Camera di Consiglio

INVALIDITÀ CIVILE, LA CORTE COSTITUZIONALE INTERVIENE SULLE PENSIONI – La decisione del 23 giugno presa dalla Corte Costituzionale, nelle motivazioni con cui dichiara parzialmente incostituzionale l’art. 1 della legge 25 febbraio 92 che istituiva l’indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati stabilisce che: “285,66 euro mensili, previsti dalla legge per le persone totalmente inabili al lavoro per effetto di gravi disabilità, non sono sufficienti a soddisfare i bisogni primari della vita. È perciò violato il diritto al mantenimento che la Costituzione (articolo 38) garantisce agli inabili”.

Tutto ha avuto inizio da una causa contro l’INPS da parte di una signora affetta da patologia che la rendeva incapace a svolgere gli atti più elementari della vita quotidiana ed inabile al lavoro al 100%. La richiesta era volta ad ottenere la “rivalutazione al milione” della pensione di invalidità, ossia la maggiorazione ad Euro 516,46, prevista dalla Finanziaria del 2002.  Si parla di “rivalutazione al milione” poiché il testo originario sull’invalidità civile risale al 1971, e, ovviamente, le somme sono espresse in lire.

In primo grado, la richiesta non era accolta, poiché la signora non aveva compiuto i 60 anni di età, requisito necessario per accedere alla rivalutazione. La donna, tuttavia, non si fermava e proponeva appello avanti alla Corte d’Appello di Torino che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale ponendo il seguente quesito: è conforme alla Costituzione l’articolo di legge sull’invalidità civile, che riconosce a persone totalmente inabili al lavoro la somma mensile di 285,66 Euro? Questo perché l’art. 38 della Costituzione prevede che: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”. E tale somma  può ritenersi sufficiente per vivere, specie per chi ha gravi malattie?

La Consulta ha sancito che simili somme “non sono sufficienti a soddisfare i bisogni primari della vita”, con la conseguenza che viene “violato il diritto al mantenimento, che la Costituzione all’articolo 38 garantisce agli inabili”.

La decisione è importante anche per un altro aspetto, in quanto interviene anche su un tema già oggetto di contestazione: infatti per avere l’aumento, da 285,66 Euro sino a 516 Euro, non sarà più necessario aver compiuto i 60 anni di età, avendo la Corte stabilito un principio che si ritiene applicabile erga omnes.

Questa decisione della Corte Costituzionale, tuttavia, dovrà essere travasata nella normativa ed il Parlamento è già stato chiamato a fare la sua parte, poiché si rende necessaria una norma che vada a modificare quella già esistente ed anche le procedure INPS andranno modificate per garantire a tutti gli interessati un loro diritto.

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