Europa, irrinunciabile ma da ridefinire

Di sicuro la pandemia ci ha fatto riflettere molto anche sul ruolo dell’Europa e, in generale, delle organizzazioni internazionali, con somma soddisfazione dei sovranismi e dei nazionalismi più esasperati, che hanno portato a casa parecchi voti in più.

Certe gaffes di alcuni key leader delle Istituzioni europee e l’atteggiamento quasi anti-italiano assunto da alcuni Paesi confinanti durante i primi giorni di emergenza COVI19 hanno messo a dura prova anche gli europeisti più convinti. Ma si può essere europeisti anche senza odiare l’Europa, cercando solo di volerla cambiare, con spirito critico (pro)positivo.

L’Europa e l’eurozona rimangono un sogno irrinunciabile. Sia perché – in termini molto veniali – uscendo dall’euro ci indebiteremmo in maniera catastrofica, sia perché le varie libertà garantite dall’appartenenza all’UE – a cui ci siamo ormai abituati – sono un traguardo da cui sarebbe difficile tornare indietro.

Stando alle informazioni più superficiali che si possono raccogliere in rete, o dai telegiornali, le organizzazioni internazionali, come l’OMS o proprio l’Unione europea, sembrano dei carrozzoni lontanissimi dalla realtà, che ci costano un mucchio di soldi e che ci dicono cosa dobbiamo fare.

In realtà, però, non è così: siamo critici verso l’Europa e verso le organizzazioni internazionali perché, anche se non tutti ne conosciamo il funzionamento legislativo ed ordinativo, fanno parte di noi e della nostra cultura e, si sa, tutto è perfettibile. Ormai diamo per scontate delle possibilità che si sono radicate nel tempo e di cui non ci rendiamo più conto.

Come pensate che sarebbe la vita dopo la pandemia se i movimenti di persone o merci fossero demandati solo agli accordi bilaterali tra Stati? Come pensate che sarebbe possibile, pur con tutte le cautele del caso, prendere un aereo e magari andare in Francia o in Romania? Il bello dell’Europa è che – almeno per quanto riguarda i diritti civili – tutti gli Stati devono dotarsi necessariamente di legislazioni omogenee. Su questo fronte ci si è fermati insieme e si ripartirà – ove possibile – tutti insieme.

Diverse considerazioni, ovviamente, possono essere espresse sul fronte economico. Di sicuro gli Stati ed i cittadini hanno sentito e sentono il bisogno di maggiore flessibilità nelle regole di bilancio. Sicuramente il tetto del 3% andrà rivisto, e nei prossimi esercizi di bilancio – almeno per quanto ci riguarda – sarà necessario ricorrere ancora allo sforamento dei parametri imposti da Bruxelles per far fronte alla crisi. Se l’UE vuole tenere salda la coesione tra Stati, dovrà per forza rivedere alcune delle sue regole.

Dovrà rivedere per forza anche i suoi costi. Perché se la pandemia ha insegnato a tutti noi che cos’è lo smart working e la possibilità di tenere riunioni online totalmente gratuite, altrettanto dovrà fare l’UE. Biglietti aerei per i delegati nazionali invitati alle riunioni (milioni di euro ogni giorno), interi edifici dedicati solo ad ospitare sale riunioni, personale amministrativo, mense, archivi, magazzini, uffici: tutto andrà rivisto e ridimensionato. Tutto dovrà costare necessariamente meno.

Alle urgenze a cui l’UE e le sue varie agenzie hanno dovuto far fronte si è sopperito con una buona connessione internet – criptata ove gli argomenti lo richiedessero – ed i dossier legislativi, politici e amministrativi sono andati avanti. Anzi sono aumentati, perché per ogni file è stato necessario creare dei gruppi di lavoro per studiare gli impatti del COVID19 ed i conseguenti ritardi nelle varie iniziative. Non citiamo, per non dilungarsi troppo, cosa sia accaduto in un carrozzone ancora più grande come l’ONU e le sue Agenzie.

Le libertà, il miglioramento della qualità della vita, le garanzie, i diritti e lo stato diritto di cui godiamo grazie all’UE ed alle organizzazioni internazionali in generale costituiscono un vantaggio troppo importante, per l’Italia e per tutta l’umanità. Le regole, però, devono cambiare e possono cambiare. Lo abbiamo visto tutti.

Solo così il sogno irraggiungibile della pace e dell’armonia tra i popoli, a cui comunque ci avviciniamo idealmente ogni giorno, potrà essere ancora più conforme alle nostre esigenze. Per questo obiettivo, vale la pena rinunciare ad un po’ di sovranità, anche se non troppa. O no?

©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Condividi
precedente

2020 Anno internazionale della salute delle piante

successivo

Non è un Paese per Donne

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *