Camera di Consiglio

E’ VALIDO L’ACCORDO INTERVENUTO TRA I CONIUGI SULLA RIDUZIONE DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI? – Potrebbe accadere che i coniugi si accordino in maniera diversa da quanto stabilito dal Giudice in sede di separazione o di divorzio circa le attribuzioni patrimoniali. Ma tali accordi possono considerarsi validi, anche se non trasfusi in un provvedimento giudiziale? Secondo una recentissima sentenza della Suprema Corte, tali accordi sarebbero del tutto validi e legittimi, a determinate condizioni.

Si ricorda che il diritto dei figli di essere mantenuti, educati ed istruiti è previsto dalla Costituzione: si tratta, infatti, di un diritto che nasce naturalmente, in virtù del rapporto di filiazione. E tale norma viene ribadita dal Codice Civile, stabilendo un vero e proprio obbligo per i genitori di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. L’obbligo è per entrambi, in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro, sia esso professionale o casalingo.

La vicenda in esame ha inizio con la condanna di un padre per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, sopra evidenziati: questi, infatti, reiteratamente non aveva versato il totale di quanto previsto come contributo al mantenimento dei figli in sede di divorzio, sebbene anni prima gli ex coniugi avessero raggiunto un accordo tra loro, secondo il quale egli sarebbe stato obbligato a versare una somma minore rispetto a quanto stabilito dalla sentenza di divorzio, per sopravvenute difficoltà economiche.

Tuttavia, la Corte di merito non considerava tale circostanza, poiché non veniva recepita in alcun provvedimento giudiziale. Il padre non si dava per vinto e spiegava ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello avesse omesso di tener conto che era sopravvenuto un accordo con l’ex moglie riguardante la riduzione dell’assegno di mantenimento per i motivi esposti. Di conseguenza, l’uomo sosteneva di non avere coscienza e volontà, necessarie per la realizzazione del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, e che, pertanto, il reato non poteva sussistere.

Il reato in oggetto, punito ai sensi dell’art. 570 bis del Codice Penale richiede, infatti, il dolo, rappresentato da coscienza e volontà di violare la legge. Dall’altra parte è bene evidenziare che il padre non aveva smesso di contribuire al mantenimento dei figli: egli si era limitato a corrispondere una somma di poco minore da quanto stabilito dal Giudice, in accordo con l’ex coniuge.

La Cassazione, dunque, alla luce dei fatti, ha ritenuto non sussistente il reato di cui sopra, poiché i coniugi si erano attenuti ad un accordo transattivo intervenuto tra loro, che escludeva il dolo del padre. Dall’altra parte, tuttavia, la Cassazione ha valutato anche il contenuto dell’accordo e sulla base di ciò, ha stabilito che lo stesso non andava a ledere i bisogni dei figli, sebbene non trasfuso in un provvedimento giudiziale.

Ciò non significa che ogni accordo transattivo tra i coniugi in cui si dispone del diritto al mantenimento dei figli sia valido ed efficace: la questione fondamentale consiste nel non ledere gli interessi ed i diritti dei figli. La sentenza citata, tuttavia, potrebbe aprire a nuove importanti novità circa la validità degli accordi tra coniugi per sistemare i propri assetti patrimoniali alla luce di fatti sopravvenuti.

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