Trump assolto

Com’era largamente prevedibile (e da tutti previsto) il Senato USA a maggioranza repubblicana ha respinto la richiesta di impeachment presentata dalla Camera dei Rappresentanti a maggioranza democratica. Pensare che accadesse altra cosa, in un anno elettorale, in un Congresso diviso su linee rigidamente partitiche, e contro un Presidente popolare, era come ho già scritto, del tutto velleitario e ingenuo.

Trump ora, non senza ragione, esulta e reagisce attaccando e insultando i suoi avversari, specie quelli che hanno condotto l’iniziativa contro di lui in prima persona. Archiviata questa fase del conflitto, come scrive la stampa USA liberale, ai democratici si pone un dilemma: riprendere in qualche modo l’iniziativa giudiziaria (le speranze sono riposte nella possibile testimonianza dell’ex-Consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton) o concentrarsi sul terreno propriamente politico. A naso direi che sceglieranno questa seconda via, ma non sarà agevole. Il Partito del resto attraversa uno dei suoi peggiori momenti: il caucus dello Iowa ha dimostrato una clamorosa incapacità organizzativa e la platea dei contendenti alla nomination democratica troppo popolata perché si possa anche solo cominciare a prevedere chi sarà il vincitore. Per ora il senatore Sanders appare avvantaggiato, ma la sua scelta sposterebbe l’asse del partito verso una sinistra che l’elettorato (con l’eccezione di quello di colore) non sembra disposto ad appoggiare, in un periodo di economia prospera, disoccupazione ai minimi storici e assenza di nuove iniziative bellicose.

Certo, il Presidente non ha colto alcun successo internazionale (su alcuni temi, come il Venezuela e il Medio Oriente) ha piuttosto subito scacchi, ma questo incide relativamente su un opinione pubblica  molto  americanocentrica. I democratici hanno ancora la carta Biden, che però appare distanziato sia nello Iowa che nei sondaggi, e in riserva però ora resta l’ex-Sindaco di New York, Bloomberg, che dispone di grandi risorse finanziarie proprie e conta di scendere nell’arena nella prime primarie importanti di inizio marzo. Ma la sua popolarità resta circoscritta e neppure lui pare in grado di opporsi alla retorica demagogica ma efficace di un Presidente che l’assoluzione del Senato ha rimesso (o confermato) sulla cresta dell’onda.

Solo quando si saprà con certezza chi sarà il suo avversario democratico, si capirà se esiste una lontana possibilità di batterlo a novembre. Ma deve essere un candidato capace di portare a votare le minoranze etniche, rassicurando al tempo stesso il centro moderato. Impresa ardua e non sarà certo Sanders il più adatto a compierla. Insomma, ad oggi ogni ragionevole previsione porta ad aspettarsi (salvo nuovi e davvero gravi incidenti) la rielezione di Donald Trump e gli Europei devono cominciare a prepararsi a questo.

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