Test emissioni, VW di nuovo sul banco imputati

Rotolano ancora teste. Il Grand Guignol della casa automobilistica di Wolfsburg non accenna a finire. Dopo lo scandalo delle centraline taroccate allo scopo di falsare gli esiti dei test sui gas di scarico, l’azienda tedesca – sul medesimo tema – bissa la figuraccia.

A farne le spese per primo è stato Thomas Steg, alto dirigente responsabile delle Relazioni Esterne e della Sostenibilità del Gruppo, il quale ha presentato formale richiesta – naturalmente accettata dal CdA – di sollevamento provvisorio dai propri incarichi, in attesa che sia fatta luce su quanto riportato dal New York Times e da Stuttgarter Zeitung e Sueddeutsche Zeitung. Il peccato emerso dalle inchieste giornalistiche riguarda finanziamenti della Volkswagen per la sperimentazione su scimmie ed esseri umani degli effetti derivanti dall’inalazione di scarichi diesel.

L’azienda comunica alla stampa lo svolgimento di un’indagine interna per chiarire quanto successo ai test dell’Eugt, Gruppo di Ricerca sull’Ambiente e Salute nel settore dei Trasporti, scioltosi nel 2017, fondato insieme agli altri due prestigiosi marchi Daimler e Bmw, che hanno tempestivamente e prudentemente preso le distanze dalla vicenda.

Steg si è assunto piena responsabilità sui test e ha precisato che quelli svolti ad Aquisgrana su cavie umane hanno riguardato dei volontari (e ci mancherebbe pure), esposti a livelli inquinanti assai inferiori a quelli normalmente registrati in molte sedi lavorative (ci interroghiamo, allora, sulla loro effettiva utilità).

Helmut Greim, l’allora presidente del comitato scientifico dell’Eugt, sembra avesse già dichiarato, nel 2016, alla commissione del Bundestag incaricata di indagare sul Dieselgate, che gli effetti degli scarichi inquinanti erano stati acquisiti in seguito a prove su animali, senza alcuna contestazione in merito da parte della politica.

Bruxelles ha manifestato sdegno e preoccupazione sulla faccenda e la Cancelliera Merkel, nel sostenere il lavoro delle autorità tedesche deputate a investigare, ha fermamente condannato l’accaduto come inaccettabile e contrario all’etica.

La competizione sul mercato automobilistico è feroce e le aziende del settore – diciamolo fuori dai denti – non sono mai state delle verginelle. La politica sa e fa lo struzzo, fin quando non scoppia il caso mediatico e, allora, deve prendere posizione. Volkswagen ha indubbiamente mostrato una certa predisposizione alla recidiva. Ma il vero problema, ora, è capire se sia solo una questione di mele marce o di sistema infetto. Una testa sul ceppo è soluzione sufficiente al ripristino di correttezza e legalità? Oppure dovrebbe essere la cultura aziendale stessa del profitto ad ogni costo, oggi dominante, a esporre il collo?

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