Una vittoria difficile

La vittoria di Joe Biden nelle elezioni presidenziali USA, con 4 milioni di voti popolari in più ed oltre 60 Grandi elettori di vantaggio rispetto a Donald Trump, è di per se una buona notizia perché l’elettorato americano ha in parte voltato le spalle a un Presidente bugiardo, arrogante, razzista e autocratico e scelto un personaggio, forse non entusiasmante, ma misurato, corretto e profondamente rispettoso delle istituzioni democratiche. E lo è per il mondo e soprattutto per l’Europa, essendo largamente prevedibile che Biden cambierà la direzione presa dagli USA in materia di clima, di commercio internazionale e, per quanto ci riguarda direttamente, di rapporti con gli alleati europei tradizionali, riportandoli a una normalità durata oltre 60 anni, anche con Presidenti repubblicani come Reagan e i due Bush.

Trump è direttamente responsabile della sconfitta, soprattutto per avere spinto, con il suo razzismo,  milioni di afroamericani a votare e per avere sistematicamente mentito sulla pandemia e indirettamente causato diecine di migliaia di morti. L’esultanza dei democratici è quindi comprensibile, come lo è l’evidente il sollievo di leader internazionali, come Macron o Trudeau.

Però una nota di cautela s’impone. Trump ha mostrato tutta la sua rabbia e la sua meschinità in questi ultimi giorni, continuando a negare il risultato, pur proclamato ormai da tutti gli organi di stampa e TV (Fox compresa, normalmente vicina a Trump), urlando accuse di frode di cui non esistono prove. Trump non sopporta di perdere e farà di tutto nelle prossime settimane per tentare di impugnare il risultato elettorale per vie legali e peggio. Non sarà solo: i suoi familiari e i suoi più sicofanti e spregiudicati scherani (come Giuliani) lo accompagneranno e con loro una parte del Partito Repubblicano, anche se vari suoi esponenti di peso hanno preso le distanze da lui. Un pessimo perdente e un uomo disperatamente attaccato al potere e con i precedenti di Trump è capace di tutto e il sistema legale americano è complesso e talvolta arcano.

Il mondo deve dunque aspettarsi ancora settimane e mesi, forse di incertezza e comunque di battaglie aspre e di recriminazioni amare, che rendono il cammino finale di Joe Biden verso la Casa Bianca, che terminerà solo il 20 gennaio, difficile e conflittivo come mai lo è stato nella storia politica degli Stati Uniti e che mantengono aperti scenari ora inimmaginabili, in cui saranno in gioco, non solo la decenza della politica e la dignità del sistema giudiziario, ma l’essenza stessa della democrazia nel maggior Paese dell’Occidente. Aspettiamo dunque prima di tirare il sospiro di sollievo definitivo.

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