Il comico e il cavaliere

Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, è quanto di più politicamente lontano in apparenza, per storia e per finalità politiche. Ma siamo sicuri che, in tutti questi anni di protesta contro la casta, Grillo non abbia in realtà favorito la sopravvivenza del caimano, fingendo pubblicamente di volerlo abbattere?

Entrambi istrioni e abili comunicatori, il Comico e il Cavaliere hanno costruito il proprio consenso partendo dallo stesso presupposto: trasformare con successo e dal nulla i propri spettatori televisivi in elettori. In maniera diametralmente opposta ai partiti storici che, con le loro famiglie di appartenenza culturale prim’ancora che sociale, hanno basato la propria crescita (in alcuni casi sopravvivenza) ed evoluzione sul rapporto con i cittadini a livello territoriale.

La fabbrica del consenso politico prospera anche con assist subliminali, trasformando il Cavaliere in una sorta di “affascinante” villain alla James Bond (lo psiconano) e gli avversari politici in eterni perdenti (il Bersani-Gargamella). Potenze mediatiche decisamente affini, Grillo e Berlusconi non saranno in realtà il Gino Cervi e il Fernandel dei giorni nostri, cane e gatto per esigenze di copione ed invece compagni di osteria a riflettori spenti?

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