Cronache dai Palazzi

Una manovra per fare ordine. Dopo la bocciatura del decreto “Salva Roma” il governo Letta ha varato un ‘milleproroghe’ a prova d’urto. Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha puntualizzato: “Il decreto è costruito con le proroghe essenziali, e accanto a queste si sono prese le norme essenziali del Salva Roma che abbiamo deciso di non portare a termine in Parlamento per l’eterogeneità che era venuta fuori”. Tra “le norme essenziali” ci sono “gli affitti d’oro” e “la materia fiscale, che a che fare con il bilancio di Roma”, ha sottolineato Letta.

Il decreto ‘milleproroghe’ varato dal Consiglio dei ministri si fonda sulla riallocazione di 6,2 miliardi di euro di fondi strutturali europei che, altrimenti, sarebbero andati perduti. I proventi europei sosterranno le imprese, le misure per favorire l’occupazione, il contrasto alla povertà e le economie locali. In particolare, 2,2 miliardi serviranno per sostenere le imprese (compreso 1,2 miliardi per l’accesso al credito già garantito dalla legge di Stabilità); 700 milioni serviranno per favorire il sostegno al lavoro e all’occupazione; 300 milioni serviranno per fronteggiare la povertà e 3 miliardi per sostenere le economie locali. Secondo il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini,  con le misure messe in moto per fronteggiare il problema dell’occupazione “siamo a 4,2 miliardi di riduzione del cuneo fiscale nel 2014”.

Il presidente del Consiglio ha escluso inoltre rimpasti e cabine di regia, “soluzioni da prima Repubblica”. Convinto della sua squadra di governo il premier mira a riequilibrare l’azione dell’esecutivo, consapevole di dover trattare direttamente con i leader e i capigruppo in una serie di incontri informali. Il “Patto 2014”, focalizzato su riforme istituzionali e legge elettorale, sarà inoltre gestito dal Parlamento, proprio come richiesto dal leader del Pd, un Matteo Renzi pronto a sfoderare il suo “job act” già nel primo mese dell’anno nuovo.

Il “Patto 2014” e la nuova “Agenda del governo” procederanno parallelamente e, da qui a fine mese, il “contratto di coalizione” dovrà essere firmato da tutte le forze che sostengono il Governo. Le gaffe raccolte con il decreto “Salva Roma”, sapientemente fermato dal Quirinale, hanno acceso l’allarme rosso ma a Palazzo Chigi sono ottimisti e si pensa che né Renzi, né il Nuovo Centrodestra di Alfano, né Scelta Civica siano propensi a sabotare le riforme per andare al voto. Secondo il ministro Franceschini “i partiti hanno un interesse convergente, andare bene alle Europee. E i partiti vanno bene se va bene il Governo.. Un equilibrio è possibile”.Napolitano, a sua volta, ha sollecitato il “massimo rigore” nel decidere l’ammissibilità degli emendamenti ai decreti legge nel corso del loro esame in Parlamento. La vicenda “Salva-Roma”, ha commentato a tale proposito Letta, “dimostra in modo ancora più evidente come sia essenziale riformare il processo legislativo. È uno stimolo in più per fare le riforme nel 2014”.

Il Governo Letta rimane un grande fautore delle “misure-cacciavite” su famiglie, imprese e cuneo fiscale; riforme istituzionali e costituzionali; legge elettorale. Ma è bene che nel 2014 si proceda con la chiara intenzione di farle, le riforme. Piccole cose concrete da attuare immediatamente a partire da gennaio. Realizzare le riforme significa mettere il Paese finalmente nella condizione di essere governato e poter magari superare la grave crisi economico-sociale che investe milioni di italiani.

Con il ‘milleproroghe’ il governo ha “deciso di concentrarsi sul disagio sociale che il Paese sta vivendo”, ha puntualizzato il premier Letta, e ha stanziato “in tutto un complesso di interventi di contrasto alla povertà per 800 milioni”. “Il disagio sociale – ha aggiunto il presidente del Consiglio – rappresenta la trincea più difficile”. Tra gli 800 milioni, ai 500 milioni precedentemente stanziati si aggiungono 300 milioni per il rafforzamento della sperimentazione del Sia, lo strumento per l’inclusione attiva.

Partiti e sindacati, inoltre, dovrebbero collaborare sul serio, concertando con il Governo le misure più urgenti. Nei negoziati sulla legge di Stabilità, ad esempio, il ministro Giovannini non è riuscito a trovare interlocutori in Parlamento e a reperire poche decine di milioni per risolvere il problema dei para-subordinati, un settore che impiega moltissimi giovani. L’accesso al welfare rimane legato all’effettivo versamento dei contributi: niente contributi, niente welfare. La soluzione si chiamerebbe “automatismo delle prestazioni”: un principio per cui lo Stato riconosce immediatamente il diritto al lavoratore e successivamente si rivale sul datore inadempiente.

Sul fronte della creazione di occupazione le questioni si presentano più complicate. Fin da subito si dovrebbero razionalizzare le risorse da destinare alle imprese; realizzare nel modo più efficace la garanzia-giovani (cosa tutt’altro che scontata); andrebbe messo in moto un sistema co-finanziato dalla Unione europea. “Sull’occupazione – ha puntualizzato il presidente del Consiglio a proposito del ‘milleproroghe’ – vengono allocati ulteriori 150 milioni di euro per la decontribuzione, in particolare, dell’occupazione giovanile, che si aggiungono agli 800 milioni di giugno. Un ulteriore intervento a favore della lotta alla disoccupazione giovanile nel 2014 e 2015”.

Il sistema produttivo italiano avrebbe bisogno di una scossa anche nel campo del terziario avanzato (finanza, assicurazioni, servizi professionali di alta specializzazione, ricerca e formazione) o dei servizi più tradizionali (turismo, cultura, assistenza alle famiglie). Il ‘milleproroghe’ nel campo delle economie locali finanzia il piano nazionale delle città, incrementa il cosiddetto piano dei campanili, i finanziamenti per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali, promuove l’attività turistica e quella di Expo 2015.

Nei prossimi anni la crescita dell’occupazione, in tutta Europa, non potrà prescindere inoltre dallo sviluppo del digitale, e quindi l’uso delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione; dallo sviluppo del settore “green” legato alla sviluppo delle fonti rinnovabili, e quindi alla riconversione energetica; dall’incremento del settore “bianco” ossia l’insieme di tutte le attività socio-sanitarie legate all’invecchiamento demografico. In tutti i suddetti settori il nostro Paese presenta dei colli di bottiglia che ostacolano sviluppo e innovazione. Per recuperare competitività e dignitosi livelli di crescita sono necessari dei profondi rivolgimenti del sistema economico. L’ulteriore aumento dell’inattività, della disoccupazione, delle disuguaglianze, della povertà, dell’esclusione contribuisce a deteriorare le prospettive di un’Europa che dovrebbe essere più integrata. In un mondo globalizzato i cacciavite molto probabilmente non saranno sufficienti ma serviranno misure  più coraggiose in grado di individuare un modello produttivo più idoneo alla modernità. Occorre, in sostanza, un disegno strategico che sia sostenuto da strumenti di previsione e di analisi all’avanguardia e da operazioni di dialogo e di condivisione fra i soggetti interessati: singoli Stati, organi di rappresentanza, cittadini e imprese. Un progetto costruttivo da mettere in cantiere per il nuovo anno.

©Futuro Europa®

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