Nel tunnel

Dopo il ripudio del PD  al dialogo con 5 Stelle, tutta la politica italiana è entrata in un tunnel-labirinto. Da ogni parte si vedono solo veti, preclusioni, insulti. Nessuno pensa all’interesse del Paese, al suo futuro, che in una fase come questa, dominata da due figure realmente incredibili, Di Maio e Salvini, avrebbe bisogno di compostezza, umiltà, spirito costruttivo. Come è accaduto in Germania.

La palla torna ora nelle mani di Mattarella e non vorremmo davvero essere nei suoi panni. A chiacchiere, tutti ne elogiano la saggezza, dichiarano la loro fiducia in lui, anticipano che saranno rispettosi delle sue indicazioni. Vedremo! Davvero un Salvini qualunque rinuncerà alla sua sguaiatezza? La realtà è che mai come adesso i personalismi, le ambizioni, i calcoli, hanno determinato la politica. Mai come adesso si sono scatenate le risse da guelfi e ghibellini, anche all’interno dei partiti e delle loro basi; mai come adesso, almeno nella storia recente, l’Italia è stata così divisa. Mai come adesso l’uscita dal tunnel è stata così difficile e oscura. La colpa è di tutti noi, che abbiamo disegnato un Paese diviso in tre parti apparentemente inconciliabili tra loro. E la colpa è di una legge elettorale sbagliata, pensata a suo tempo per escludere i grillini dal bottino, ma rivelatasi un vero boomerang. Si può dire quello che si vuole di Renzi, e la sua posizione odierna merita il peggio possibile, ma la precedente legge elettorale, attraverso il doppio turno, almeno rendeva possibile un risultato chiaro. Non so se il Parlamento neo-eletto avrà la capacità di varare una nuova legge, ma nelle condizioni attuali, con gli interessi delle forze politiche così crudamente contrapposti, mi pare molto difficile, a meno di partorire un altro indigesto e inutile pasticcio.

Cosa farà Mattarella? Sulla carta, ha varie possibilità: dare a Salvini il preincarico che questi reclama, nella previsione che non riuscirà a trovare una maggioranza; indire nuove elezioni entro due mesi; scegliere un “Governo del Presidente”, o tecnico, o “di tregua”, “decantazione”, “scopo”, perché vari il Decreto di Stabilità, rappresenti l’Italia nei prossimi vertici europei e tenti di rifare la legge elettorale, avendo ottobre come termine per le nuove elezioni. Mattarella è un vecchio politico della Prima Repubblica (tanto biasimata, ma quasi meritevole di rimpianto se paragonata alla miserabile politica attuale) ed è imbevuto di saggezza democristiana, quella che sapeva sempre evitare la rottura, il dramma, le risse da taverna e riusciva sempre ad assicurare una guida al Paese. Una guida, non dimentichiamolo, che ha portato l’Italia tra le maggiori economie mondiali, ha difeso la democrazia e la libertà in tutte le loro espressioni, ha garantito i diritti individuali e ha mantenuto fermo e costante il nostro aggancio all’Occidente.

Dopo il 4 marzo, il Capo dello Stato ha agito con estrema correttezza. Ora più che mai, rappresenta l’ultima sponda, la sola isola di serenità e senso del bene comune, il vero e solo rappresentante dell’Unità nazionale. Ma è difficile che riesca a trasmettere, nelle consultazioni di domani, un po’ di queste virtù ai partiti, di fronte alla canea scatenata degli interessi partigiani.

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