Scuola, possiamo farne a meno?

La proposta lanciata di abolire i test Invalsi, o la possibilità di renderli facoltativi sulla base di decisioni dei singoli istituti, è l’ennesima dimostrazione di come il sistema scolastico sia prossimo al naufragio definitivo e l’ennesima dimostrazione di come il mondo politico lo consideri non certo una priorità, ma solo un sistema di parcheggio temporaneo che ormai ben si presta a foraggiare i bacini elettorali dei partiti.

Esaminiamo il possibile percorso scolastico di Marco e Silvia, nati a cavallo tra gli anni novanta e duemila. “Alla faccia del bicarbonato di sodio”, direbbe Totò, rivolto ai due bambini che quantomeno si meraviglierebbero davanti al titolo della commedia di Eduardo De Filippo Gli esami non finiscono mai. Loro infatti la parola esame la conosceranno solo all’età di tredici quattordici anni, quando affronteranno quello di terza media. Aboliti da uno dei governi Berlusconi quelli di seconda elementare, ci pensò un altro successivo governo del Cavaliere ad abolire anche quelli di quinta. Sembra inoltre (spero di essere smentito), che fino alla terza media siano di fatto vietate le bocciature. Ergo, sapere e studiare passano in secondo piano; affrontare un esame, un confronto, una sfida, non è consentito. Nessuna prova o test da affrontare. Vita semplice.

Tra le ragioni addotte, troviamo l’alta dispersione scolastica ed un numero in calo degli studenti; si trovano anche ragioni di carattere psicologico: sembra che la bocciatura sia per un bambino un trauma dalle conseguenze devastanti. E di ciò ne abbiamo valide dimostrazioni anche nelle classi delle scuole superiori: Quanti episodi vengono riferiti, ogni anno, di genitori che aggrediscono e minacciano gli insegnanti che hanno osato valutare negativamente i loro virgulti? Meglio affrontarli direttamente ed evitare il rischio di abusi o maltrattamenti che potrebbero essere addirittura insufficienze o bocciature. Ma anche a queste esiste il rimedio. Possiamo ricorrere ai Tribunali, per dimostrare mediante la giustizia che le valutazioni dei docenti sono errate o imperfette. E così i nostri Marco e Silvia possono giungere tranquillamente all’esame di maturità.

Problemi? Nessuno. Anzi, se durante l’anno emergessero problematiche, basta un breve giro su internet e imbattersi in decine di istituti privati che hanno nei loro slogan il meritorio record di “zero bocciature”. Qui tutti vengono promossi. Due anni in uno? E qual è il problema. Tutto si può fare. Esaminatori interni. A proposito, su alcune di queste pubblicità, viene anche suggerito che, proprio per non bocciare, è consigliabile ritirarsi dalla scuola entro una certa data.

Problemi alla maturità? Nessuno. Quest’ultima affermazione viene suffragata anche dalla cronaca. Ogni anno percentuali di promossi che superano il 99% o su di lì: valutazioni altissime e, in alcune aree, record di cento e lode. Si noti come, al momento di dare questo tipo di notizie, però, i giornali dimentichino per un attimo bullismo, cyberbullismo, occupazioni di istituti che, oltre ai danni, contribuiscono a togliere ore utili di lezioni.

Non andiamo ancora a esaminare il caso successivo: quello delle università on line (ma dobbiamo adattarci all’era digitale), ma l’altro strano fenomeno dei dieci e più esami in un anno. Fermo restando il dubbio di quanto possano restare nella mente così tanti concetti appresi in così poco tempo, di dubbi ne resta uno ancora più pesante. Come è possibile che studenti che, fino a quel momento, non hanno letto Pinocchio, Cuore, Il giro del mondo in 80 giorni e forse neppure Harry Potter, siano stati in grado di leggere almeno dieci manuali universitari alla media di uno al mese. Magari partecipando a qualche party non autorizzato nei cortili dell’università.

Considerazioni semplicistiche? Luoghi comuni? Intanto facciamo qualche domanda ai nostri Silvia e Marco, sperando di imbatterci nelle dovute eccezioni. Ma un numero impressionante di giovani matricole all’università, non conoscevano il significato di morigerato, abulico, ondivago, ma avevano lavorato come adepti alla vigilanza. Il Dossier TreElle (consultabile on line) ci dice che il livello di analfabetismo funzionale in Italia è del 30% (media EU 15%); altre statistiche OCSE mettono l’Italia al di sotto della media di ottanta paesi. E allora viene da chiedersi a che cosa serva veramente la scuola. In particolare questa scuola.

I famigerati test Invalsi, criticati per i loro criteri e per molte altre ragioni, pongono i nostri studenti ai livelli più bassi delle graduatorie. Soluzione? Aboliamo i test e diamo a Marco e Silvia la possibilità di evitare anche questo trauma, per permettergli di frequentare l’università e giungere al tanto agognato pezzo di carta che aprirà la strada ad una carriera lavorativa.

E se nascesse, anche qui, qualche problema, ecco che al concorso in cui non hanno superato le prove, potranno chiedere al TAR di annullarlo e inserirli nella posizione che a loro spetta in graduatoria. Nel pieno rispetto della legge. Certo però, pensare che Marco e Silvia possano diventare funzionari in qualche importante ufficio (non oso pensare medici), qualche preoccupazione potrebbe nascere.

E allora, per tornare al nostro Eduardo (e chissà se Marco e Silvia lo hanno letto o preferiscono aspettare che esca una App che ne parli), non sarebbe opportuno che gli esami ricominciassero? O vogliamo proseguire verso quella che, di fatto, è un’abolizione della scuola che sembra abbia già rinunciato al suo ruolo? Il sogno originario di Pinocchio, diventa realtà.

Permettete però una previsione, sperando di essere smentito? Siamo solo all’inizio dell’anno scolastico, ma sono disponibile a raccogliere scommesse sulla data in cui inizieranno proteste, cortei e oKKupazioni (scriviamo in maniera comprensibile per i giovani), contro le decisioni del governo in carica. Come avviene da oltre venti anni indipendentemente da chi sia al governo.

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