Cronache dai Palazzi

Anticipato il termine del 31 agosto per portare a termine l’evacuazione dei nostri connazionali e dei civili afghani che hanno collaborato con i vari Paesi occidentali, in particolare nel corso degli ultimi vent’anni dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York l’11 settembre 2001.

“Tutti gli italiani che volevano essere evacuati sono stati evacuati dall’Afghanistan assieme a circa 4.900 cittadini afghani”, ha dichiarato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che su Facebook ha aggiunto: “È partito da Kabul il volo dell’Aeronautica Militare che riporterà in Italia, oltre ai civili afghani, anche il nostro console Tommaso Claudi, l’ambasciatore Pontecorvo e i Carabinieri del Tuscania che erano rimasti ancora sul posto. Sono state giornate infinite e di grande sacrificio per i nostri diplomatici e militari. Sul campo, fino all’ultimo istante utile, hanno aiutato migliaia di civili afghani, a partire da donne e bambini, a lasciare il Paese, oltre a tutti gli italiani che hanno scelto di tornare a casa”.

Martedì prossimo alle ore 11.30 il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, terrà la sua audizione all’interno del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) per fare luce “sulla gravissima situazione in Afghanistan e sulle sue conseguenze per la nostra sicurezza nazionale”, come ha reso noto il presidente del Copasir, il senatore Adolfo Urso, mettendo in evidenza come “il Copasir sia tenuto costantemente informato sulle operazioni di evacuazione in corso e sulle condizioni di sicurezza nell’aeroporto di Kabul sottoposto agli attacchi del terrorismo islamico”.

Una corsa contro il tempo in un mare di sangue e in un’atmosfera di terrore in cui sono rimasti uccisi diversi soldati e tra i civili purtroppo anche molti bambini. Il termine del 31 agosto per lasciare l’Afghanistan imposto dai talebani è stato anticipato tra mille difficoltà per tutte le forze occidentali. L’Onu ha annunciato che rimarrà a Kabul per assistere la popolazione. Fino ad ora sono stati oltre ottantamila i civili evacuati e rimangono circa 300 mila afghani da portare via dal loro Paese: hanno tutti collaborato con i Paesi della coalizione. Tra coloro che sono già partiti circa settemila hanno lavorato con l’Unione europea ma sono ancora bloccati a Kabul molti altri, oltre 4.000, che si cerca di mettere in sicurezza anche cooperando con i Paesi vicini come Uzbekistan, Tagikistan, Iran e Pakistan. Una trattativa non facile con interlocutori imprevedibili e con intenzioni terroristiche come i talebani.

“Esercito e politica estera devono diventare comuni”, ha affermato Enzo Amendola, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei nel governo Draghi. Per quanto riguarda il ritiro delle truppe dall’Afghanistan si tratta di “scelte in cui l’Europa è comprimaria, il cui risultato è un ritiro precipitoso, senza condizioni. Ed è la conferma di una tendenza che viene da lontano”, ha ammonito Amendola intervistato dal Corriere della Sera. Gli Usa avevano deciso di ritirare i loro soldati con l’amministrazione Trump e Biden ha confermato l’iniziativa. La questione sembra essere però un’altra: “Siamo tutti felici della ritrovata collaborazione fra Stati Uniti e Unione europea con il presidente Biden – chiarisce Amendola –, ma lui è almeno il terzo presidente americano di seguito a scegliere i propri impegni geopolitici in base a priorità strettamente nazionali”. In sostanza “non lo fa certo sulla base di ambizioni comuni con gli alleati occidentali”, ammonisce Amendola che puntualizza: “Con Biden un’agenda comune esiste, però le sue scelte nascono in America e per l’America”.

