Rapporto ISTAT 2018

E’ evidente che i processi di digitalizzazione (e intendiamo digitalizzazione in senso estremamente ampio con tutto quello che comporta anche in tema di sviluppo di nuovi media, nuovi “modi e mondi del comunicare”, nuove tecnologie di relazione e comunicazione che semplificano e favoriscono i “contatti” senza per questo, però, svuotare o sostituire in toto le forme di “socialità tradizionali” diventando e trasformandosi in “tecnologie abilitanti”, social media e tutto quanto a questo collegato) in atto sia nei singoli Stati nazionali che nello scenario internazionale e che hanno radicalmente trasformato il sistema delle reti e delle relazioni sociali ed economiche dei differenti Paesi non potevano non influire anche nei processi identitari e relazionali oltre che nei modelli comportamentali dei cittadini nel momento in cui diventavano “consumatori” influenzando, quindi, anche, in modo diretto e indiretto i sistemi socio-economico-finanziari.

Tale è la portata del fenomeno in atto che l’ISTAT non poteva ignorarlo. “Reti e relazioni sociali ed economiche” è, infatti, il tema sviluppato dalla ventiseiesima edizione del Rapporto annuale ISTAT. Il Rapporto ISTAT 2018 “La situazione del Paese” è stato presentato qualche giorno fa a Palazzo Montecitorio – Sala della Regina – dal Presidente dell’istituto Giorgio Alleva.

Tradizionalmente il Rapporto si pone quale strumento sia “previsionale” con le tendenze e le prospettive per il futuro con le relative possibilità di crescita che come momento di riflessione critica e analisi sul recente passato, sulle trasformazioni avutesi e in corso di evoluzione. Uno strumento in cui è riportata in modo obiettivo la situazione attuale del nostro Paese e le sue diverse realtà sia produttiva che socio-culturale e che vuole prevenire i possibili rischi e individuare le opportunità per il futuro.

Parlavamo di “reti e relazioni sociali ed economiche” e quindi: “reti d’imprese, reti sul mercato del lavoro, reti di parentela e di amicizia, aiuti dati e ricevuti tra reti sociali, reti in ambito migratorio”.

Dal Rapporto emerge il valore per le persone dell’appartenenza “a più reti, al di là di quelle di parentela, con un ruolo sempre più rilevante della rete elettiva, sia nel sostegno che nella risposta ai propri bisogni e necessità, sia per lo sviluppo dei propri interessi e l’arricchimento culturale.” L’ampiezza e la varietà delle reti in cui ci si trova inseriti è la dimostrazione della nostra apertura verso gli altri e spinge a una fiducia maggiore verso il nostro prossimo, stando a quanto dimostrato dagli sviluppi di analisi del Rapporto, con influssi positivi che si diramano in tutte le parti della Società.

La chiave di lettura proposta delle “reti” tra le persone e gli attori sociali (imprese, istituzioni, gruppi formali e informali) e degli attori sociali tra loro, si avvale del contributo fornito dalle proiezioni statistiche – patrimonio originario dell’ISTAT – arricchito da approfondimenti su temi di ricerca sociale – sulla base di un’analisi e conoscenza fattuale delle relazioni sociali –  congiuntamente a questioni e valutazioni di etica ed etica della ricerca nelle scienze sociali – conducendo, quindi, valutazioni sulla base di parametri di tipo morale. Gli argomenti spaziano a trecentosessanta gradi su tutte le tematiche che riguardano il vivere e il vissuto umano: agricoltura, ambiente ed energia, assistenza e previdenza, commercio estero, condizioni economiche delle famiglie, conti nazionali, cultura-comunicazione e viaggi, giustizia e sicurezza, imprese, industria e costruzioni, istruzione e formazione, lavoro e retribuzioni, popolazione e famiglie, prezzi, pubblica amministrazione e istituzioni private, salute e sanità, servizi, territorio e cartografia.

Le trasformazioni analizzate nel rapporto sono di straordinario impatto: dalla quarta rivoluzione industriale che sta vivendo il mondo del lavoro e delle imprese fino ad arrivare alla radicale metamorfosi imposta al mondo produttivo e non solo dalle tecnologie digitali.

La situazione attuale che emerge dal Rapporto è composta da luci e ombre: al 1 gennaio 2018 la popolazione residente in Italia è pari a 60,5 milioni con un’incidenza della popolazione straniera dell’8,4% pari a 5,6 milioni di persone. Nel nostro Paese la popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo (quasi 100 mila persone in meno rispetto all’ultima rilevazione). Le nascite sono in calo da nove anni: nel 2008 sono state 577 mila, nel 2017 invece 464 mila. Nel 2017 i nati con un genitore straniero sono stati 100 mila, più di un quinto del totale, ma in confronto ai numeri del 2012 diminuisce anche il contributo dato da questo tipo di nascite. Il numero di figli delle donne straniere è più elevato rispetto a quello delle donne italiane (1,95 figli per donna rispetto a 1,27 per le italiane), ma diminuisce, ugualmente, per effetto dell’invecchiamento di questa fascia di indagine e per il cambiamento nella dimensione e composizione dei flussi migratori. L’Italia si dimostra uno dei Paesi più longevi al mondo: un neonato nel 2018 ha una speranza di vita che sfiora gli 81 anni se è maschio e gli 85 se femmina. Stiamo assistendo a un forte calo di natalità e per queste ragioni aumenta lo squilibrio demografico: abbiamo quasi 170 anziani (persone con almeno 65 anni) ogni 100 giovani (tra gli 0 e i 14 anni) per queste ragioni l’Italia è il secondo Paese più vecchio al mondo dopo il Giappone.

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