Brexit, tutto fermo?

Lo scoppio dell’emergenza Covid-19 ha fatto passare in secondo piano quello che sarebbe stato il tema del 2020, ovvero l’attuazione della Brexit. Ma il problema non si è certo risolto, anche se l’attenzione si è spostata sul Coronavirus, ed ora sta tornando di piena attualità. Anzi giova ricordare la quarantena imposta dal Regno Unito a chi entra nel paese e la medesima misura presa dalla Francia nei confronti di Londra per rappresaglia, questo è solo un assaggio di cosa significa una Brexit no deal. Perché nei fatti un vero accordo globale non c’è stato, il Regno Unito avrà ancora accesso al mercato unico e sarà soggetto alla legislazione dell’UE, anche se non potrà più prendere parte alle riforme legislative dell’UE. La cocciutaggine di Boris Johnson, la cui incapacità è stata vieppiù dimostrata dalla pessima gestione della pandemia, ha messo la Gran Bretagna in una situazione che si prospetta poco felice se non si arriverà a un accordo.

Al momento vige un periodo di transizione per tutto il 2020 per cui nulla cambia, in pratica ci si è dati un ulteriore anno per trovare quell’accordo che non si è riusciti a raggiungere nel biennio canonico a ciò dedicato. Anche se è stato negoziato un accordo di uscita, questo riguarda soprattutto la protezione dei diritti dei cittadini dell’UE che vivono nel Regno Unito e di quelli britannici nell’Unione europea, gli impegni finanziari presi dal Regno Unito come stato membro e le questioni di confine (in particolare quello tra Regno Unito e la Repubblica d’Irlanda). Al centro sono i rapporti tra Regno Unito e i cittadini europei, nell’accordo sul leave il Parlamento europeo è riuscito a includere tutti i benefici e i diritti di sicurezza sociale nell’accordo, così come i diritti per le generazioni future e il controllo giudiziario della Corte di giustizia europea. A inserire il regime di residenza permanente (EU settlement scheme) istituito dal Regno Unito, evitando così che i cittadini debbano pagare una tassa per ottenere il diritto di residenza permanente. Vi sono ancora punti da chiarire rispetto la prova della residenza in Gran Bretagna così come i documenti necessari da presentare fisicamente e l’istituzione di un’Agenzia indipendente per questo.

L’obiettivo è quello di concludere i negoziati prima della fine del periodo di transizione. Il periodo transitorio può essere prorogato una sola volta su richiesta, ma la decisione in tal senso dovrà essere presa prima del 1 luglio. In mancanza di un accordo entro la fine del periodo di transizione, il Regno Unito effettuerà scambi commerciali con l’UE in base alle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. A tale proposito l’ultimo aggiornamento sullo stallo della trattativa è targato 12 giugno, il vicepresidente della Commissione europea Maros Sefcovic, dopo la seconda riunione della commissione mista Ue-Regno Unito sulla Brexit con il ministro alla giustizia, Michael Gove, che guida i negoziati per Londra, ha dichiarato: “Michael Gove mi ha confermato che il Regno Unito non prenderà in considerazione un’estensione del periodo di transizione. Da parte nostra, ho preso atto della posizione del Regno Unito su tale questione e ho dichiarato, come ha già fatto la presidente von der Leyen, che l’Ue rimane aperta a tale estensione. In questo contesto, con il cancelliere Gove abbiamo entrambi concordato di accelerare sia l’attuazione dell’accordo di recesso che il nostro lavoro. Abbiamo anche convenuto che la commissione mista si riunirà di nuovo all’inizio di settembre. Entro tale data, abbiamo anche concluso che le commissioni specializzate, compresa quella sul protocollo sull’Irlanda e l’Irlanda del Nord, si incontreranno nelle prossime settimane”.

L’ex commissario Michel Barnier guida i negoziati a nome dell’UE, sulla base delle linee guida definite dal Consiglio europeo, lo stesso Barnier aveva condotto i negoziati sull’accordo di ritiro. Qualsiasi accordo può entrare in vigore solo se approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. A differenza dell’accordo di ritiro, è anche possibile che l’accordo sulle relazioni future debba essere approvato anche dai parlamenti nazionali se fa riferimento a competenze che l’UE condivide con gli stati membri. Dovrà inoltre essere approvato dal Regno Unito. Nei prossimi negoziati con il governo britannico, l’integrità e il corretto funzionamento del mercato unico e dell’unione doganale devono essere mantenuti in ogni momento. Nessuna delle “quattro libertà” dell’UE (libera circolazione delle merci, dei capitali, dei servizi e delle persone) può essere sacrificata in cambio di un’altra. Nel quadro di un accordo commerciale che metta la competizione sul mercato alla pari tra Regno Unito e Unione Europea, dovrà essere Londra ad adeguare le sue normative a quelle europee per continuare ad avere libero accesso ai ricchi mercati europei. Ma l’adeguamento dovrà anche essere dinamico, ovvero adeguarsi automaticamente ai cambiamenti introdotti nelle discipline comunitarie. L’unico punto a favore di Londra è la pesca, le acque di competenza del governo di Sua Maestà sono più pescose di quelle sotto la zona di interesse della UE, per il resto l’Unione teme che Londra voglia attuare politiche commerciali aggressive per attirare aziende e investitori nel Regno Unito, come il recente voltafaccia della Unilever che ha lasciato Amsterdam per Londra.

Ma l’atteggiamento del governo di BoJo pare persino essersi ulteriormente irrigidito con la pandemia, “Quasi si percepisce la sensazione del governo britannico di voler ripartire da zero, sfruttando gli impatti derivanti dalla pandemia per riprogrammare l’intera politica economica e commerciale del paese”, ha dichiarato l’europarlamentare Paolo De Castro, membro del UK Monitoring group e componente del Comitato Scientifico di Nomisma. Brexit. Alla luce della poca disponibilità di Londra, il negoziatore britannico, David Frost, ha parlato di “richieste senza precedenti” da parte dell’Unione, il Parlamento UE si è espresso per la linea dura con un documento interno pubblicato dal The Guardian, in cui si legge: “Londra non ha diritto a trattamenti speciali, l’Unione europea non è legalmente obbligata a concedere al Regno Unito i diritti o le preferenze commerciali concordati con altri Paesi terzi negli Accordi di libero scambio del passato, ma anzi Bruxelles ha tutto il diritto di proporre gli impegni che sono nel suo interesse”.

Altro punto focale e per ora irrisolta rimane il confine fra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord (parte del Regno Unito), una vera zona di frontiera con circa 275 punti di attraversamento della frontiera. Ce ne sono solo 137 in tutto il confine orientale dell’UE, dalla Finlandia alla Grecia. Il voto del Regno Unito in favore dell’uscita dall’Unione europea del 2016 significa che questi 500 km di confine potrebbero diventare una frontiera esterna dell’Unione europea. Queste circostanze uniche dell’Irlanda devono essere tenute in considerazione nei negoziati Brexit. Già qualche settimana fa il governo britannico ha annunciato di fatto la creazione di una frontiera nel mare tra Belfast e le coste inglesi, con conseguenti controlli in diversi porti per le merci che avranno come destinazione l’Unione Europea. Proprio gli unionisti del DUP, fondamentali per la tenuta del governo dell’ex premier Theresa May, hanno incassato questa decisione come un tradimento perpetrato nei loro confronti dall’attuale primo ministro Johnson.

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