L’Europa alla prova

Se la maggiore attenzione è concentrata sull’andamento dell’epidemia, le preoccupazioni sull’economia sono, sullo sfondo, altrettanto gravi. Le previsioni generali pronosticano una brusca caduta del PIL – cioè una recessione – specie se le misure di isolamento continueranno a lungo. Per questo, sono necessari interventi dei rispettivi governi, per attenuare gli effetti della crisi già in atto. Non possono che essere interventi parziali e non risolutivi, ma sono egualmente imperativi. Ben pochi paesi (come gli USA) sono in  grado di applicarli da soli, certo non l’Italia (malgrado gli sforzi del Governo). Da qui l’esigenza di un forte aiuto europeo.

Le istituzioni hanno fatto la loro parte: la Commissione sospendendo il patto di stabilità e la BCE con una massiccia emissione di crediti. Il resto,spetta al Consiglio europeo, che però non è riuscito a mettersi d’accordo. Nove paesi, tra cui Francia, Italia e Spagna, reclamano un sostegno massiccio, attraverso gli Eurobond (ora chiamati Coronabond), altri vi si oppongono.

Negli ultimi tempi, Conte e lo spagnolo Sanchez (in perfetta sintonia) e dall’altro lato Germania e Olanda, si sono posti al centro dei rispettivi schieramenti. Per ora si discute sui termini della dichiarazione che dovrebbe emettere il Consiglio, ma le distanze sono grandi, la Markel e Rutte insistono sul paragrafo 14 che rimanda al normale meccanismo Salvastati, e il “nein” tedesco sui Bond resta assoluto.

Le ragioni non sono né incomprensibili né ingiustificabili in termini di prospettive finanziarie, però dovrebbero prevalere altri imperativi, numero uno quello della solidarietà. Non si tratta di un concetto astratto: una recessione grave in paesi come Italia, Francia e Spagna trascinerebbe con sé l’intera  Europa. E comunque la solidarietà è il vero valore fondante dell’integrazione e non può valere solo nei momenti buoni. Se venisse a mancare in questi momenti critici, le conseguenze sul futuro dell’Unione potrebbero essere devastanti e irreversibili. Il campo resterebbe aperto alla demagogia antieuropea, che sarebbe seguita dall’opinione pubblica e nessun richiamo alla ragione, all’ovvio argomento che fuori dell’Unione saremmo del tutto soli (senza la BCE) basterebbe a impedire il salto del buio.

Conte fa perciò benissimo a mantenersi intransigente. È augurabile che nelle prossime due settimane si trovi un accordo soddisfacente (anche se comporta un compromesso) ma le previsioni non sono buone. L’Europa è di fronte a una prova senza precedenti. Se non saprà uscirne, decreterà purtroppo la sua caduta.

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