Lo strappo di Renzi

È certamente normale e lecito che una forza politica difenda le proprie idee. Però ognuno deve essere consapevole dei suoi limiti e qualsiasi forza politica che faccia parte di una maggioranza di governo ha il dovere, una volta cercato di far valere le proprie tesi, di accettare le decisioni della maggioranza. Questo a meno che non intenda strumentalizzare il dissenso per forzare una rottura, cosa accettabile al limite solo se la questione in discussione fosse una di quelle vitali per la vita del Paese e per il livello della sua civiltà giuridica.

Ho creduto in Renzi nei suoi anni migliori, mi sembrava avesse incarnato un modo diverso, efficace, di far politica e rinnovato una stantia sinistra. La riforma costituzionale abborracciata e malfatta fu un errore monumentale, poi Renzi ebbe il buon senso di farsi da parte per un po’ e di far tacere la balda arroganza. Ora è tornato in prima linea, senza neppure una traccia dell’umiltà autocritica di chi ha sbagliato e perduto. E confesso  che non lo capisco più e non capisco neppure la sparuta schiera dei suoi seguaci. Non lo capisco perché, al di là della toscana inclinazione a fare il Giamburrasca, non riesco a razionalizzare il suo disegno politico.

La prescrizione è un tema certamente serio, ma – direi – né essenziale né irresolubile. L’istituto esiste più o meno dappertutto, diversamente trattato (nei paesi anglosassoni generalmente si applica a delitti minori, escludendo ad esempio l’omicidio) e norme internazionali lo rifiutano a casi come il genocidio. In Italia, il problema è che esso spesso si applica per il passaggio del tempo dovuto ai ritardi del nostro sistema giudiziario e alle tattiche dilatorie dei legali. Perciò giusto reclamare una correzione e non dubito che con un po’ di equilibrio se ne possa trovare una ragionevole, al di là del giustizialismo populista dei 5Stelle.

Non voglio commentare il lodo Conte. Voglio invece far risaltare che il comportamento di Matteo Renzi non mi pare un semplice capriccio, ma una deliberata provocazione, diretta contro Conte (diventato il suo bersaglio principale) e includente il rischio, imminente, di una caduta del Governo. E allora è lecito chiedersi: dove vuole andare realmente Renzi? Dov’è la logica della sua azione? Come può non essere consapevole che sul fronte opposto all’attuale maggioranza esiste una destra forte e portata a compattarsi e approfittare di una crisi di governo per imporre nuove elezioni, che vincerebbe. Che farebbe allora Renzi? In un sistema sempre più frastagliato e che lo sarebbe ancora di più se passasse la proporzionale, quale sarebbe la sua collocazione? Con una forza che difficilmente supererà il 5%, pensa di poter determinare la futura coalizione di  governo? Si dice che miri alla creazione di un nuovo e grande centro. Ma con chi?

I problemi che l’Italia affronta sono tanti e seri: ritardo economico, debito, sicurezza, integrazione europea. Sono problemi risolubili solo con la continuità di un’azione di governo coerente, saggia, moderata. Gli italiani hanno il diritto di chiedere serietà ed efficienza a chi li governa. E, oggi, è insopportabile che Matteo Renzi metta capricciosamente tutto questo in pericolo, per ritagliarsi una visibilità e uno spazio illusori. Per tornare a fare il capetto.

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