Paolo Rossi (Docufilm, 2018)

Muore Paolo Rossi, dopo lunga e sofferta malattia, così giovedì 10 dicembre 2020 la Rai modifica il palinsesto, dedicando diversi ricordi al campione scomparso. Il contributo più interessante è il documentario di Michele Scolari e Gianluca Fellini, in prima visione assoluta, prodotto dallo stesso Rossi con la collaborazione della seconda moglie, la giornalista Federica Cappelletti (autrice con il calciatore dell’autobiografia Quanto dura un attimo).

Paolo Rossi – Un campione è un sognatore che non si arrende mai è un film presentato nel 2019 al Mercato Internazionale dell’Audiovisivo per narrare il lato umano e sportivo di un campione passato senza soluzione di continuità dalla gloria alla polvere, senza perdersi d’animo, con la costanza di non mollare mai, per risorgere dalle proprie ceneri. Il momento più importante del docufilm è il Mondiale 1982, vinto dall’Italia grazie alla caparbietà di Bearzot che ripone grande fiducia in Rossi – pure se tutto è contro il Campione – e alle reti segnate da Rossi contro Brasile, Polonia e Germania.

Il film presenta molte interviste ai protagonisti: Platini, Baggio, Antognoni, Falcao, Cabrini, Tardelli, Zico, Rummenigge, persino Maradona e Pelè. Tutta la vita sportiva e sentimentale di Paolo Rossi – pure se vengono trascurati la prima moglie (Simonetta Rizzo) e il primo figlio (adesso geometra trentottenne) – dagli albori calcistici con il Santa Lucia e la Cattolica Virtus, le partite allo Stadio Franchi per vedere Kurt Hamrin (il suo idolo) e il passaggio alla Juventus. Molto sentita la testimonianza di Giussi Farina – il presidente del Vicenza – che amava Rossi come un figlio, con il ricordo di due stagioni indimenticabili passate in un club di provincia dove vince la serie B, quindi si piazza secondo in serie A, dietro la Juventus. Il mister vicentino Fabbri inventa Paolo Rossi centravanti, pure se non è un centrattacco classico, non è potente, solo rapido e opportunista, qualità che lo faranno grande.

Il documentario racconta la vicenda dei tre menischi operati, il mondiale del 1978 in Argentina con i generali al potere e i desaparecidos, giocati in un clima surreale, con Paolo Rossi che segna il suo primo gol davanti a Pelè (un mito) che osserva. Altre testimonianze interessanti, da Gianni Minà a Luciano Moggi (il suo scopritore), passando per Franco Carraro, illustrano la personalità di un Paolo Rossi indomito, che supera la burrasca del calcio scommesse e la disavventura dei due anni di squalifica. Il film racconta la verità del Campione, dice che sarebbe stato un ingenuo ad accettare di parlare con Cruciani, troppo più smaliziato, al punto di metterlo in mezzo per aggiustare una gara che doveva finire pari. Paolo Rossi segna due reti in Avellino-Perugia, ma viene condannato soltanto lui dalla giustizia sportiva, non chi gli avrebbe permesso di fare gol. Sono anni difficili, qualunque sia la verità, Rossi ne esce fuori con pochi danni perché Farina e Bearzot gli sono vicini e fanno sentire  di nutrire grande fiducia nelle sue doti di calciatore.

Il Campione sarà sempre riconoscente a Bearzot che – nonostante la stampa – lo vuole ai mondiali spagnoli del 1982 e continua a farlo giocare anche se le prime prove sono deludenti. Alla fine avrà ragione lui. Paolo Rossi diventerà Pablito e lo sarà per sempre. Un mondiale che porta fuori l’Italia dagli anni di piombo e da un periodo difficile, che fa tornare la voglia di sorridere, che ci mostra un Presidente della Repubblica tifoso e verace come Sandro Pertini. Restano tre cose di quel Mondiale: i gol di Paolo Rossi, l’umanità di Pertini, il sorriso di Bearzot. Una finale tra Italia e Germania indimenticabile, come sono ben radicati nei ricordi di noi ragazzi degli anni Sessanta quei tre gol al Brasile. Una finale segnata da un risveglio con Pertini in albergo dagli Azzurri a dispensare consigli come se fosse il mister, poi la sua frase dopo il terzo gol: “Non ci riprendono più…”. Non il massimo del diplomatico, certo, ma sincero. “Una delle mie gioie più grandi da quando sono Presidente della Repubblica”, conclude. E poi il famoso discorso sulla domenica, sull’importanza di far festa per poi tornare a lavorare sui problemi con animo più sollevato. Il Mondiale del 1982 avvicina le donne al calcio, rappacifica il popolo italiano con la sua Nazionale, fa scendere tutti in piazza a festeggiare, in maniera spontanea.

Il film termina con le immagini di Rossi alla Juventus, poi al Milan e al Verona, purtroppo mostra anche la tragedia dello stadio Haysel. La morale di Paolo Rossi è positiva: credere in noi stessi, avere sogni, diventare persone per bene. Suggestiva l’immagine simbolica del bambino brasiliano intento a palleggiare sullo sfondo di un crepuscolo rosso fuoco. Se un campione è al tramonto ne nasceranno di nuovi, crederanno nei loro sogni, faranno sognare gli altri. Proprio come Pablito. Un film da far vedere alle nuove generazioni di calciatori.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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