri Ue in Slovenia è emersa, come ha affermato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, “una linea chiara e comune dei 27” nei confronti del regime talebano, linea esplicata in cinque priorità fondamentali: “Contrastare la proliferazione del terrorismo; tutelare i diritti umani, in particolare delle donne; formare un governo ‘inclusivo’ a Kabul; garantire un pieno accesso al Paese delle agenzie umanitarie; permettere ai cittadini afghani che lo vogliano di andare via attraverso ‘un passaggio sicuro’”.

Il ministro degli Esteri Di Maio, impegnato in una missione tra Qatar, Uzbekistan, Tagikistan e Pakistan, ha dichiarato: “L’obiettivo del mio viaggio è, come Italia, valutare come aiutare il popolo afghano e i Paesi confinanti in modo da poter gestire in loco i flussi migratori”. In definitiva “dobbiamo evitare un esodo di massa dall’Afghanistan ‘verso i Paesi dell’Europa’”, ha spiegato Di Maio, tutto ciò con il supporto della comunità internazionale “sostenendo i progetti Onu e anche i progetti italiani di cooperazione”.

In definitiva l’Unione europea “dovrà necessariamente essere presente in Afghanistan e nella regione per tutelare il popolo afghano e per tutelare anche gli interessi dei Paesi limitrofi che si preparano a gestire una crisi molto complicata e che non possono essere lasciati soli”, ha ammonito Di Maio. L’’aiuto europeo sarà inoltre direttamente proporzionale al rispetto delle cinque priorità fondamentali enunciate in precedenza. Lo ha sottolineato in un tweet anche l’Altro rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “La misura dell’impegno dell’Unione europea con i nuovi detentori del potere afghani, compresa la cooperazione allo sviluppo, dipenderà dal rispetto delle condizioni e delle priorità stabilite: l’Afghanistan non deve diventare una base per il terrorismo; deve essere assicurato il rispetto dei diritti fondamentali tra cui la libertà delle donne e dei mezzi di informazione; deve essere garantito lo Stato di diritto, favorendo inoltre la formazione di un governo inclusivo. Deve essere assicurato il libero accesso per gli aiuti umanitari ed infine coloro che nel proprio Paese si sentono minacciati e in pericolo possono poter andare via senza subire ritorsioni. Progetti di cooperazione e sviluppo con Uzbekistan, Tagikistan e Pakistan e con altri Paesi del quadrante afghano si riveleranno fondamentali nei prossimi mesi e nei prossimi anni per gestire le migliaia di cittadini afghani che vorranno allontanarsi dalla loro terra di origine presa in ostaggio dai talebani.

Dopo l’assemblea Onu di fine settembre, il premier Draghi ha annunciato un G20 straordinario in ottobre, vertice sostenuto anche dal presidente francese Macron e che avrà l’obiettivo di coinvolgere Russia e Cina. Nel frattempo a Marsiglia Draghi e Macron hanno rafforzato l’Asse italo-francese anche per quanto riguarda la gestione della questione libica e la firma, entro fine anno, del Trattato del Quirinale per una cooperazione più forte tra Francia e Italia.

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