La politica estera di Trump

Dopo aver annunciato di aver fermato attacchi contro obiettivi iraniani, Trump è tornato a mostrare i denti, facendo filtrare la notizia che gli USA avevano condotto un devastatane attacco cibernetico contro sistemi militari iraniani, e poi firmando nuove e più dure sanzioni economiche contro Teheran. Il dichiarato proposito è di lasciare ancora un certo spazio alla diplomazia: in chiare lettere, spingere gli iraniani al tavolo negoziale. Ha ripetuto comunque che mai l’Iran avrà armi nucleari, lasciando capire che anche l’opzione militare, in caso di necessità, resta aperta. E gli USA hanno chiesto la creazione di una forza navale di sicurezza per proteggere la navigazione nel Golfo.

Non è difficile immaginare che, dietro le quinte, sia in corso una coperta ma frenetica attività diplomatica, probabilmente attraverso intermediari non sgraditi all’Iran, come l’Oman, ma è chiaro che la situazione è lungi dall’essere avviata a soluzione. Gli europei, e l’Italia in particolare, possono fare poco in questa fase, solo cercare di predicare moderazione alle due parti. Qualcosa può farla Putin per indurre Teheran alla ragione; ma che interesse ha a farlo, se non nel quadro di un più ampio accordo con Trump, che per il momento sembra difficile e sfuggente?

Nel frattempo, su un altro fronte, Trump scambia missive quasi amorose con il leader nord-coreano Kim Jong-un, non esitando a dichiarare ammirazione per le sue qualità di leadership. Ammirazione? Per il capo di un regime sanguinario e repressivo, che tiene il suo popolo nella miseria? Per un leader che, nella sua paranoia, punisce chi pensa l’abbia tradito o mancato al suo dovere facendolo, letteralmente, divorare dai cani? Dov’è andato a finire il senso morale che dovrebbe essere alla base di un grande Paese leader del mondo? D’altra parte, la stessa assenza di scrupoli potrebbe permettere un dialogo con lo stesso regime iraniano accusato ufficialmente di terrorismo.

Speriamo almeno che queste prove di crudo realismo servano ad abbassare i rischi di conflitti in zone del mondo dove un’esplosione sarebbe catastrofica.

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