In pratica “l’Europa non può più stare a guardare aspettando le scelte degli altri. Si pone un tema di autonomia strategica e di visione delle nostre priorità”, spiega il sottosegretario agli Affari europei. Amendola mette in evidenza la necessità di una politica estera europea che non sia focalizzata solo sui flussi migratori. “Noi europei guardiamo alla politica estera solo attraverso il filtro dell’immigrazione. Lo abbiamo fatto rispetto alla Siria, lo facciamo sempre con le crisi africane, lo stiamo facendo riguardo all’Afghanistan. Sembra che un problema geopolitico si imponga alla nostra attenzione solo se implica – o temiamo – l’arrivo di rifugiati ai nostri confini”.

La questione è che “l’Unione europea non ha una politica europea, questo è il dramma”. L’Europa nasce sui valori della “pace” e della “sicurezza” ma l’immigrazione non può essere l’unico argomento sulla base del quale “reagire ai fenomeni globali”. In pratica “il tema dei rifugiati” è un tema “sensibile” ma “se vediamo le crisi internazionali solo attraverso questa lente, scordiamoci di diventare dei protagonisti sulla scena internazionale […]. La nostra è la reazione di chi vuole essere un attore globale, ma non lo è”, spiega duramente Amendola reclamando più coraggio da parte dell’Ue, che dovrebbe rinunciare ad “una visione esclusivamente difensiva” per potersi aprire a collaborazioni più significative sia sul fronte internazionale sia all’interno dell’Unione tra i 27 Stati membri. “Mi pare che l’Italia mostri la reazione giusta, con il lavoro di Mario Draghi alla presidenza del G20. Dobbiamo andare oltre le dichiarazioni vuote – ammonisce Amendola -: è il momento di aprire gli occhi e cambiare passo, spingendo su una politica estera e di sicurezza comuni con chi ci sta”. In questo contesto “un esercito comune europeo non è più rinviabile” anche per far fronte alla Difesa di altri Paesi, in primo luogo alla Difesa americana, come ad esempio all’interno del quadrante afghano in cui la maggior parte della nostra sicurezza dipende dagli Stati Uniti.

Contemporaneamente alle esplosioni presso l’aeroporto di Kabul a Santa Margherita Ligure si svolgeva il G20 Women, all’interno del quale la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, ha tenuto il vertice ministeriale sull’empowerment femminile. Tema ineludibile, ancor di più alla luce della catastrofe umanitaria in atto in Afghanistan: “Si è assistito in questi ultimi giorni ad un rapido deterioramento delle condizioni della popolazione afghana la cui incolumità richiede ora un impegno rafforzato dell’intera comunità internazionale e dei membri del G20”, ha affermato la ministra Bonetti che ha presieduto il vertice. A distanza il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha aggiunto: “L’Italia condanna fermamente questi attacchi. Continueremo a lavorare con i partner internazionali a favore del popolo afghano”.

Il premier Mario Draghi ha, a sua volta, posto l’accento sulla condizione femminile in Afghanistan: “Non dobbiamo illuderci: le ragazze e le donne afghane sono sul punto di perdere la loro libertà e la loro dignità, di tornare alla triste condizione in cui si trovavano vent’anni fa”.

A proposito di diritti e del rispetto che spetta alle donne all’interno della società civile, in termini di realizzazione personale e professionale, il presidente del Consiglio ha puntualizzato: “Ogni perdita di talento femminile è una perdita per tutti noi”. Non a caso l’empowerment e il potenziamento dei ruoli femminili sono stati temi portanti del G20 Women. Concretamente “la parità non è stata raggiunta in nessun Paese del mondo”, ha sottolineato la ministra per le Pari opportunità Bonetti e la strada è ancora lunga, ma occorre non perdersi d’animo. La tabella di marcia si propone di “raggiungere e superare l’obiettivo fissato a Brisbane, che prevede di ridurre del 25% entro il 2025 i divari di genere nel tasso di partecipazione al lavoro nei Paesi del G20”. La lotta contro ogni tipo di violenza e il rafforzamento economico delle donne sono i pilastri su cui edificare l’eguaglianza di genere del futuro, un futuro che si auspica non essere lontano.

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